Dio, se vuole divertirsi un po', si affaccià alla finestra del cielo e guarda giù verso Napoli. Johann Gottfried Herder
Nell'immaginario collettivo Napoli è la città della buona cucina, con un clima incomparabile, suggestivi scenari naturali e abitanti dall'irresistibile verve. Ma Napoli non è solo questo: la città produsse una cultura e dei tesori inestimabili; il suo patrimonio artistico e tra i più preziosi al mondo.
La storia della Napoli barocca inizia nel '500 quando la Spagna ebbe la meglio sulla Francia insediando a Napoli un Vicerè. Da quel momento il barocco mutò il volto della città.
Il Viceregno
Nel 1503, con l'entrata in Napoli di Consalvo di Cordova, iniziò il viceregno spagnolo. Napoli crebbe contro ogni divieto, nei borghi e dentro le mura: nacque il Palazzo Vicereale nei pressi di Castel Nuovo, mentre a Castel Capuano vennero riuniti i tribunali.
Con la costruzione di via Toledo e la ristrutturazione di via Chiaia, a metà del '500, cambiò l'assetto urbano: sorsero palazzi aristocratici e, con l'esigenza di sistemare le truppe, nacquero i quartieri spagnoli.
Chiese e conventi si moltiplicarono e furono costruiti secondo i canoni dettati dalla controriforma. Gli splendori barocchi e la devozione a San Gennaro, tuttavia, non cancellarono la miseria della popolazione, le epidemie e le catastrofi.
Tra le figure passate alla storia, particolare fascino conserva quella di Masaniello ( vai alla nota 1), il capopolo innalzato e poi ucciso dai suoi stessi seguaci.
Cosa vedere della Napoli Vicereale
Meta obbligata è la facciata di Palazzo Reale che ha subito leggere modifiche rispetto all'impianto secentesco; la cappella del tesoro di San Gennaro nel Duomo è tra i monumenti più ricchi della Napoli barocca.
A poca distanza dal Duomo, una piccola concentrazione di tesori secenteschi: la Guglia di San Gennaro e il Pio Monte della Misericordia all'interno del quale si trova il dipinto che ha deciso le sorti di tutta la pittura napoletana del Seicento: Le Sette opere di Misericordia di Caravaggio , che soggiornò a Napoli per un lungo periodo.
Napoli borbonica
In seguito alle vicende della guerra di Successione spagnola, Napoli venne occupata per 27 anni dagli austriaci ma nel 1734 le potenze europee assegnarono la città a Carlo di Borbone e Napoli tornò ad essere capitale. Re Carlo cercò di fare della città una metropoli promuovendo grandi industrie, bloccando l'edilizia religiosa e liberalizzando quella civile.
Fece costruire La reggia di Caserta sul modello di Versailles. Natura, arte, antichità, musica e perfino i "lazzari" fecero di Napoli la meta obbligata del Grand Tour che ogni rampollo aristocratico o di buona famiglia era tenuto a fare.
Furono costruiti il Teatro S. Carlo, il Reale Albergo dei Poveri, la Reggia di Capodimonte e iniziarono le prime esplorazioni archeologiche a Pompei.
Le residenze reali erano prive di un disegno organico e si limitavano a soddisfare le esigenze e i gusti personali dei sovrani.
Eccetto il breve regno di Murat, dopo l'effimera Repubblica Partenopea del 1799, i Borboni furono i sovrani di Napoli fino al 1860.
Cosa vedere della Napoli borbonica
Le opere più importanti costruite dai Borbone sono il Teatro di San Carlo, la Reggia di Capodimonte e l'Albergo dei Poveri. Notevoli anche le sistemazioni urbane come il Foro Carolino e la Villa Reale di Chiaia.
Il gusto per le antichità, risvegliato soprattutto dagli scavi di Pompei ed Ercolano, ispirò il collezionismo, le prime campagne di scavo e la nascita del Museo archeologico.
La Napoli Borbonica si trova soprattutto nei dintorni, dove i sovrani stabilirono casini e riserve di caccia.
Itinerari consigliati:
Le chiese
Certosa di S. Martino
Fondata nel 1325, la certosa fu sottoposta a partire dall'ultimo scorcio del XVI secolo a un radicale restauro che l'hanno resa uno degli esempi più alti del barocco napoletano.
S. Maria della Sanità
La chiesa, cuore dell'omonimo quartiere, fu eretta dai domenicani nel 1602-1613 sulle catacombe di S. Gaudioso.
