I diavoli di Loudun
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in religione barocca
Nel 1952 Aldous Huxley dà alle stampe “I diavoli di Loudun”, un saggio-romanzo che racconta il complicato e particolare resoconto di una serie di eventi che ebbero luogo nella prima metà del Seicento in Francia, sotto il regno di Luigi XIII e il potere di Richelieu.
Fanatismo, superstizione, intrighi politici e lotte religiose tessono una fitta trama composta da una serie di scandali inauditi, la morte un prete sul rogo e una serie di esorcismi contro ogni forma del diavolo.
Urban Grandier
Figlio di un ricco avvocato, studiò a Bordeaux presso una delle migliori scuole gesuite. Ordinato novizio nel 1615 e dimostrando intelligenza e talento intraprese gli studi superiori, e a ventisette anni dopo fruttuosi studi fu ordinato parroco di Saint Pierre du Marché nella cittadina di Loudun. Era molto avvenente, giovane, intelligente, colto e sapeva parlare con grazia e cultura: aveva insomma tutti i numeri per fare carriera.
Loudun
All’epoca la cittadina di collina era dominata da antichi torrioni gotici che avevano ancora per gli abitanti la loro importanza, poiché le guerre di religione erano cessate da poco e la maggioranza degli abitanti era ugonotta mentre il potere era tutto cattolico. Loudun era una città di provincia nel nord Ovest della Francia, lontana dalla corte, dominata dal governatore Armagnac e da una ventina tra magistrati, avvocati e persone colte che rappresentavano la società del luogo.
Il nuovo parroco
Loudun si divise subito nei confronti del nuovo parroco. Le donne lo apprezzavano mentre gli uomini rimanevano diffidenti; era bello e sensuale, con i capelli ricci, e la barba alla Van Dick.
Grandier non era uomo di Dio: certo era credente e praticante ma, come molti della sua epoca, considerava possibile conciliare il sacerdozio con l’amor cortese, come avveniva nel medio evo e in età rinascimentale. In epoca barocca il sesso era vissuto diversamente che nei nostri tempi, ed era praticato senza troppa morale e senza badar troppo alla convenienza. I tempi però stavano cambiando: in Francia il potere regio sottometteva il clero, per ragioni di convenienza politica i prelati non dovevano fare scandalo e se lo facevano venivano puniti, a differenza di quanto accadeva a Venezia, dove il potere politico era in concorrenza con quello cattolico e al Doge giovava che i preti facessero scandalo.
I nemici
In breve tempo Grandier riuscì a farsi odiare da tutti. La colpa era innanzitutto dell’ignoranza e dell’invidia. In quanto cattolico aveva nemici i protestanti, in quanto bello era inviso alla cittadinanza di sesso maschile, e per le sue raffinatezze subiva le ire di chi non era ricco e potente.
Oltre a questo, però, ci mise senz’altro del suo.
Durante una processione il giovane parroco ebbe l’ardire di pretendere la strada al priore di Coussay e vescovo di Luçon, il quale non era altri che Armand Jean du Plessis de Richelieu. Grandier aveva ragione a pretendere la strada, perché la processione avveniva nella sua città, ma non fu molto cortese nella sua volontà di prevalere su Richelieu, che era caduto temporaneamente in disgrazia; questi, una volta divenuto cardinale, si sarebbe ricordato del giovane spavaldo.
Grandier amava consolare le belle dame della città, e in particolare le vedove. Ricevuto dai più alti dignitari della città si fece molti amici potenti, tanto che il magistrato Trincant gli mandò la giovane e vergine figlia Philippe a studiare latino.
Sempre più nemici
Urban Grandier, da seduttore esperto qual era, non impiegò molto a far cadere Philippe tra le sue braccia. La giovane e bellissima fanciulla s’innamorò perdutamente, per quanto il parroco non ne fosse poi tanto soddisfatto. Ma accadde l’irreparabile: la giovane rimase incinta , Grandier non se ne prese cura e la lasciò al suo destino. Per evitare lo scandalo il padre della ragazza attribuì il bambino a una povera orfana amica della figlia, con tanto di dichiarazione della stessa, ma il paese sapeva e giudicava: i protestanti, in particolare, screditarono il magistrato per l’azione millantatrice.
