Antonio Stradivari
Scritto da Laura Savani. Pubblicato in musica barocca
“Stradivari usava per i suoi violini solo il legno degli alberi su cui cantavano gli usignoli.” Nicolò Paganini
Premessa
L'invenzione del violino è attribuita a Gasparo da Salò e ai suoi conterranei va il merito di aver dato allo strumento la forma moderna, tuttavia la migliore scuola di liuteria rimane quella fiorita a Cremona nel XVI secolo.
Il fondatore fu Andrea Amati, nato agli inizi del Cinquecento, la cui eredità venne raccolta da Andrea Guarneri e Antonio Stradivari. Quest'ultimo, il migliore per unanime giudizio, produsse nella sua lunga carriera strumenti di proverbiale qualità: “forma elegante, maestosa, con punte piuttosto sporgenti; la chiocciola di bellissima fattura; il fondo dello strumento in un unico pezzo di acero, scelto con gran cura; la vernice, famosa per trasparenza e luminosità, applicata in uno strato sottile”.
Nel Palazzo del Comune di Cremona sono conservati quattro dei suoi violini e una viola usciti dalla sua bottega, strumenti ancor vibranti che, a dispetto dell'età, vengono regolarmente utilizzati per concerti. La fama dei violini di Stradivari è universale, sono amati dai più grandi musicisti e, quando vengono venduti all'asta, realizzano incassi record. Il loro suono e la loro bellezza sono leggendari.
La perdurante supremazia del maestro cremonese resta uno dei più grandi misteri della nostra epoca. Che cosa rese speciali gli strumenti realizzati da Stradivari? Dal 1670 al 1737 ne produsse più di mille; di questi, sappiamo che circa seicento sono sopravvissuti fino ad oggi. I più conosciuti portano il nome dei virtuosi che li possedettero ( Viotti e Paganini, per esempio) e addirittura ce ne è uno chiamato il Messiah, perché, come disse un potenziale acquirente al suo riluttante proprietario, questo violino attendeva il Messia, cioè un virtuoso che è sempre atteso ma non arriva mai.
Stradivari portò la tecnica della liuteria a livelli mai più raggiunti ma chi era questo genio dalla vita misteriosa e quali tecniche utilizzò per costruire strumenti così inimitabili?
Cenni biografici
L'unica descrizione fisica pervenutaci di Stradivari è del musicista Gaetano Pugnani, che conobbe l'artista da bambino. Nel suo ricordo egli descrisse il maestro come un uomo alto e magro che portava abitualmente un berretto di lana bianca in inverno e di cotone in estate e, sul lavoro, indossava, sopra gli abiti, un grembiule bianco di pelle e dato che di fatto era perennemente indaffarato col lavoro, vestiva praticamente sempre nello stesso modo. È un'immagine che rende benissimo l'idea di questo genio stacanovista.
A Cremona non ci sono registri che attestino l'esatta data di nascita di Antonio Stradivari, anche se nelle storie cremonesi, a partire dal XII secolo, compaiono dei cognomi simili al suo.
L'ipotesi più verosimile è che i genitori di Antonio furono tra i molti che fuggirono dalla città durante le calamità del 1628-30; il grande liutaio, nacque probabilmente in qualche paese sperduto intorno al 1644.
La questione su chi abbia insegnato a Stradivari il suo mestiere arricchisce la leggenda della sua vita. Sulla targhetta di un violino datato 1666 leggiamo: “Antonius Stradivarius Cremonensis Alumnus Nicolaii Amati, Faciebat Anno 1666”.
La prova sembrerebbe indiscutibile: Stradivari ebbe come maestro Nicolò Amati; in molti suoi violini, d'altra parte, ritroviamo la stessa vernice oro-marrone e le somiglianze nel design con i violini del presunto maestro. Tuttavia c'è qualcosa che non torna. Se infatti fu apprendista di Amati, perché i registri annuali del censimento non indicano mai che visse nella casa del suo maestro? Perché i primi violini di Stradivari sono meno simili a quelli di Amati rispetto agli strumenti che fabbricò circa un decennio dopo? Nella bottega di Amati si possono trovare le tracce dell'opera di Andrea Guarneri, di Giovanni Battista Rogeri e di Francesco Ruggeri; perché non c'è nulla di Antonio Stradivari? La risposta più semplice, tra le mille ipotesi fino ad ora formulate, è che Stradivari non fu mai allievo di Amati.
Da falegname a liutaio
I registri del censimento cremonese, dal 1667 al 1680, testimoniano che Stradivari visse nella casa di Francesco Pescaroli, che di professione faceva il falegname ed è probabile che in questo periodo il giovane liutaio lavorò proprio con l'uomo nella cui casa egli alloggiava. In origini quindi, il grande Stradivari, potrebbe aver fatto il falegname e questa ipotesi potrebbe essere supportata dagli stessi violini da lui costruiti, meravigliosamente intagliati, con un'abilità tale che ci fa comprendere come l'artefice di queste opere avesse una particolare competenza nel lavorare il legno.
