La parola accademia, nel periodo barocco e in particolare a Venezia, ha due significati fondamentali: il primo indica una serata musicale, un concerto, talmente frequenti nella Serenissima da procurare litigi per avere un invito e da far scrivere al visitatore De Brosses Non c'è quasi sera che non si tenga in qualche luogo un'accademia. Lagente si riversa sul Canale ad ascoltarla con tanto ardore come se si trattasse sempre della prima volta; il secondo indica un'associazione di intellettuali che si riunivano per conversare di letteratura, estetica, filosofia e musica. A Venezia la nascita di questi circoli era molto diffusa e persino il violinista Giuseppe Tartini fu chiamato da Padova per fondare un'accademia musicale che sarebbe dovuta nascere con il patrocinio del re di Polonia. Scoraggiato dal fallimento dell'iniziativa cessò la sua attività concertistica e rimase a vivere con la moglie tra Padova e Venezia: sarà proprio qui, dopo l'incontro con Veracini, che il musicista deciderà di rientrare in attività e di accrescere ancor più la sua preparazione e abilità tecnica, trasformandolo nel virtuoso che tutti conosciamo.
In città si distinse in particolare l'Accademia degli Animosi, fondata nel 1691 dal poeta e librettista Apostolo Zeno sul modello dell'Arcadia romana: all'interno di questo circolo si distinse il poeta Pietro Pariati, che scrisse libretti considerati dei veri “must”nel periodo barocco ed utilizzati da numerosi musicisti tra cui Tomaso Albinoni e Francesco Gasparini.
L'Arcadia romana aveva invece dato asilo a due figli della Serenissima: Alessandro Marcello, aristocratico dilettante musicista che entrò nell'accademia con lo pseudonimo (cosa molto in voga allora!) di Eterio Stinfalico, e suo fratello Benedetto.
Alessandro rese la sua residenza, sede di numerose “accademie”e frequentata da Vivaldi e Albinoni, uno dei luoghi più in vista della città lagunare e, pur rimanendo sempre un musicista amatoriale, scrisse numerosi concerti di pregevole fattura, tra cui La Cetra, originale nell'uso dell'oboe negli assoli.
Benedetto si dedicò professionalmente alla musica, ed in particolare al teatro, opponendosi strenuamente a Vivaldi e al suo stile operistico “volgare e semplice”: le accademi e i concerti domestici davano infatti modo ai musicisti di incotrarsi spesso e di aprire querelles stilistiche e tecniche, che spesso degeneravano in polemiche e vere e proprie rivalità personali.
Sia Alessandro che Benedetto si posero in aperta polemica con Antonio Vivaldi, che al contrario di loro componeva non per arcadico diletto ma per necessità e per compiacere i capricci di cantanti capricciosi e di un pubblico ignorante: tuttavia gli spazi e i momenti musicali della città lagunare erano talmente numerosi che ognuno potè trovare il suo spazio e la sua collocazione senza essere eclissato dagli altri.
Spesso un musicista legava la sua produzione ad un teatro specifico, diventandone una sorta di “testimonial”: è quello che accadde a Tomaso Albinoni con il Teatro dei Santissimi Giovanni e Paolo, dove furono rappresentate più di 30 sue opere oggi andate perdute, e ad Antonio Vivaldi con il Teatro Sant'Angelo, ove debuttò nel 1704 con il Creso tolto dalle fiamme e dove fu impresario e direttore delle musiche dal 1714.
Vivaldi inaugura la stagione d'oro del belcanto veneziano, quando l'opera divenne il diversivo più seguito e alla moda per il pubblico nonché il più redditizio per i compositori: la sempre crescente richiesta di melodrammi, insieme all'esigenza di attirare spettatori in un teatro piuttosto che in un altro tramite allestimenti spettacolari e virtuosismi delle stelle canore del momento, portarono i musicisti a produrre opere più orecchiabili e dall'impianto armonico meno complesso, infarcite di fioriture e di “esercizi” di stile, dalla trama debole e piena di “colpi di scena” fini a sé stessi.
E' contro questo tipo di opera, involgarita per compiacere un pubblico frivolo e ignorante, che si scaglia Benedetto Marcello con il suo pamhplet satirico Il teatro alla moda, pubblicato anonimo nel 1720. Tra i responsabili di questo imbarbarimento del melodramma c'è per Marcello anche Vivaldi, adombrato nel personaggio di ALDIVIVA e nell'immagine umoristica sul frontespizio di ua figuretta alata con un cappello da prete che suona un violino.
La raffigurazione alludeva all'appartenenza di Vivaldi al clero e alla sua più nota e principale occupazione: quella di insegnante di violino presso l'Ospitale della Pietà. A Venezia questa istituzione benefica che ,come molte altre operanti in città, si occupava dell'educazione e del sostentamento di orfani e senzatetto, si distinse per la qualità dell'istruzione musicale che vi veniva impartita e per il pregio dei concerti che vi venivano tenuti, di cui Vivaldi divenne responsabile nel 1716.
E' per questi concerti, dove intervenivano benefattori, autorità della Republlica, ma anche intellettuali e viaggiatori richiamati dalla fama dell'orchestra di “trovatelle” che Vivaldi scrive le sue pagine di musica più belle e famose, raccolte nell' Estro Armonico e ne' La Stravaganza.
Anche quando formalmente non insegnerà più presso l'istituto, l'Ospitale continuerà a commissionargli musiche per i concerti pubblici in modo da mantenere il primato musicale della Pietà in città e invogliare i sostenitori a cospicue donazioni in sostegno di così mirabile attività artistica.
Gli ospedali divennero una fucina musicale moderna e talvolta pionieristica anche perchè operavano in totale autonomia amministrativa ed economica rispetto alla Chiesa di Roma, che in altri istituti più “dipendenti”, come quelli dell'Urbe stessa e di Napoli, imponeva l'esecuzione esclusiva di musica sacra e restrizioni sull' istruzione musicale delle donne. Altrove infatti non si sarebbe mai potuto verificare che una fanciulla, come nel caso dell'allieva prediletta di Vivaldi Anna Maria della Pietà, eccellesse nello studio del violino tanto da comparire nei concerti come solista anche all'esterno del suo istituto, scortata dal suo maestro a preservarne l'onore e la rispettabilità.
Verso la metà del XVIII secolo Venezia è una delle città più vive culturalmente in Europa: ovunque si fa' musica di qualità nelle accezioni sacre e profane, nei teatri di prosa furoreggiano le pièces di Carlo Goldoni, e tra i balli, i canali e le calli buie intesse le sue avventure uno dei grandi miti del secolo, Giacomo Casanova: il sipario su questo straordinario scenario barocco calerà definitivamente il 12 maggio 1797, con l'avvento napoleonico e la caduta della Repubblica della Serenissima, che in un clima di benessere economico e liberalità aveva garantito le condizioni per uno sviluppo artistico senza pari nella storia.