Il magistrato divenne il peggior nemico di Grandier, e presto si creò nella bottega del farmacista una congrega di nemici pronti a vendicare l’onore e cacciare lo scandaloso prete da Loudun.
I guai
Grandier si innamorò di una zitella di trent’anni, Madeleine, devotissima e di ricca famiglia. I due innamorati si sposarono in chiesa di notte, in segreto. Ma i nemici iniziarono a denigrare la povera Madeleine, tanto che i parenti di lei ricorsero a processo. Il farmacista venne condannato a pagare una bella cifra per calunnia, e a dichiarare pubblicamente ed in modo intelligibile di aver agito male.
Ma questo era solo l’inizio. Gli amici di Grandier diminuirono e vennero messi alla porta dalle dicerie. Il prete si ribellò e ricevette una bastonata in testa da un avvocato che per anni aveva chiesto invano di sposarsi con Madeleine. Grandier corse a Parigi, dove venne ascoltato dal parlamento e finanche dal sovrano, grazie all’amico Armagnac, favorito del re. Nel frattempo i nemici pagarono dei millantatori e si rivolsero al vescovo di Poitiers, che accolse le lagnanze e ordinò l’arresto del parroco presuntuoso.
Grandier subì quindi una serie di processi, ma grazie all’appoggio di alcuni potenti riuscì a spuntarla sui nemici. Dopo qualche mese di prigione viene rilasciato e dopo un paio di anni, grazie all’intervento dell’arcivescovo di Bordeaux, riottenne la parrocchia di Loudun nonostante gli fosse stato consigliato di cambiare aria.
La politica del cardinale Richelieu
A questa situazione si aggiunse una complicazione politica. L’ormai Cardinale e Ministro Richelieu decise, per tenere a bada i protestanti, di radere al suolo tutte le fortificazioni e tra queste c’era il castello di Loudun, costruito dai Romani e poi modificato e rifortificato più volte, dal medio evo fino all’epoca di Armagnac. Nonostante Luigi XIII assecondasse Armagnac nella volontà di lasciare intatto il torrione, il Cardinale ebbe la meglio e Armagnac dovette decidere: o il torrione o la corte, e perdette la partita.
Jeanne des Anges
E’ a questo punto della storia che entra in scena Jeanne de Belciel, passata alla storia come Jeanne des Anges. Figlia di una ricca e influente famiglia della regione, fu mandata fin da piccola in convento sia perché era deforme nel corpo nonostante il bel viso, sia perché aveva molti fratelli e sorelle e la famiglia non poteva provvedere alla dote per tutti.
Jeanne era una persona intelligente, aveva un carattere forte e pieno di volontà; tuttavia a causa della menomazione soffriva di fortissime crisi psicologiche, e presto divenne nemica di se stessa. Certo non era fatta per il convento, come una buona parte delle suore dell’epoca. Avrebbe dovuto sposarsi, amare ed essere amata, ma il destino le fu avverso.
I primi anni in convento furono molto duri. Jeanne non si voleva piegare alla realtà, odiava quella vita. Tutto a un tratto, però, divenne bramosa di potere: si mise allora a leggere i testi sacri e a conversare di teologia, acquistando lentamente sempre più ammirazione e potere all’interno del convento. Come essa stessa scrisse nelle sue memorie, divenne servile nei confronti della priora tanto da essere nominata poi lei stessa priora del Collegio delle Orsoline del convento di Loudun.
Il collegio delle Orsoline
Nell’età barocca i conventi davano rifugio ai devoti timorati di Dio e formavano le fanciulle prima che entrassero in società. La maggior parte delle suore non aveva vocazione e la vita di convento era una prigione dove si moriva di noia e si era costretti ad una vita austera, il cui massimo era fare oggetti di paglia intrecciati da regalare alle dame aristocratiche che con donazioni permettevano al convento di vivere.
