Nonostante la forma dell'oratorio fosse popolarissima a Venezia, portata in auge da musicisti stimati e di successo come Legrenzi e Benedetto Marcello ed eseguita non solo in contesti sacri, ma anche presso le “accademie” e nei teatri, Antonio Vivaldi la praticò pochissimo, componendone solo 3 a fronte di 48 melodrammi. Solo uno di questi, la JudithaTriumphans, ci è pervenuto interamente e ci mostra un aspetto del tutto inedito per il musicista veneziano e per l'uso che si era fatto del “genere” oratorio fino a quel momento.
Nella gaudente e liberale Venezia anche la musica sacra, spesso in latino, è scevra dalle severità di temi e dal rigore formale d'obbligo ad esmpio in ambiente romano; tuttavia la Juditha Triumphans presenta dei caratteri di rottura anche per la smaliziata Serenissima, a cominciare dal suo frontespizo.
Sacrum militare oratorium è il sottotitolo che campeggia sul libretto dei versi di Giacomo Cassetti: è il 1716 e la flotta veneziana si è appena presa una rivincita sul suo nemico di sempre, i Turchi, strappandogli Corfù.
L'oratorio non compare ufficialmente in nessuna celebrazione per la vittoria, ma il libretto a stampa, mantenedosi sul vago, parla di un'opera "…da cantarsi in questi tempi qui di guerra da un coro di fanciulle inneggianti nella Chiesa della Pietà". Spiega però esplicitamente i significati allegorici dei personaggi: Giuditta simboleggia Venezia, Oloferne il Sultano, Abra la Fede, Betulia la Chiesa, Ozias i cristiani. E' fuori dubbio che quest'opera rappresenti una vera e propria “actio laudis” deliberatamente composta da Vivaldi senza commissioni, un'incursione nel panorama dell'attualità politica del tutto nuova per un muscicsta- insegnante ed ancor più originale se si pensa alla posizione di ecclesiastico del compositore.
Non si sa con certezza quale sia stata l'occasione della prima esecuzione, ma dal ricco organico vocale e strumentale previsto nella partitura è facile indovinare che l'oratorio fosse stato concepito per il coro e l'orchestra delle “putte” dell'Ospedale della Pietà. Ed è anche facile immaginare che la circostanza sia stata uno di quei meravigliosi, frequentatissimi concerti ove anche le più elevate autorità della Repubblica intervenivano spesso. E' quindi chiaro che Vivaldi volesse far arrivare il suo messaggio celebrativo in alto e che avesse tranquillamente modo di farlo. Ma cosa lo spingeva a questa operazione propagandistica?
Proprio in quell'anno è nominato maestro dei concerti presso l'ospedale, ma non senza difficoltà e l'ostruzionismo di altri insegnanti, che per qualche anno lo avevano anche allontanato dall'istituto ritenendolo non idoneo al ruolo di educatore. Di certo la qualità dell'istruzione musicale alla Pietà e lo splendore dei suoi concerti era da atribuire in gran parte al “prete rosso”, che viene reintegrato (alcuni dicono pur avendo continuato a fornire musica all'ospedale anche da esterno) come “sorvegliato speciale”.
Tutti sanno che Don Antonio è un prelato sui generis: non celebra messa per una non meglio imprecisata infermità fisica, che magicamente sparisce quando invece trascorre ore ed ore a suonare, dirigere ed allestire spettacoli nei teatri; frequenta l'ambiente delle compagnie e le cantanti, con cui spesso è stato visto accompagnarsi anche al di fuori di contesti “professionali”...e poi ci sono le sue putte con cui trascorre moltissimo tempo, anche impartendo lezioni private “a porte chiuse” alle più dotate.
E' fuori dubbio che le trovatelle della Pietà, come quelle di molti altri istituti, siano state oggetto più di una volta delle attenzioni morbose di insegnanti e personale di servizio, nonché di spettatori che, affascinati da quelle eteree figure angelicate separate dal mondo da una grata, pare abbiano fatto più volte carte false per incontrarle, pagando e tacitando chi di dovere. Le cronache giudiziarie della Serenissma ci hanno tramandato negli atti più di una storia torbida riguardo le giovani putte, ed è facile pensare quanti invece siano stati, anche dati i tempi e le condizioni di estrema modestia sociale di quelle ragazze, i casi di violenza non denunciati o le gravidanze abilmente dissimulate.
Non c'è nessuna prova che Vivaldi avesse manifestato queste attenzioni morbose, o perlomeno non più degli altri o di quello che era considerato lecito permettersi con delle “figlie di nessuno” con ben poche chance per il futuro: tuttavia, forse una prova ce la offre proprio una pagina della Juditha Triumpans, di certo eseguita più di una volta dalle putte della Pietà.
All'allegoria politica e celebrativa si accosta, nella scena della tentata seduzione di Giuditta da parte di Oloferne, un pathos erotico del tutto inusitato per il genere e più in generele per gli stilemi musicali del tempo, ove un corteggiamento solo “mimato” doveva rispondere a precisi canoni manierstici e galanti.
La foga, a volte melliflua e ammiccante, a volte passionale ed esplicitamente alludente all'atto sessuale, con cui il biblico generale tenta di irretire Giuditta sarebbe eccessiva persino per un melodramma da castrati e lascivi cicisbei, figuriamoci per un'oratorio da rappresentarsi in un'Ospedale: è ovvio che anche questo “messaggio” non è li' a caso.
Sicuramente la complessa parte di Giuditta sarà stata recitata da una putta dotata musicalemente, magari proprio una delle favorite di Vivaldi...magari proprio una per cui aveva sviluppato qualche malsano interesse.
Non sappiamo se questo interesse fosse stato dimostrato, né se sì con quali forme o con quali esiti: l'unica cosa certa è che solo la strenua resistenza della virtuosa Giuditta evita che l'opera degeneri e si trasformi in un oratorio erotico: forse una trasfigurazione di come erano andate le cose nella realtà?
E' comunque fuori dubbio che i due aspetti, quello laudativo dell'autorità, esplicitamente conclamato, e quello erotico, apparentemente più slegato dalla realtà e inconciliabile con l'altro, siano invece posti in connessione: forse il “prete rosso” doveva farsi perdonare qualcosa dalle autorità, rassicurandole che alla fine la moralità delle “Giuditte” aveva prevalso? Doveva forse riaffermare la sua natura di cittadino devoto della Repubblica?
Sono solo supposizioni, ma di certo almeno in parte fondate se pensiamo che Vivaldi, uno dei personaggi più in vista (nonché più pagati) della vita musicale veneziana per quasi 50 anni, non riuscì mai a fare carriera in modo “istituzionale” e a conquistare i ruoli chiave di maestro di cappella e d'organo in San Marco, non per nulla considerati incarichi di rappresentanza e controllati più o meno direttamente dalle autorità della Repubblica.
Che forse le risposte di questo e di altri enigmi della vita del prete rosso si celino proprio tra le pagine della Juditha?