L'edificio è singolare sia per l'articolazione interna (alle tre navate dei bracci della croce corrispondono superiormente 12 cupolette), sia per la posizione dell'altare maggiore, alto sulla cappella, che costituisce l'accesso al cimitero paleocristiano.
S. Paolo Maggiore
Costruita su un'antica chiesa tra il 1583 e il 1603 su progetto di Francesco Grimaldi, l'edificio, a croce latina a tre navate, è ricco di affrechi di Massimo Stanzione, purtroppo gravemente danneggiati dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. La cappella Firrao è ricca di sculture e affreschi secenteschi; gli splendidi dipinti della sagrestia sono, invece, opera di Francesco Solimena.
Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone
Costruita a partire dal 1661 su progetto di Cosimo Fanzago, per volere delle monache di clausura del convento di Sant'Agostino, l'edificio è uno dei più ammirati per la sua pianta ottagonale e per la volta della cupola.
I dipinti delle cappelle sono di Paolo de Matteis mentre le sculture sono opera di Nicola Fumo. L'altare maggiore è di puro gusto rococò.
Santa Maria degli Angeli alle Croci
Il nome ricorda le stazioni della Via Crucis, segnate da croci di legno oggi scomparse, che scandivano la salita alla chiesa. La chiesa fu fondata alla fine del XVI secolo dai Francescani e rimodernata nel Seicento su progetto del Fanzago.
Per l'estrema semplicità della decorazione in marmo bianco e grigio la chiesa è un caso unico nella storia dell'architettura barocca napoletana. Nell'interno vi è un bellissimo pulpito marmoreo sorretto da una grande aquila, simbolo di San Giovanni Evangelista, scolpito sempre dal Fanzago.
Lo straordinario Cristo morto che adorna il paliotto dell'altare maggiore è invece opera di Carlo Fanzago, figlio di Cosimo.
Ss. Apostoli
Fondata nel V secolo, fu completamente trasformata dai teatini tra il 1609 e il 1649 ed è oggi una delle principali chiese barocche di Napoli.
Decorano l'interno un ciclo di affreschi inquadrati da stucchi dorati, capolavori di Lanfranco; risalenti al Seicento anche gli Angeli reggilampada e i candelabri bronzei presso il presbiterio e, nel transetto sinistro, l'altare Filomarino, del Borromini.
Le cappelle costituiscono una vera e propria quadreria di opere tra il seicento e il settecento. Nella cripta divisa in cinque navate è sepolto il poeta Giovanni Battista Marino.
San Gregorio Armeno
La chiesa di San Gregorio Armeno presenta un sontuoso interno barocco; la decorazione di questa stanza di Paradiso in terra, secondo la brillante definizione di Carlo Celano, fu ideata a metà del '700 da Niccolò Tagliacozzi Canale. Notevoli i due organi e gli affreschi di Luca Giordano con L'imbarco, il viaggio e l'arrivo delle monache armene con le reliquie del santo (1671-1684).
Nel chiostro spicca la scenografica fontana con le statue del Cristo e della Samaritana del 1733. La cappella fu decorata da Paolo De Matteis nel 1712.
Chiesa del Gesù Nuovo
Costruita tra il 1584 e il 1601 sull'area di palazzo Sanseverino la chiesa del Gesù Nuovo è, contrariamente ai dettami della Controriforma, a pianta centrale.
La decorazione marmorea e pittorica richiese 40 anni e venne ultimata nel '700. Dopo l'incendio del 1639, i lavori di restauro, diretti da Fanzago, ne accentuarono lo stile barocco. All'interno vi sono importanti affreschi di Luca Giordano e il dipinto "la Cacciata di Eliodoro" del Solimena. Nei pennacchi e nella cupola sono raffigurati gli Evangelisti opera di Lanfranco.
Chiesa di S. Ferdinando
Fondata nel 1622, la chiesa fu intitolata a San Francesco Saverio. Nel 1769 Ferdinando IV la dedicò al santo protettore suo omonimo. L'interno della chiesa è barocco e vi si trovano affreschi di Paolo de Matteis e sculture di Vaccaro.