A Loudun la casa delle monache Orsoline non aveva avuto vita facile: la città era a maggioranza protestante, i fondi erano pochi e la sede era nel più tetro, vecchio e gotico palazzo della città. Col tempo però affluirono molte ragazze a prendere educazione al collegio, perché la retta mensile era davvero economica e questo diede alle suore una vita più interessante ed agiata, non essendo più costrette a dormire su assi di legno e mangiare pane secco.
Jeanne des Anges e Grandier
La priora era rinchiusa nel convento e passava molte ore a colloquio con le persone della città, apprendendo tutti i pettegolezzi. Fu conquistata dalla figura di Grandier e se ne innamorò. Il prete divenne per lei un’ossessione continua che però non aveva possibilità di sfogo, tanto più che la priora non usciva dal convento e Grandier non aveva motivo di andarci. Ma un giorno morì il prete che aveva la cura spirituale delle suore: Jeanne, felice, colse l’occasione per inviare una bellissima lettera al tanto chiacchierato parroco di Loudun invitandolo, con mille lusinghe e complimenti, a diventare guida spirituale del convento. Grandier rispose con garbo che non se ne sentiva all’altezza e non ne aveva il tempo. Questa risposta fece inviperire Jeanne, che vedeva così andare in frantumi il suo piano. Di conseguenza divenne una sua nemica, nonché una pedina fondamentale delle trame contro Grandier.
Un piano contro Grandier
La nuova guida spirituale delle Orsoline fu scelta dalla priora tra i peggiori nemici di Grandier: il parroco Mignon. Brutto, zoppo e stupido, aveva intentato una causa contro Grandier e nonostante i consigli di lasciar perdere era stato umiliato dalla sconfitta.
Mignon e gli altri nemici di Grandier costruirono un piano infallibile per distruggerlo e spedirlo sul rogo come stregone.
La storia a questo punto entranel vivo, e mostra quanto potesse essere brutale la civiltà dei nostri antenati.
Il demonio a Loudun
Un giorno le suore del convento, per scacciare la noia, si misero a giocare ai fantasmi terrorizzando le collegiali. Nell’antico palazzo gotico e tenebroso incominciarono apparire spettri, si sentivano rumori e invocazioni tanto da far credere all’intera cittadina che il palazzo fosse infestato dagli spiriti. Il prete Mignon seppe subito, in confessione, che si trattava di uno scherzo; ma disse alle suore di continuare e non rivelare a nessuno il loro gioco.
Nel frattempo suor Jeanne fu colta da un attacco parossistico che durò parecchi mesi durante i quali, la notte, era vittima di allucinazioni di incontri sessuali con Grandier in persona, che le appariva sotto varie forme. I racconti che la mattina faceva alle suore erano così ricchi e particolareggiati da innescare un isterismo collettivo, che gli antichi chiamavano furor uterinus. Le suore, costrette da una vita ritirata, sfogarono la loro repressione.
Il parroco Mignon disse che gli spettri erano demoni e che le suore erano possedute dal diavolo. In combutta con i nemici di Grandier fecero girare la voce, interpellarono il vescovo e chiamarono degli esorcisti. Mignon iniziò a esorcizzare le monache in tutti i modi. Tra gli esorcisti che arrivarono uno in particolare, Barré, parroco di Chinon, era un vero maniaco del diavolo: lo vedeva in ogni cosa e provava gusto a combattere a colpi di acquasanta con Belzebù. A Chinon, il suo paese, non c’era mai noia.
Si decretò che gli esorcismi fossero praticati in pubblico, facendo diventare lo spettacolo tanto interessante che i cittadini di Loudun accorrevano a frotte. Le suore si fecero prendere la mano: durante i riti degli esorcisti cadevano in trance, parlavano con voce demoniaca e facevano tutte le oscenità possibili. Il nome di Grandier usciva sempre dai loro racconti.
