Fontana dei fiumi di Lorenzo Bernini
Scritto da Francesca Santucci. Pubblicato in scultura barocca
La "Fontana di piazza Navona"
detta anche "Fontana dei Fiumi", fu inaugurata il 12 giugno del 1651, amplificando in misura inaudita la fama di Bernini; le cronache romane registrarono subito una reazione generale di entusiasmo iperbolico, mentre le lettere che partivano per tutta l’Europa si sforzavano di spiegare la grandiosità del monumento a chi era impossibilitato a vederlo di persona.
Il futuro papa Alessandro VII, che allora era nunzio in Germania, per lettera ricevette questa eloquente descrizione: Fra pochi dì scoprirassi la superba fontana di Piazza Navona. Veramente ella è un miracolo del mondo. Sopra uno scoglio spezzato s'erge l'Obelisco Pamphilio e sugli angoli dello scoglio vi sono scolpiti quattro superbi colossi di marmo che rappresentano i fiumi principali delle quattro parti del mondo. Dall'artista, che è il cavalier Bernino, sono stati così bene adornati dei frutti, delle piante, dei metalli e degli animali che producono questi terreni che da essi sono bagnati, che non si può bramare d'avantaggio. L'occhio vi si perde per maraviglia, e bisogna ritornare più volte a vagheggiarla.
La fontana di Innocenzo X
Era stato grazie ai consigli del principe Nicolò Ludovisi che Bernini era riuscito a strappare la commessa a papa Innocenzo X, che da tempo desiderava una sontuosa fontana in Piazza Navona, dove sorgeva il proprio palazzo di famiglia, allora in ricostruzione, e l'annessa chiesa di Sant'Agnese.
Il Papa aveva chiesto disegni a vari artisti, tra cui il Borromini, verso il quale era orientato, e aveva già deciso che il monumento avrebbe dovuto includere un obelisco che giaceva in pezzi vicino al mausoleo di Cecilia Metella, ma nessun dei progetti esaminati lo aveva convinto, allora Ludovisi aveva suggerito al Bernini di fare un bozzetto, che avrebbe personalmente mostrato al Pontefice. Cosi fu, e Innocenzo Pamphili, che per lungo tempo non aveva voluto servirsi del Bernini perché troppo legato agli odiati Barberini, conquistato dal progetto, presentatogli nel luglio del 1648, gli affidò l'esecuzione della fontana, e restò, poi, talmente entusiasta della realizzazione da riammetterlo al servizio della Curia.
Anche se in quel tempo il popolo reclamava a gran voce Non guje, non fontane; pane volemo, pane, pane, pane, Innocenzo X non volle essere da meno dei suoi predecessori e si servì volentieri del Bernini quando comprese che dall'ingegno dell'artista poteva trarre vantaggi il suo pontificato.
Creazione dell'opera
Il gigantesco complesso, celebrato all’epoca come la più stravagante e geniale agudeza del Seicento,vivamente descritto da Valentino Martinelli in una sua monografia (Milano, 1953) come Quattro colossi, smaniosi su un letto di sassi, la cui posa instabile ed irrequieta si inquadra nella spiritosa contrapposizione della flora e della fauna esotiche: il leone, il cavallo marino, il delfino, la palma, il muschio, il vischio e tutto quello che si nasconde fra le rocce galleggianti di travertino e si va a vedere, ogni volta, come una sorpresa da giardino zoologico, opera in cui il Maestro dispiegò a briglia sciolta la suagenialità, esprimendo al massimo il fine caratteristico di tutte le arti del Seicento, stupire e meravigliare, che ancora oggi, dopo quattro secoli, colpisce noi quanto colpì all’epoca, per straordinaria ricchezza di fantasia e per novità inventiva è la più tipica fra le fontane berniniane.
L’opera ebbe inizio nel 1649, quando fu sistemato sulle fondamenta il gigantesco blocco di travertino proveniente dalle cave di Tivoli e si iniziò a scolpirlo, e fu compiuta nel 1651, con l'aiuto dei discepoli Jacopantonio Fancelli, che si occupò del Nilo, Antonio Raggi del Danubio, Claude Poussin del Gange, Francesco Baratta del Rio della Plata.
Dal 1649 al 1651 presero vita (in parte anche per mano dello stesso Bernini, che rivendicò come suo totale lavoro il cavallo) la straordinaria flora e fauna dello scoglio, dal febbraio 1650 si misero al lavoro i quattro scultori che intagliarono i colossali fiumi di marmo.
Al francese Niccolo Sale furono commissionati i modelli della colomba con il ramoscello d'ulivo, (simbolo dello Spirito Santo e della pace dopo il diluvio universale, ma anche l'elemento più importante dello stemma dei Pamphili) che, poi, venne fusa in bronzo e collocata sulla cima dell'obelisco. Il pittore Guidubaldo Abbatini dipinse, invece, le rocce, le piante e gli animali della fontana, ma la policromia è oggi del tutto scomparsa.
Sull'ammasso di rocce, sostenenti le immagini dei quattro fiumi ed altri simboli dei quattro continenti allora conosciuti, animali e piante esotiche, un leone, un cavallo galoppante, un serpente, ciuffi di agave, il tutto come sferzato da un vento impetuoso, il Bernini, in un contrasto pieno di effetto spettacolare, librò la pura forma geometrica dell’obelisco proveniente dal circo (l'idea della fontana con l'obelisco fu dello stesso Papa), e animò la scenografia con il capriccioso gioco dell'acqua che esce dagli anfratti.
Sulle quattro facciate del dado che sorregge l'obelisco furono poste delle iscrizioni latine per illustrare l'opera allo spettatore colto, maper tutti parlò il trionfo della natura messo in scena da Bernini nel cuore stesso dell’Urbe.
Curiosità
Concepita dal Bernini per essere innalzata di fronte alla chiesa di Sant’Agnese, opera del Borromini, suo acerrimo nemico, la "Fontana dei Fiumi" ha tre dei quattro fiumi raffigurati (il Nilo, simbolo dell’Africa, il Gange, simbolo dell’Asia, e il Danubio, simbolo dell’Europa), che distolgono lo sguardo dalla chiesa, come se non volessero vederne, si malignò, le imperfezioni architettoniche; solo il Rio della Plata, che simbolizza l’America, guarda verso la chiesa, ma con un atteggiamento di vero terrore, come nel timore che il campanile di Sant’Agnese possa precipitargli addosso da un momento all’altro, tanto il Bernini dubitava della stabilità dell’opera del rivale.
Il complesso è sormontato dall’imponente obelisco, sulla cui stabilità, a loro volta, i seguaci del Borromini, per rifarsi delle critiche al loro maestro, sollevarono dubbi, ma il Bernini, che era un tipo burlone, una notte si recò in piazza Navona e legò alla punta dell’obelisco quattro sottili funicelle fissate a quattro case all’estremità della piazza, così non vi sarebbero stati dubbi sulla solidità. Tuttavia il Borromini non seppe accettare lo scherzo, e la cosa finì per addolorarlo e tormentarlo a tal punto che tutta la vicenda ebbe un tragico epilogo: impazzì e si tolse la vita.
Riferimenti
T. Montanari, Grandi scultori- G. Bernini, Gruppo Editoriale l’Espresso, 2004, Roma
G. C. Argan, Storia dell’arte italiana, Sansoni, vol. III, 1968, Firenze