Chiesa dei Girolamini
La chiesa fu edificata nel 1592-1619 dal fiorentino G.A. Dosio ed è compresa nel grande convento degli oratoriani. La facciata subì una grande modifica nel 1780 ad opera dell'architetto Ferdinando Fuga; eccezionale per l'omogeneità della decorazione, l'interno è opera di artisti importanti artisti del Seicento: Pietro da Cortona, Guido Reni, Luca Giordano, Giovanni Bernardino, Giuseppe Sammartino.
Il convento accoglie la Pinacoteca con numerosi dipinti del sei-settecento alcuni dei quali di Guido Reni, Luca Giordano e lo Spagnoletto. Notevole la biblioteca sia per l'ambiente tipicamente settecentesco, sia per la ricca dotazione.
Chiesa del Purgatorio ad Arco
La chiesa di S. Maria delle Anime del Purgatorio, meglio conosciuta come la Chiesa del Purgatorio ad Arco, è opera di Cosimo Fanzago. Fondata nel 1604 è da sempre legata al culto dei morti che in epoca barocca raggiunse il suo apice.
Nella chiesa tutto rimanda ai morti: le decorazioni funerarie sulla facciata; i teschi e le tibie incrociate in bronzo all'esterno e all'interno e, dietro l'altare maggiore, il motivo con ossa e teschio attribuito a Fanzago, ornato dal dipinto "Madonna con le anime del Purgatorio" del 1630 opera di Massimo Stanzione.
S. Pietro ad Aram
La chiesa, di forma barocca, conserva un affresco del '500 con una delle più antiche vedute di Napoli; la porta murata di fianco è una sorta di "Porta Santa" che venne aperta nel 1526, 1551 e 1676 per celebrare, con un anno di ritardo, il Giubileo Romano.
Chiesa dello Spirito Santo
La fondazione della chieda dello Spirito Santo risale alla fine del '500 così come alcune opere all'interno (sculture di Naccherino e dipinti di Santafede). Settecenteschi sono invece il rifacimento dell'edificio e buona parte dei dipinti. Bellissima la guglia, una delle più eleganti di Napoli.
Pio Monte della Misericordia
Sede di una delle più importanti istituzioni benefiche di Napoli, e tuttora attiva, il Pio Monte della Misericordia sorse nel 1601 per assistere i poveri e i malati e riscattare gli schiavi cristiani dalle mani degli infedeli. Attraversato il porticato a cinque arcate (dove potevano sostare i pellegrini) adorno delle sculture di Andrea Falcone, si accede alla chiesa dell'Opera Pia realizzata, come tutto l'edificio, su progetto di Francesco Antonio Picchiatti nella seconda metà del XVII secolo.
L'attenzione del visitatore è presto calamitata dallo straordinario dipinto dell'altare maggiore: Le sette opere di Misericordia capolavoro del Caravaggio. Nella pinacoteca al primo piano è esposta l'importante collezione del Pio Monte.
Le guglie
Le Guglie di S. Domenico e dell'Immacolata
Tipici monumenti del barocco napoletano, queste guglie ricalcano nella struttura le macchine da festa che venivano costruite nel '600 per percorrere la città durante le ricorrenze religiose più importanti.
Guglia di San Gennaro
Questo Giglio di marmo fu eretto dopo un ex voto che i napoletani offrirono a San Gennaro che li aveva protetti durante l'eruzione del Vesuvio del 1631. Il progetto della più antica delle tre guglie napoletane fu affidato nel 1636 a Cosimo Fanzago, che successivamente lavorò anche a quella di San Domenico. La statua di bronzo è opera di Tommaso Montani.
Farmacia nell'ospedale degli incurabili
L'ospedale degli incurabili racchiude il preziosissimo ambiente della Farmacia di impronta barocca, unica nel suo genere, in cui, su scaffali di noce e radica ad intaglio, sono conservati circa 400 vasi di maiolica policroma, a costruire un vero e proprio museo dell'arte ceramica napoletana.
I medicamenti erano conservati in vasi di maiolica realizzati da Donato Massa nel 1748 con scene bibliche e allegorie.
La farmacia è visitabile solo in occasione delle manifestazioni del Maggio dei monumenti.
Le vie di Napoli
Via Toledo
Via Toledo nacque per volere del Vicerè, il duca d'Alba, nel 1536 come asse d'espansione della città. Doveva servire ad attirare a Napoli la nobiltà baronale del regno. La via è una delle strade principali della città e da sempre ha attirato l'ammirazione dei visitatori per la vivacità, le dimensioni (circa 2 km) e la larghezza; per secoli via Toledo non ebbe eguali in Europa e si contraddistingue per la totale mancanza di chiese e per la presenza di meravigliosi palazzi nobiliari.