Per scacciare il diavolo intervenne anche il farmacista con lo strumento principe della medicina dell’epoca: la siringa per i clisteri. La siringa era il simbolo del medico, tanto usata anche nelle commedie di Moliere: era il simbolo della pulizia ed era gradita anche per l’effetto eccitante sulle zone erogene, come ben sappiamo dagli scritti di de Sade.
Le suore, dunque, accettarono di buon grado di farsi immobilizzare e purgare per cacciare il diavolo dal di dietro.
Grandier vicino al demonio
Nel 1633 il diabolico piano iniziò a funzionare.Tutti i nemici di Grandier si schierarono contro di lui, e tra questi il vescovo di Poitiers. Gli intellettuali, i cortigiani, l’alto clero e i protestanti non credevano alle monache e pensavano a una farsa. A crederci erano solo i cattolici popolani.
Grandier fece ricorso all’arcivescovo di Bordeaux che inviò un medico scettico: le monache, che sapevano di mentire, ne furono intimorite e si mostrarono senza demoni. Il medico fece rapporto e l’arcivescovo impose che non fossero più fatti esorcismi. Per sei mesi tutto si calmò: senza esorcisti, le monache non erano più indemoniate.
A settembre del 1633 Richelieu decretò l’abbattimento del torrione di Armagnac, e Laubardemont tornò a Loudun per incastrare il parroco.
L’Esecutivo del cardinale prima ascoltò scettico e non si fece incantare: anzi, invitò a cena Grandier e gli assicurò appoggio contro i calunniatori. Ma poi, quando i nemici del parroco gli dissero che Grandier oltre ad essere indemoniato aveva scritto un pamphlet contro il cardinale Richelieu,prese ben altre mosse.
Oltre alle accuse delle diciassette monache, a quelle dei preti, dei carmelitani e dei cappuccini che scrivevano contro Grandier, si sommò anche l’accusa di aver criticato il potere regio.
Richelieu e il potere
La macchina da guerra contro il parroco stava assumendo sempre più valenze politiche. Richelieu, uomo scettico per natura, per tutto il corso del suo mandato prese a cuore solo questo caso di stregoneria e lo fece probabilmente per i seguenti motivi: 1)quando era vescovo, il parroco gli fece lo sgarbo della precedenza alla processione; 2)per la questione religiosa faceva gioco al cardinale togliere i privilegi alla città di Loudun per portarli alla sua città natale, Richelieu; 3) resuscitare l’Inquisizione durante la guerra dei Trent’anni era utile per rafforzare il potere assoluto, così come usare la superstizione come capro espiatorio; questo piano però falli, perché i francesi furono meno creduloni del loro re Luigi XIII.
Grandier sotto accusa
Le monache, dopo mesi di normalità e apatia, capirono che se la loro farsa fosse stata scoperta avrebbero subito una condanna per menzogne e sarebbero finite molto male. Il convento nel frattempo si era svuotato, e loro erano ritornate povere.
Al ritorno di Laubardemont ripresero quindi la loro farsa, e dietro comando vomitavano contro Grandier tutte le accuse che lo zelante segretario di Richelieu desiderava.
Il povero parroco fu accusato di praticare sabba e di essere un’opera del demonio. Laubardemont, per impedire che il parlamento di Parigi rispondesse ai ricorsi praticati da Grandier, intervenne in prima persona. In un consiglio dei ministri del dicembre del 1633 impose, con l’accordo del re, di esautorare i parlamenti e i giudici. Quindi Richelieu spinse il re a scavalcare la legge, e procedere senza indugio contro il parroco per portarlo al rogo.
Se interrogato, il diavolo dice il vero
Contro il povero parroco furono stravolte tutte le leggi e tutte le teologie. Venne addirittura usata una sentenza teologica che recitava testualmente: se il diavolo è interrogato opportunamente dice la verità, e può essere creduta come verità divina. Nel 1610 un comitato di teologi si era espresso ufficialmente contro questa credenza, ritenendo che il diavolo fosse malvagio sempre e comunque e quindi menzognero, ma pur di incriminare Grandier non fu tenuto conto di nulla: né dei teologi, né dei magistrati.
