Il teatro diventa un fenomeno sociale vasto testimoniato dalla ricca e molteplice produzione, dalla costante presenza nella società ed a corte che protegge gli uomini di teatro come Molière. Si forma una cultura teatrale ampia che vede nascere parecchie discussioni di merito, il teatro diventa una battaglia delle idee.
L’evoluzione teatrale segue questo percorso: da prima si assiste al passaggio da opere irregolari, definibili barocche come la tragicommedia e la pastorale, a opere di impronta classicista, tragedie regolari composte secondo le norme delle tre unità aristoteliche.
In un secondo momento la commedia, allontanandosi dalle forme popolari, raggiunge una definitiva dignità di genere, affiancandosi al nascente romanzo nella rappresentazione viva e immediata della realtà.
La tragedia nel teatro barocco francese
Alla fine del secolo XVI entra in crisi il modello della tragedia umanistica e si impongono nuove forme di rappresentazione: la tragicommedia e la pastorale. La tragicommedia si caratterizza per il lieto fine e soprattutto per il carattere romanzesco degli intrecci. L’amore è il principale argomento ma abbondano le peripezie. La pastorale, non sempre distinguibile dalla tragicommedia, mette in scena un idillio fra pastori in un quadro agreste. L’intreccio è costante: due giovani si amano e il loro amore trionfa dopo varie peripezie, I modelli sono italiani (l’Aminta del Tasso, Il pastor Fido del Guarini). Pervase spesso da un’atmosfera magica o fiabesca soprattutto per lo studio attento della psicologia amorosa.
Verso il 1630 Jean Mairet propone la ripresa rigorosa delle regole aristoteliche. Mairet afferma che il rispetto delle regole è alla base della buona riuscita degli autori italiani che egli assume come modelli: unità di azione, unità di tempo e unità di luogo consentono di conseguire le convenienze che sono alla base della «nobile dignità» che dovrà costantemente improntare la tragedia.
Pierre Corneille (1606-1684), educato in un collegio di gesuiti, compì ottimi studi latini appassionandosi a Seneca e Lucano. Nella prima fase della sua produzione si indirizza alla commedia: è del 1636 L’illusion comique, opera singolare in cui si mescolano elementi magici e realistici, burleschi e patetici, mentre lo stratagemma della commedia nella commedia è l’occasione per riflessioni sulla natura del teatro. E però la tragedia Le Cid (1637) che gli dà immediata popolarità. L’argomento deriva da un dramma spagnolo, Las mocedades del Cid (Le prime gesta del Cid, 1631), di Guillén de Casro: Rodrigo de Bivar per vendicare l’onore di suo padre, ha dovuto uccidere in duello il padre di Quimena, la donna che egli ama. Quimena deve esigere dal re la morte di colui che ama ma da questa duplice prova l’amore di Rodrigo e Quimena uscirà ingigantito. L’opera è importante per due motivi: delinea quello che sarà il tema dominante delle tragedie di Corneille, ovvero il conflitto fra la passione amorosa e il senso dell’onore, d’altro canto divenne occasione di una vivace polemica. Addirittura Richelieu invitò l’Académie française ad esprimere un giudizio definitivo, che in Les sentiments de l’Académie sur la tragicomédie du Cid definisce che l’opera era effettivamente irregolare ma conservava la capacità di piacere.
Con Jean Racine (1639-1699) il processo di revisione classicistica del teatro francese si compie. La separazione del tragico dalle circostanze della vita giornaliera e umano-creaturale fu attuata in modo radicale. Dice Racine: Un’azione semplice, gravata di poca materia quale dev’essere un’azione che si svolge in un sol giorno e che, procedendo per gradi verso la sua conclusione, non è sostenuta che dagli interessi, dai sentimenti e dalle passioni dei personaggi.
Racine era stato educato nel clima giansenista di Port-Royal. A tale formazione vanno ricondotte sia la conoscenza della cultura greca sia la tendenza al pessimismo circa la capacità dell’uomo di salvarsi per forza di volontà. Giansenismo e senso «greco» della fatalità contribuiscono a delineare la figura dell’eroe raciniano la cui insolubile crisi passionale ha spesso esiti distruttivi.