Piazza Dante
Un tempo questa piazza era nota come piazza del Mercatello. Definita dall'emiciclo del Foro Carolino, costruito dal Vanvitelli, sulla piazza svettano 26 statue delle virtù che fanno da cornice al monumento equestre a Carlo di Borbone. All'estremità della piazza, sulla sinistra, si apre Port'Alba, eretta nel 1625 al tempo del vicerè Pedro Alvarez de Toledo, duca d'Alba, e completamente rifatta nel 1797.
Via di Posillipo
Via di Posillipo è famosa per la bellezza del panorama e per le raffinate residenze, la più suggestiva delle quali è il Palazzo di Donn'Anna, costruito nel 1642 da Cosimo Fanzago per Anna Carafa, moglie del vicerè, rimasto incompiuto. Oggi il palazzo appare come un suggestivo rudere che si specchia nel mare.
I chiostri
Tra i molti angoli nascosti di Napoli meritano attenzione i chiostri. Con il tempo essi hanno perso il disegno primitivo e la loro funzione ascetica per trasformarsi in fastose quinte teatrali dell'architettura barocca e rococò.
I chiostri del Seicento e del Settecento sono decisamente "laici" e in essi diventano fondamentali alcuni elementi tipici del gusto settecentesco: il verde, come nel chiostro di S. Paolo Maggiore, e il paesaggio, come nel chiostro della chiessa dei Ss. Marcellino e Festo.
Suggestivo il chiostro delle clarisse nella chiesa di S. Chiara, trasformato nel 1742 da D. A. Vaccaro. Dentro il portico gotico, l'architetto creò uno spazio privo di connotazioni religiose; i paesaggi, le scene campestri, le villanelle, i trionfi carnevaleschi e le scene mitologiche della decorazione maiolicata sono un piccolo trionfo di gialli, verdi e azzurri, i colori dei limoni, delle piante e del cielo.
I palazzi
Palazzo dello Spagnolo
Il Palazzo dello Spagnolo fu costruito a partire dal 1738 da Ferdinando Sanfelice per il marchese Moscati. L'edificio divenne di proprietà del nobile spagnolo Tommaso Atienza nell'800 e per questo venne ribattezzato Palazzo dello Spagnolo.
L'architetto Sanfelice fu uno dei maggiori progettisti delle complesse architetture effimere del periodo; tali impianti scenografici venivano allestiti in occasione delle numerose feste che la corte offriva al popolo per ottenerne il favore. La componente culturale tardobarocca si manifestò particolarmente dei sue palazzi della Sanità.
Il palazzo dello spagnolo è celebre per la scala a giorno a doppia rampa che proprio come una scenografia separa il cortile principale da quello secondario.
Palazzo Serra di Cassano
L'ingresso principale di Palazzo Serra di Cassano non è quello che oggi si attraversa per ammirarlo. Il principe Aloisio Serra di Cassano, infatti, in segno di lutto per l'esecuzione del figlio Gennaro, uno dei protagonisti della rivoluzione del 1799, decretò la chiusura del portone principale.
L'architettura del palazzo è opera di Ferdinando Sanfelice, uno dei maggiori architetti del settecento; suo anche il maestoso scalone a doppia rampa collocato all'interno dell'atrio aperto sul cortile, ornato da decorazioni in marmo bianco contrastanti con il grigio della pietra lavica. Il primo piano è oggi occupato dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.
Palazzo Sanfelice
Fu costruito su progetto del Sanfelice per la sua famiglia nel 1728. L'architetto inventò l'eccezionale scala aperta che ripeterà, con variazioni, dieci anni più tardi per il Palazzo dello Spagnolo.
La scala venne ribattezzata, dai contemporanei, ad ali di falco per via della somiglianza con questo grande uccello.
Dalla scala è possibile vedere il giardino retrostante mentre nel secondo cortile è presente una scala architettonicamente geniale.