A questo punto le accuse divennero totali. Jeanne des Anges e le altre diciassette monache giurarono di essere state portate ai sabba da Grandier e di avere avuto con lui rapporti sessuali. Ogni giorno facevano il giro di Loudun e davanti a tutte le chiese recitavano la parte delle indemoniate: lo spettacolo era tale che, per mesi, tutti gli alberghi della città furono pieni di turisti.
Jeanne des Anges superava tutte le altre monache in questa farsa, arrivando addirittura, durante gli esorcismi, a vomitare ostie diaboliche, cuori di bambino e sperma di Grandier.
Tutte le accuse venivano registrate in duplice copia e controfirmate da Laubardemont per il cardinale, in modo che tutto avesse valenza di legge. Una delle indemoniate, durante una interrogazione, disse che Laubardemont era cornuto: questo fu verbalizzato e il segretario del cardinale firmò la carta senza leggerla, facendo la figura del fesso.
Jeanne disse che c’erano dei segni per stabilire senza ombra di dubbio che Grandier era il demonio: all’epoca si credeva infatti che chi era in combutta con satana fosse insensibile alle punture. La priora indicò 5 punti, e fu chiamato a verificare sul corpo di Grandier un medico di Loudun che anni prima era stato bersaglio delle arguzie del parroco. Inutile dire che il medico si vendicò. Quando si scoprì che aveva falsificato le prove la cosa fu messa a tacere, e Grandier rimase sempre avvinghiato nella spirale della morte.
I diavoli nelle suore
Nel Malleus Maleficarum viene asserito che i demoni non possono invadere la volontà e l’intelligenza, ma solo il corpo e quelle facoltà mentali che sono più strettamente associate al corpo. In molti casi i demoni non posseggono neppure tutto il corpo dell’indemoniato, ma soltanto una piccola parte di esso: un singolo organo, uno o due gruppi di muscoli o di ossa. Piliet de la Mesnardière, uno dei medici personali di Richelieu, ci ha lasciato un elenco di nomi e di luoghi di dimora di tutti i demoni che parteciparono alle possessioni di Loudun. Leviatano, egli ci dice, occupò il centro della fronte della priora; Beherit si era stabilito nello stomaco; Balaam sotto la seconda costola destra; Isacaaron sotto l’ultima costola sinistra. Eazaz e Caron vivevano rispettivamente sotto il cuore e nel centro della fronte di suor Luisa di Gesù e suor Agnès de La Motte. Baracé aveva Asmodeo sotto il cuore e Beherit nell’orifizio dello stomaco. Suor Claire de Sazilly ospitava sette demoni nel suo corpo: Zabulon nella fronte, Nephtali nel braccio destro; Sans Fin, alias Grandier delle Dominazioni, sotto la seconda costola destra; Elimi da una parte dello stomaco; il Nemico della Vergine nel collo; Verrine nella tempia sinistra e Concupiscenza dell’Ordine dei Cherubini, nella costola sinistra. Suor Serafica aveva una stregoneria nello stomaco, costituita da una goccia d’acqua custodita da Baruch o, in sua assenza, da Carreau. Suor Anne d’Escoubleau aveva una magica foglia di crespino nello stomaco affidata ad Elymi, il quale sorvegliava simultaneamente la damaschina purpurea nello stomaco di sua sorella. Tra le converse indemoniate Elizabeth Blanchard aveva un diavolo sotto ciascuna ascella, ed un altro di nome Carbone d’Impurità nella natica sinistra. Altri ancora erano alloggiati sotto l’ombelico, vicino al cuore e sotto il capezzolo sinistro.
Dalle numerose residenze nel corpo delle loro vittime, i diavoli si avventuravano, uno per volta, a lavorare sugli umori, le tendenze, i sensi e la fantasia. In tal modo potevano influenzare la mente, anche se erano incapaci di possederla.
