Come accadeva anche a Venezia, Napoli è caratterizzata dal fenomeno squisitamente barocco degli Ospedali, istituti sorti alla fine del '500 per ospitare ragazzi orfani, indigenti o con gravi menomazioni fische e mentali.
L'economia della città partenopea, uno dei centri piu' popolosi dell'Europa di fine '600, è soprattutto legata alle attività commerciali e portuali, che portano a Napoli merci e avventurieri da tutto il mondo: la prostutuzione è dilagante, soprattutto nei quartieri adiacenti al porto, e la quantità di bambini abbandonati presso gli ospedali è elevatissima.
Inoltre, la diffusa povertà legata alla “mala gestio” del governatorato spagnolo fa' il resto e non passa giorno che questi istituti, gestiti e finanziati dalla Chiesa di Roma, non raccolgano anche 5 o sei fanciulli.
Gli istituti di misericordia
Al contrario degli ospedali veneziani, che potevano beneficiare di una certa indipendenza dai dettami della sede papale, le ragazze vengono avviate direttamente al velo,senza diritto ad alcun tipo di istruzione, mentre si dedica particolare attenzione alla formazione dei ragazzi, soprattutto in ambito musicale.
I più importanti istituiti di questo tipo a Napoli sono 4: Santa Maria di Loreto, Sant'Onofrio a Porta Capuana, i Poveri di Gesù e la Pietà dei Turchini.
In questi istituti di misericordia, che sorgono nelle zone disagiate e in quartieri squallidi e malsani, i massimi introiti, se escludiamo i lasciti di nobili spesso anonimi, sono forniti dagli stessi orfanelli che, a turno, si dedicano alla questua, divisi in "cercatori de fuora" e "cercatori de chiesa", oppure danno vita alle "paranze", ovvero gruppi fissi di 12 o 18 bambini, più raramente 24, vestiti da "angiulilli", chiamati a seguire le processioni con incenso e torce o ad accompagnare i funerali, a vegliare i defunti, ad assistere i malati.
Gli viene offerto di apprendere un mestiere per mantenersi presso “maestri di potheca” contattati direttamente dagli istituti, che li tenevano in apprendistato per un periodo massimo di sei anni.
Tuttavia tra il 1620 e il 1630, con il diffondersi dell'opera lirica e l'ascesa di Napoli come centro commerciale e culturale, gli ospedali vengono trasformati in veri e propri conservatori, dove la formazione era tutta incentrata sulla musica e soprattutto sul canto.
...si trasformano in scuole musicali
Cominciano ad essere assunti insegnanti di musica regolarmente stipendiati, che di regola erano uno solo per tutti gli strumenti ad arco ed uno per gli strumenti a fiato, e intorno alla metà del '600 le porte degli ospedali si aprono anche ai “figlioli forastieri educandi”, cioè ad allievi non orfani che pagano rette elevate per seguire corsi della durata minima di sei anni. Nasce infatti a Napoli il moderno “concetto” di conservatorio di musica.
L'istruzione che viene impartita è severissima e di altissima qualità ,tanto che da questi istituti uscirà l'èlite della scena musicale napoletana, tra cui Alessandro Scarlatti e Niccolò Porpora, allievi del Santa Maria di Loreto e a loro volta insegnanti presso il Sant'Onofrio a Porta Capuana.
La Pietà dei Turchini
Tra tutti gli istituti, spicca però quello della Pietà dei Turchini, l'unico che non verrà mai chiuso e confluirà nel San Pietro a Majella, attuale conservatorio di Napoli.
Sostenuto da ricche donazioni e dall' appoggio del re di Spagna Filippo II, la Pietà dei Turchini fiorisce sotto la direzione del "Primo Maestro" Giovanni Maria Sabino, che pretende per i suoi alunni ampi dormitori, spazi più confortevoli e metodi educativi più moderni e meno ottusamente punitivi. Particolare attenzione si pone alla salute psicofisica dei ragazzi e, dopo la terribile peste del 1556, che aveva decimato i bambini del Sant'Onofrio portandolo quasi alla chisura, vengono attrezzate anche una moderna farmacia e un'infermeria.
La disciplina in cui i giovani vengono massimamente eruditi è il canto e il coro della Pietà, composto da più di 100 fanciulli, diventa subito famoso in tutta Italia: gli allievi, vestiti con tunichette celesti, vengono appunto soprannominati “turchini” e i loro prodigi canori li rendono proverbiali a Napoli.
Sotto Francesco Provenzale, Nicola Fago e Leonardo Leoil conservatorio raggiungerà il suo massimo splendore artistico e i palcoscenici del teatro di San Bartolomeo prima e del teatro di San Carlo poi saranno per decenni popolati dai “turchini” migliori.
In particolare il San Bartolomeo, fondato nel 1620 dalla Confraternita degli Incurabili, è il luogo dove a Napoli vengono rappresentate le prime opere liriche di Monteverdi e Peri ed in breve diventa per i “turchini” e i loro insegnanti un importante fonte di sostentamento economico.
Fago e Leo compongono opere che fanno eseguire dai loro allievi al San Bartolomeo, non solo riscuotendo ricchi introiti per le casse dell'istituto, ma soprattutto contribuendo alla diffusione del melodramma a Napoli e alla nascita di quello stile tipicamente partenopeo che sarà proprio di Porpora,ell Jommellii e Piccinni.
In particolare le prime opere di Leo, tutte composte tra il 1719 e il 1725 e rappresentate al San Bartolomeo, volendo mettere in risalto le doti canore di giovanetti strappati ad un drammatico destino e dovendo muovere l'ascoltatore ad un interessamento alla loro condizione (o ancor meglio a una donazione), indulgono spesso in toni patetici e melodrammatici, molto apprezzati all'epoca nonchè componente essenziale dello “stile napoletano” che ancora ritroviamo nella canzone popolare.