Il Teatro San Carlo di Napoli
Non c'è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea. Gli occhi sono abbagliati, l'anima rapita. Stendhal
Stendhal quando vide il San Carlo ne rimase abbagliato e lo paragonò al "palazzo di un imperatore romano"; importante, fastoso e ricco con i suoi lampadari, i colori oro, argento e blu, e la possibilità di aprire la quinta di fondo della scena sui giardini di Palazzo Reale, il San Carlo è stato definito dal maestro Muti "il più bel teatro del mondo" e, effettivamente, esso ha mantenuto fede al volere di Carlo di Borbone che, quando lo fece costruire, desiderava un teatro in grado di rivaleggiare con quelli delle altre città italiane come Venezia e Roma. Eretto 40 anni prima della Scala a tutt'oggi è il teatro più grande per capacità di pubblico (3000 spettatori).
Nato da un progetto di Giovanni Antonio Medrano in sostituzione dell'antico teatro San Bartolomeo, il San Carlo fu terminato in soli 8 mesi, dal 4 marzo al 4 novembre 1737, e i naugurato lo stesso 4 novembre con l'Achille in Sciro di Domenico Sarro su libretto di Metastasio.
La sala era enorme, le poltrone in platea un esempio di comodità (si poteva ribaltarle e chiuderle con un lucchetto per evitare che venissero occupate). Ma l'acustica era difettosa, il che diede subito l'avvio ad un'infinita serie di modifiche che però non risolsero il problema.
Nel 1810-12 venne aggiunta la facciata ma pochi anni dopo, in seguito ad un incendio, il teatro fu ricostruito in forme neoclassiche con interno a sei ordini di palchi e volta dipinta con una raffigurazione del Parnaso. Questa volta l'acustica poteva dirsi assolutamente perfetta e straordinaria
Curiosità
Pulcinella
Il teatro è una componente vitale dello spirito napoletano. Uno dei suoi più emblematici protagonisti è Pulcinella, forse erede di Macco, la maschera nella quale le atellane, antiche farse di origine italica ben note a Roma, identificavano lo stupido.
Secondo Benedetto Croce, Pulcinella nacque solo nel Seicento e il suo nome sarebbe la deformazione di quello di un certo Puccio d'Aniello. Dominato da una fame atavica che orienta i suoi pochi pensieri e guida ogni sua azione, Pulcinella, più che essere espressione dell'uomo comune, incarna il bisogno allo stato puro, assolutamente privo della meditazione e del pensiero.
I vedutisti napoletani
La veduta è un genere che nasce nel Seicento e giunge ben presto alla contrapposizione tra i fautori della veduta esatta e quelli della veduta ideale.
Tra i primi vi sono quei pittori che eseguivano su commissione tempere degli scorci più noti, una sorta di cartoline ante litteram. Tra i secondi, invece, si annoverano artisti che, nell'apparente esattezza topografica dei loro lavori, accostavano edifici reali ad altri inventati o inventavano il paesaggio circostante intorno al soggetto richiesto.
Ai piedi del Vesuvio si fecero conoscere Gaspar van Wittel, noto per le sue vedute prospettiche e di accurata definizione dei dettagli, e Salvator Rosa che prediligeva i toni pittoreschi.
Note
(1) La rivolta di Masaniello
In una Napoli sfinita dalle continue epidemie e affaticata dalle crisi economiche e dalla tasse, la rivolta dei poveri del luglio 1647, mentre in Europa la guerra dei Trent'anni volgeva al termine, fu certamente l'insurrezione più eclatante ma, come le altre, non comportò alcun cambiamento.
La capeggiò un pescivendolo di 27 anni il cui nome sarebbe divenuto sinonimo di pazzo e agitatore: Masaniello Tomaso Aniello.
Masaniello si era ritrovato quasi per caso alla testa dell'ennesimo moto popolare: fattosi nominare capo degli Alarbi (i monelli che battagliavano alla giostra in occasione della festa della Madonna del Carmine, il 16 luglio), sobillò la gente del mercato contro i gabellieri.
La rivolta crebbe in brevissimo tempo e Masaniello si vide catapultare da vincitore, anche grazie ai suggerimenti del giurista Giulio Genoino, davanti al Vicerè, il quale lo nominò capitano generale del popolo.
Un tale balzo, dice la leggenda, lo fece diventar matto tanto che i suoi stessi amici si videro costretti a liberarsi di lui: fu ucciso il 16 luglio, nel monastero del Carmine, e la sua testa fu portata alla reggia. Il tripudio del popolo, sempre pronto a salire sul carro del vincitore, fu ripagato con un rincaro del prezzo del pane. Il popolo allora capì: corse a ricomporre i resti del suo condottiero il cui corpo fu seppellito con tutti gli onori nella chiesa del Carmine.