Il pentimento delle suore
Passarono i mesi e le suore tutti i giorni recitavano la loro scena, esibendosi in salti e piroette come majorette ante litteram e mostrando le gambe per lo spettacolo del pubblico. Gli studiosi però erano scettici, perché sebbene possedute non levitavano né erano in grado di leggere nel pensiero: i diavoli si limitavano a far dire loro solo parolacce.
Stanche di tutto questo, e prese dal rimorso per quanto stava accadendo a Grandier, incominciarono a pentirsi e ad accusare gli esorcisti, ma ormai era troppo tardi. La priora un giorno si buttò ai piedi dello spietato accusatore confessando tutte le menzogne dette, poi scappò e cercò di impiccarsi. I disegni del cardinale però non contemplavano ripensamenti, e le suore divennero ora vittime degli esorcisti: era il diavolo a far gridare loro l’innocenza di Grandier.
La fine di Grandier
Il potere del Cardinale era totalitario, sopra le leggi e sopra la morale. Bypassando l’editto di Nantes, fece vessare Protestanti e Ugonotti a Loudun. Magistrati e parlamentari si opposero invano al processo farsa.
Nel giugno 1634 l’inchiesta fu conclusa: furono raccolti 13 magistrati compiacenti in altre città, con fatica perché nessuno voleva essere complice di un crimine. Grandier fu torturato, maciullato, ma nulla poté muoverlo a firmare la sua colpevolezza: anzi, gli interrogatori dovettero esser fatti a porte chiuse, perché quando parlava tutti si rendevano conto dell’enorme ingiustizia che stava subendo.
Il 18 agosto del 1634 Grandier fu messo al rogo. Dopo una processione, davanti alle migliaia di turisti venuti per lo spettacolo, nella più grottesca e macabra messa in scena senza alcun rispetto per la persona, il parroco di Loudun fu issato su una catasta di legna e arso vivo mentre gli esorcisti e i frati cappuccini urlavano con la bava alla bocca: “dicas!” “dicas!” perché l’accusato confessasse, ma invano.
Surin il gesuita
Morto Grandier, i diavoli non mollarono le invasate. Il cardinale aveva bisogno di dare al pubblico prove inconfutabili della presenza del demonio e fece chiamare dei gesuiti per gli esorcismi. I gesuiti non erano ignoranti zotici come i preti di Loudun, quindi erano autorevoli.
Jeanne, la priora, per tutto il 1635 dette il meglio di sé come indemoniata: dapprima con una gravidanza isterica, finita nel nulla,e poi con una nuova idea: diventare beata come Santa Teresa D’Avila, tramite flagellazioni, cilicio e quant’altro.
A corroborare tutte queste pazzie venne il gesuita Surin, considerato quasi un asceta, nonché un intelligente religioso: peccato fosse stupido tanto da farsi indemoniare anche lui e diventare un pagliaccio per il popolo finché fu richiamato.
Tuttavia, tramite Surin la priora trovò la sua strada per gabbare il mondo e perseguire la beatitudine tramite estasi e apparizioni: i diavoli le incisero anche i nomi sui palmi delle mani; infine Jeanne arrivò fino in punto di morte e poi “risorse” grazie a un unguento divino portato da San Giuseppe, che le salvò la vita bagnandogli la camicia.
Conclusione
Guarita grazie al miracolo, suor Jeanne compì un lungo tour per la Francia: prima a Parigi, dove fu ricevuta dal Cardinale Richelieu che prese la camicia tra le mani come una reliquia, poi dalla regina che era incinta di Luigi XIV. Il popolo era estasiato, e la priora doveva rimanere al suo cospetto dalle 4 di mattina alle 10 di sera mostrando i palmi delle mani e la camicia. Dopo una serie interminabile di visite fece ritorno a Parigi per stendere la camicia sul ventre della regina durante il parto del futuro Luigi XIV.