È quindi più che possibile che Pescaroli abbia suggerito ad Amati, suo vicino di casa, di affidare al giovane Stradivari la decorazione di alcuni suoi famosi violini. Stradivari avrebbe così passato qualche settimana nella bottega di Amati, e ciò spiegherebbe la sua familiarità con lo stile di questo liutaio; ed è possibile che questa occasione sia stata sufficiente per fargli capire che quello del liutaio era un lavoro più interessante e soprattutto più remunerativo di quello che aveva scelto.
Se le cose stessero così sarebbe stato più che naturale, per Stradivari, incollare nei suoi primi lavori una targhetta che esagerava la sua relazione con il grande Amati.
Il matrimonio
Della vita privata di Stradivari sappiamo che il 4 luglio 1667 sposò la signora Francesca Feraboschi e che la loro prima figlia, Giulia, nacque meno di quattro mesi dopo. Francesca era la vedova di un ricco cittadino cremonese, Giacomo Capra, e il suo breve matrimonio, durato solo due anni, dal quale erano nate due figlie, non era stato felice: Capra era stato assassinato con un colpo di archibugio dal fratello di Francesca, Giovanni Feraboschi, in piena piazza Sant'Agata, davanti ad una delle tante chiese parrocchiali di Cremona.
Per questo delitto il fratello di Francesca era stato a malapena biasimato (fu esiliato da Cremona per tre anni), quanto al movente si possono avanzare solo delle ipotesi: Giovanni Feraboschi aveva agito come minimo per il bene della sorella e forse, addirittura, su sue esplicite istruzioni.
Il padre di Capra, un importante architetto, dopo aver ottenuto la tutela delle due nipotine, aveva restituito a Francesca la sua dote, che in questo modo potè risposarsi con Stradivari, nonostante avesse ormai alle spalle una dubbia reputazione.
Poco dopo il matrimonio con Francesca, Stradivari si trasferì nella casa che per tredici anni non fu solo la sua dimora ma anche la sede della sua attività artigianale.
Era una classica casa da artigiani, lunga e stretta, che racchiudeva un piccolo cortile, con un negozio e un'area di lavoro al piano terra e gli alloggi ai due piani superiori.
Dal secondo piano, passando per una botola, era possibile salire su un terrazzo coperto, chiamato in dialetto cremonese “seccadour”; questo tipo di terrazzo veniva usato per asciugare i vestiti e far essiccare le derrate alimentari prima dell'inverno. Era qui, probabilmente, che i violini appena verniciati venivano appesi ad asciugare.
Nei piani sottostanti c'era la vera abitazione di Stradivari che ben presto si ritrovò padre di 6 figli: Giulia fu la prima, poi venne Francesco, morto in fasce nel 1670, un anno dopo un altro Francesco, seguirono Caterina, Alessandro e Omobono.
Sembra che Stradivarì rivestì un ruolo patriarcale nelle vite di tutti i suoi figli. Giulia sposò un ricco notaio e certamente il padre fu l'artefice di questo matrimonio; Francesco e Omobono divennero apprendisti nella bottega paterna; Alessandro, destinato al sacerdozio, proseguì negli studi.
Sappiamo che nei primi 14 anni di attività come liutaio Stradivari stava ancora cercando di farsi una posizione e il ristretto numero di strumenti da lui prodotti in questo periodo indica semplicemente una scarsa richiesta; è quindi probabile che per mantenere la famiglia, Antonio continuasse a lavorare per il suo maestro Pescaroli come falegname.
Ascesa
Verso la fine degli anni settanta del Seicento troviamo indizi che ci fanno capire come la fortuna per Stradivari stesse decisamente migliorando.
I suoi primi strumenti decorati risalgono a questo periodo e la bellezza artistica di queste sue opere è qualcosa che ancora oggi tutti possono ammirare. Stradivari si stava facendo conoscere attraverso la tecnica dell'intarsio.
Nel 1680 egli comprò la sua prima casa in piazza San Domenico al numero 1, con una pianta simile a quella della casa nuziale, ma molto più grande, con ampie cantine e un attico posto tra gli alloggi e il “seccadour”, dove secondo la tradizione egli creò i suoi violini più famosi.
Influenzato dalle opere di Amati, per quanto riguarda la forma complessiva del modello e la sua vernice oro-arancione, Stradivari cominciò però ad avere uno stile tutto proprio e originale, visibile nei fori armonici con gli angoli più accentuati e nelle curve meno arrotondate.
Nicola Amati morì nel 1684 all'età di ottantotto anni; è difficile credere che non si tratti di una coincidenza il fatto che fu proprio in questo momento che Stradivari raggiunse il pieno sviluppo della sua attività di liutaio. In ogni caso la bellezza degli strumenti di Stradivari verso la fine degli anni 80 del Seicento, rimane imbattuta. Le commissioni reali non tardarono ad arrivare. Sembra che, nel 1685, Giacomo II d'inghilterra ordinò una serie di strumenti e cinque anni dopo, un'altra serie venne acquistata da Cosimo de' Medici, granduca di Toscana. Il punto di partenza delle innovazioni di Stradivari è da ricercarsi nelle richieste che i violinisti stessi gli facevano.
