Il pensiero politico libertino
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in politica barocca
Il pensiero politico libertino si sviluppa durante la crisi tra cinquecento e seicento, un periodo insanguinato da guerre e persecuzioni religiose. Per contrasto alla realtà del tempo il libertinismo sviluppa una forma di pensiero che concorre a formare un asse portante della coscienza dell’Europa moderna.
La fine del periodo rinascimentale che deriva dalla crisi economica di tutta Europa porta a tangibili conseguenze politiche sia interne che estere dei regni; crollano gli ideali etici rinascimentali e viene meno la fiducia della vita comunitaria, il governo si assolutiza rispondendo alla domanda di pace con un accentramento del potere negando le autonomie e riducendo i cittadini in sudditi. La borghesia accetta l’assolutismo che vieta la vita politica ma che garantisce la pace dei mercati e l’accumulo dei capitali.
Per quanto sia una corrente di pensiero composita presenta come principale caratteristica la critica dell'ortodossia religiosa in nome dell'autonomia della ragione da ogni autorità. Proprio l'intenzione di emanciparsi da ogni forma di servitù intellettuale conferisce il nome al movimento, detto "libertinismo" in riferimento al libertus latino, cioè lo schiavo affrancato.
I libertini non sono rivoluzionari e non diffondono pubblicamente il loro pensiero ne tentano di cambiare l’ordine prestabilito, non mancano però le condanne come accadde nel 1619 e 1625 quando il parlamento di Parigi mise sotto processo Teophile de Viaeu e Cesare Vanini.
Lo sviluppo del pensiero libertino
In epoca barocca il fenomeno libertino è stato considerato con senso negativo in legame ad atteggiamenti licenziosi, il cosiddetto libertinage de moeurs: i libertini apparivano come giovani debauchés, la cui trasgressione si esprimeva in comportamenti difformi dalla morale corrente e in posizioni irriverenti nei confronti delle concezioni e delle forme della vita cristiana. L’anticonformismo libertino nasce dalla comprensione dell’inadeguatezza degli schemi del passato, in una età di profonde trasformazioni, e costituisce il comune orizzonte sul quale vengono a collocarsi le riflessioni di Bacone e Galileo, Descartes e Comenio. Le critiche alla pedanteria scientifica e all’etica che non rispetta la condizione individuale non sono nichilismo ma si inseriscono in un percorso di ristrutturazione del sapere e dell’educazione tradizionale.
Per Gassendi il rifiuto della cultura e dell'istruzione tradizionale si salda all'esigenza di contrapporre al chiuso mondo delle scuole gli orizzonti aperti di un universo diverso dal passato, la pedanteria viene respinta come forma di sapere astratto e dogmatico. Nelle pagine di Cyrano, la pedanteria viene messa alla berlina come forma di ottusità mentale connessa all'incapacità di cogliere le implicazioni più profonde della nuova scienza: dai temi dell'infinità dell'universo e della pluralità del mondo.
L'uomo equipaggiato di una ragione "debole", si trova in balia del caso, senza punti di riferimento etici assoluti e la natura é percepita come un insieme di forze cieche e casuali. Solo gli spiriti liberi sono destinati alla coscienza critica del mondo, perchè sanno ascoltare la natura e sono in grado di reggere il messaggio drammatico che essa porta. Per il popolo occorre perpetrare l'inganno della religione e della tradizione, per evitare la decomposizione dell'ordine sociale.
Libertinismo e scienza
La posizione scettica dei libertini è da confrontare con il contemporaneo sviluppo del nuovo sapere scientifico, il quale fa sua la polemica ed il sospetto contro ogni ipotesi non sperimentabile e quindi contro la metafisica. La prospettiva scettica porta il libertinismo ad essere in totale antitesi alla scienza sperimentale, la quale mostra al contrario che la natura obbedisce con rigore stupefacente a leggi esprimibili matematicamente. In quel periodo alleate della scienza saranno personalità del cattolicesimo, come Mersenne, impegnate in uno sforzo di riconciliazione tra fede e ragione, sicuramente assai delicato dopo gli interventi dell'autorità ecclesiastica su Galileo.
Il libertinismo si contrappone ad una scienza che palesa l'immagine di un mondo ordinato ed armonico, potenzialmente accordabile con la fede in un dio ordinatore e creatore.
I pensatori libertini non apprezzano le recenti scoperte scientifiche della natura, quali il nuovo metodo sperimentale stava elaborando, perché si accorgono che la scienza poteva cadere in nuovi dogmatismi creati appunto dalla concezione metafisica cartesiana. La rivoluzione scientifica tuttavia influenzò i libertini e portandoli da un atteggiamento scettico verso un razionalismo critico. Da un lato sospetto per le valenze dogmatiche della scienza, specie per la sua elaborazione cartesiana intimamente legata ad una nuova metafisica, dall'altra invece aspirazione ad uno spirito critico che in fin dei conti si trovava realizzato proprio nelle metodologie sperimentali della scienza galileiana e nel dubbio cartesiano.
