Giovanni Lanfranco fu probabilmente il primo pittore in Italia a creare un linguaggio barocco, con linee aeree e diagonali e visioni leggere ed ariose.
Nato a Terenzo (Parma) nel 1582, Giovanni Lanfranco fu allievo a Parma di Agostino Carracci. Alla morte di questi, nel 1602, fu inviato da Ranuccio Farnese a Roma dove partecipò, a fianco di Annibale Carracci, all'ultima fase dei lavori per la “galleria” di Palazzo Farnese.
Giovane con gatto
Sempre a Palazzo Farnese eseguì, tra il 1604 e il 1605, affreschi e tele destinati al “camerino” detto “degli eremiti”: del complesso lavorativo restano tre affreschi con figure di Eremiti (Roma Santa Maria della morte) e due tele con la Maddalena portata in cielo e Cristo servito dagli angeli (Napoli, Gallerie di Capodimonte).
La piena adesione allo stile del Carraci non impedì al Lanfranco di manifestare, nelle sue opere, la tendenza a sciogliere il rigoroso equilibrio formale dei modelli in un ritmo aperto e fluente, tipicamente barocco.
Il successivo soggiorno in Emilia, soprattutto a Parma e Piacenza, tra il 1610 e il 1613, rappresentò per il pittore un periodo di straordinario arricchimento. Fondamentale fu per lui lo studio delle opere del Reni e soprattutto lo studio degli affreschi a Parma del Correggio.
Dipinti come il San Luca e l'angelo e il Battesimo di Cristo (Parravicino d'Erba parrocchiale) rivelano il crescente interesse del Lanfranco per un rapporto dinamico tra le figure e lo spazio che le circonda, ottenuto grazie ad un gioco di luci; nelle opere dipinte nel suo soggiorno a Roma, questo effetto ottico, un irrequieto trascorrere di luci, divenne sempre più limpido e avvolgente ed è presente in opere come: Sant'Agata curata da San Pietro (Parma, Pinacoteca), Sant'Agostino e il Divin Bambino e San Guglielmo (Roma Sant'Agostino).
Il pittore godette in vita di uno straordinario successo: divenne l'artista prediletto di papa Paolo V e presto conteso dal patriziato romano.
Assunzione della Maddalena (1605) - Museo di Capodimonte
Negli anni della maturità il linguaggio del pittore volse verso forme più monumentali: illusionistico spalancarsi di architetture verso il cielo, spazi che si aprono all'infinito, scanditi da figure grandiose, masse che si frangono e ricompongono secondo il ritmo alterno della luce (cupola di Sant'Andrea della Valle e affreschi di San Carlo ai Catinari a Roma).
L'artista fu lungamente operoso anche a Napoli (1634-1646) nella Certosa di San Martino, nel Gesù nuovo e nella cappella di San Gennaro in duomo.
Le grandi imprese decorative non esaurirono l'attività del Lanfranco che diede prova della sua arte anche in numerose tele, tra le quali si ricordano l' Agar nel deserto (Parigi Louvre) e la Pentecoste (Fermo, San Filippo).
Morì a Roma nel 1647.