Arcangelo Corelli, rese del tutto esplicite le proprie richieste. I suoi concerti e le sue sonate evidenziavano un'abilità tecnica che sarebbe stata inconcepibile senza violini dal suono più forte.
Stradivari cercò un modo per venire incontro a questa richiesta. Egli aveva già realizzato violini i cui profili si basavano su almeno cinque diverse forme interne, tre per gli strumenti a grandezza naturale e due esemplari su scala ridotta, probabilmente per i bambini.
Il periodo d'oro
Nel 1698 morì la moglie Francesca. Il matrimonio era durato trent'anni e l'elenco delle spese del funerale è uno dei pochi documenti personali della vita di Stradivari.
La presenza dei suoi figli come aiutanti ebbe un effetto liberatorio su Stradivari; egli fu un genio anche per il modo in cui era in grado di uniformare e supervisionare il lavoro altrui, assicurandosi che i suoi figli producessero opere di altissima qualità e certamente non fu un capo dalle poche pretese.
Gli anni passati lavorando sui violini lunghi lo avevano portato a sviluppare una fondamentale intuizione: un corpo più piatto fornisce una maggiore potenza di emissione senza tuttavia rendere eccessivamente fragile il violino stesso. L'eliminazione dei rientri ai lati delle tavole, che avevano l'effetto di indebolire il suono e che costituivano l'unico vero difetto nel design dei violini di Amati, si sarebbe dimostrata di importanza cruciale.
A partire dai primi anni del Settecento, la bottega di Stradivari iniziò a produrre dei violini le cui casse armoniche rimangono un modello tuttora imitato. Dal canto suo Stradivari avrebbe continuato a condurre le proprie sperimentazioni per il resto della sua vita senza discostarsi mai troppo da questa forma base; aveva capito che non sarebbe stato possibile creare nulla di meglio.
Nel 1699, Stradivari si risposò con una certa Antonia Zambelli, una cremonese di trentacinque anni, senza dote e di venti anni più giovane di lui; meno di un anno dopo nacque la prima figlia, Francesca, seguirono altri quattro figli, tre dei quali sopravvissero all'infanzia: Giovanni Battista, Giuseppe e Paolo.
Iniziò così il periodo più felice dell'attività di Stradivari (che si protrasse grazie alla sua straordinaria longevità ) compreso tra il 1700 e il 1725, durante il quale giunse a risultati rimasti insuperati sia dal punto di vista acustico sia da quello estetico.
Naturalmente sul piano dell'acustica, la caratteristica più importante dei suoi violini fu la riprogettazione della cassa armonica mentre esteticamente, il rosso profondo della vernice, i ricci, messi in risalto dall'introduzione di un bordo nero, i bordi ampi, il particolare taglio delle effe, l'accuratissima filettatura davano ai suoi lavori un aspetto quasi maschile. Un'altra caratteristica è il legno di acero di eccellente qualità, proveniente dalla Dalmazia o dalla Croazia.
Secondo recenti studi il segreto dei violini di Stradivari è da ricercarsi nella "piccola era glaciale" che interessò l'Europa tra il 1600 e il 1700: il legno degli alberi, cresciuti in quel periodo, era caratterizzato da anelli stretti e da una particolare compatezza. Questo tipo di legno oggi non è più disponibile e ciò spiegherebbe il perchè nessuno sia in grado di eguagliare l'eccezionale suono degli strumenti del maestro.
La bottega di Stradivari divenne presto un luogo di incontro per i musicisti, che vi discutevano le loro idee e avanzavano suggerimenti al maestro. In questo periodo la bottega aveva cominciato a produrre viole e violoncelli e ne seguì una riforma radicale del design che in un certo senso riprendeva la stessa riprogettazione della cassa armonica nel violino.
Gli ultimi anni
Con la morte del figlio Giovanni Battista nel 1729, che come i suoi fratellastri lavorava nella bottega paterna e si era dimostrato il più promettente, Stradivari subì un colpo devastante e ormai ottantenne cominciò a pensare alla propria morte con un testamento in cui Francesco veniva designato l'erede prescelto dell'attività paterna.
Nonostante l'età avanzata, il maestro continuò a produrre violini e gli esemplari prodotti dopo il 1730 sono incredibilmente quelli con maggior potenza d'emissione. Molto studiosi sostengono che fu la crescente sordità di Stradivari la chiave di tanta potenza ma più probabilmente fu la competizione con Guarneri la motivazione più forte. Il maestro morì il 19 dicembre 1737 e fu sepolto accanto alla seconda moglie nella chiesa di San Domenico.
Suoi allievi furono oltre ai figli Francesco e Omobono, Carlo Bergonzi e i Guadagnini, che terminarono alcuni suoi strumenti non raggiungendo tuttavia gli altissimi risultati del maestro.
Della straordinaria quantità di strumenti da lui creati (oltre mille e cento) rimangono circa seicento esemplari sparsi in tutto il mondo, alcuni stupendamente intarsiati.
Partita n.2 in re minore di J.S. Bach, eseguita su un violino Stradivari del 1717