L' enorme mole di conoscenze sulla diversità dei costumi umani e sulle diverse società, tale da spaziare dalla Cina al Perù, e, in campo storico, dall'Egitto ai tempi moderni, non si traduce che in un dubbio universale sulla verità dell'uomo: quale é la verità nella infinita varietà dei costumi morali delle molteplici civiltà? le scoperte geografiche ebbero grande importanza come fattore destabilizzante le tradizioni religiose e culturali dell'occidente, non esclusa la sapienza biblica; l'aver scoperto numerose nuove civiltà, di alto valore etico e culturale, implicava perdere la centralità e l'esclusivitàche la cultura occidentale e cristiana presumeva di possedere, ed implicava l'apertura di uno stato d'animo scettico e dubbioso, quale si vede testimoniato negli autori libertini. Le stesse scoperte scientifiche, che scardinavano la certezza aristotelica e cristiana della centralità della Terra e dell'uomo, avevano fatto ulteriormente scricchiolare tutti i punti cardinali.
I riferimenti Greci
Vengono riscoperti i filosofi post-aristotelici a cui i libertini fanno costante riferimento: dallo stoicismo mutuano l'esigenza di individuare una morale razionalistica, svincolata dalla religione, e la concezione di un universo retto da leggi necessarie e necessitanti, cui nulla può sfuggire. Dall'epicureismo è invece desunta la concezione materialistica e atomistica del reale e dell'uomo, mero aggregato di atomi e, in forza di ciò, destinato a non godere di alcuna vita ultraterrena. L'eredità dello scetticismo, grazie alla mediazione di Montaigne, da consapevolezza ai limiti intrinseci della conoscenza umana e la conseguente centralità della sospensione del giudizio.
La questione religiosa
La religione viene vista dai libertini per quello che era nel seicento: il contrapporsi di opposti fanatismi che tramite guerre civili hanno insanguinato con nefaste conseguenze la Francia per più di un secolo. La bigotteria e lo zelo religioso sono avvertiti come il più pericoloso nemico da combattere; il riesame critico delle religioni storiche porta ad un ridimensionamento delle pretese di assolutezza e di universalità con cui il potere esercita il proprio dominio. I libertini considerano la molteplicità delle religioni storiche come espressioni delle paure degli uomini, utile strumento nelle mani dei potenti per costringere all'obbedienza le plebi indocili.
Il laicismo libertino non è il tramonto del sacro ma una coscienza religiosa emancipata dalla credulità, dal misticismo teatrale del periodo barocco che cercava di convincere il prossimo con gli occhi e non con il cuore o la ragione. Viene difesa la coscienza soggettiva contro l'invadenza delle superstizioni e delle credenze irrazionalmente subite dal volgo, dalla massa incapace di sottrarsi all'influsso perturbatore dell'immaginazione.
Da questa cultura nasce la critica all’occultismo e alla magia, nefasti strumenti che fanno leva sull’ignoranza e sulla torbida irrazionalità dell’animo umano, in un epoca in cui maghi e preti erano messi dal popolo sullo stesso piano.
La critica religiosa sfocia in diverse alternative e conseguenze: talvolta in un moderato deismo oppure in un più radicale panteismo o in aperto ateismo. Al di là delle varie posizioni assunte dai suoi componenti, il libertinismo tende comunque a propugnare la tolleranza religiosa.
Si è soliti suddividere il movimento libertino in due fasi: nei primi decenni del Seicento, infatti, esso tende a manifestarsi come il libertinismo radicale, con una critica severa tanto al dogmatismo religioso quanto all'assolutismo politico ad esso alleato: di questa fase ricordiamo Giulio Cesare Vanini e Théophile de Viau, mentre verso la metà del Seicento prevale il libertinismo erudito, caratterizzato da una critica razionalistica dai toni più sfumati e concilianti e, soprattutto, da un sodalizio tra il filosofo libertino e il potere politico. Principali attori sono François La Mothe le Vayer, Gabriel Naudè e Gassendi.
Nel Settecento, con la fine delle guerre di religione e la progressiva estensione del razionalismo e del naturalismo ad una dimensione cosmopolitica, la critica dei valori costituiti, la demarcazione fede/ragione, il rigetto delle idee ricevute si trasforma e passa da una cultura d’elite ad una filosofia "per tutti", filosofia aperta, pubblicamente proponibile e presentabile come programma di riforma dei costumi e delle mentalità. Dalla figura del libertino erudito nasce così, per estensione e filiazione insieme, il filosofo illuminista impegnato nella società e nella cultura del suo tempo.