In Andromaque (1667) la passione amorosa spinge i protagonisti ad azioni ignobili per poi precipitarli nella rovina. La passione amorosa si configura, dunque, come una forza irresistibile più forte della ragione, capace di trasformarsi in odio e di provocare la morte dell’oggetto amato. Britannicus (Britannico, 1669) conferma il ruolo centrale che andava assumendo nella drammaturgia del secolo la figura del monarca. La tragedia rappresenta le prime manifestazioni di ferocia da parte di Nerone che, per brama di potere e per gelosia, fa uccidere il fratellastro Britannico. Anche qui l’amore si accompagna al delitto.
In Phèdre (1676) l’amore mostra le sue caratteristiche di passione divorante, devastatrice, e che si determinano, al più alto livello, le caratteristi che del «tipo raciniano». Derivata dall’ippolito di Euripide, la tragedia ha per soggetto l’amore di Fedra, moglie di Teseo, per il figliastro Ippolito. Dopo aver meditato il suicidio, Fedra osa dichiarare a Ippolito il suo amore.
La commedia nel teatro barocco francese
Jean-Baptiste Poquelin (1622-1673), educato nel collegio dei gesuiti di Clermont e addottorato alla facoltà di Diritto di Orléans, nel 1643 decise improvvisamente di diventare attore, assunse il nome di Molière e fondò a Parigi assieme all’attrice Madeleine Béjart la compagnia del Théàtre, composta da dieci attori. Fallita questa compagnia si associò all’affermata compagnia di Dufresne e al suo seguito percorse per dodici anni la provincia francese finché, ottenuta la protezione di Monsieur, fratello del re, rientrò a Parigi.
Il grande successo fu ottenuto con Les précieuses ridicules (1659), una satira del «preziosismo» che caratterizzava i salotti femminili. Nell’opera si mostrano già elementi di rinnovamento rispetto alla tradizione comica. Essa infatti, pur mantenendo procedimenti tipici della farsa, si fonda su un preciso intento satirico, inaugurando la tendenza alla (comédie de moeurs). Con l’insuccesso della commedia eroica Dom Gar de Navarra ou le prime jaloux Molière si dedica esclusivamente alla commedia per elevarla a una dignità pari a quella della tragedia.
La rappresentazione della Scuola delle mogli fu un tal successo che Molière ottenne la protezione di Luigi XIV che accordò una pensione. Inoltre, in risposta agli attacchi, l’autore enunciò le sue idee sulla commedia nellaCritique de l’école dos femmes, dando inizio alla cosiddetta «guerre comique», una disputa che risultò l’equivalente, sul terreno del comico, della «querelle du Cid». Molière enuncia la serietà delle sue intenzioni: si tratta di dipingere la natura umana, intento che sarà perseguito attraverso la critica spietata dell’ipocrisia e delle viziose imitazioni della virtù.
Polemiche aspre suscitò la rappresentazione di Tartuffe ou l’Hypocrite a Versailles nel 1664: il protagonista è un ipocritca che cela sotto l’apparente ossequio alla religione i suoi intenti di arrivista. Lo stesso arcivescovo di Parigi ottenne dal re l’interdizione della commedia, che poté essere rappresentata solo in privato dinanzi a Monsieur, l’antico protettore di Molière. La Cabale des devots ottenne anche l’interdizione, dopo poche rappresentazioni, della successiva opera di Molière: Dom Juan (Don Giovanni, 1665).
Un tentativo di riproporre, con alcuni rimaneggiamenti, Tartuffe con un nuovo titolo, Panulphe ou l’imposteur(1667), provocò una nuova interdizione e addirittura la scomunica degli spettatori da parte dell’arcivescovo di Parigi. Gli intenti di satira sociale appaiono attenuati nelle opere seguenti: Anfitrione, Georges Dandin eL’avaro tutte del 1668. Nel 1669, forte dell’appoggio del re, Molière poté finalmente far rappresentare pubblicamente Tartuffe ou l’imposteur, noto anche come secondo Tartuffe. Più di cinquanta rappresentazioni consacrarono il successo dell’opera e la vittoria di Molière in una lotta che era durata cinque anni.
Nell’ultimo periodo della produzione scrisse, in collaborazione con Jean Baptiste Lully, la «commédie-ballet» Le bourgeois gentilhomme (1670), del 1672 è l’ultima grande commedia di costume, Les femmes savantes, satira della pedanteria alla moda negli ambienti delle gran dame. L’ultima opera, Le malade imaginaire (1673), è una «comédie-ballet» in cui Molière riprende uno dei suoi bersagli preferiti: la fallace scienza dei medici. Durante la quarta rappresentazione Molière si sentì male e morì poche ore dopo.
Per approfondire la "comèdie ballet" : L'età d'oro di Versailles