Il Marchese del Grillo
Scritto da Laura Savani. Pubblicato in mirabilia
Nella tradizione popolare la figura leggendaria del marchese del Grillo riunisce in sé le gesta burlesche di vari personaggi.
Esiste un archetipo seicentesco incarnato nel duca Giuliano Cesarini, morto nel 1613. Su di esso si sovrappone il settecentesco marchese Onofrio del Grillo che aveva un suntuosa residenza alla Piazzetta del Grillo, presso Tor de’ Conti, spirito bizzarro di libertino buontempone.
C’era anche un duca Grillo di Genova che dimorava spesso a Roma, altro tipo strambo che aggiunse le proprie imprese a quelle della figura già leggendaria.
Un atavico antisemitismo
Il marchese incarna la vena beffarda e “impunita” del gusto romanesco che s’intetizza in sé l’atavica avversione religiosa e raziale, dei romani verso gli ebrei, relegati per secoli in quella mezza colonia penale che era il ghetto.
Nel Marchese del Grillo è messo a fuoco questo inveterato antisemistismo, inevitabilmente accresciuto dall’artificioso isolamento dei “giudii”, messi al bando dalla comunità dei cristiani come rinnegatori di Cristo, isolamento che accentuò nei secoli le differenze di religione, di cultura, di usanze, di sentimenti fra la maggioranza cristiana e la minoranza ebraica.
Contro gli ebrei è rivolta la maggior parte delle burla del marchese, di dubbio gusto, se si pensa che la più celebre è quella delle pigne.
Dalle finestre del suo palazzo il burlatore di Roma si divertiva a fare il tiro a segno sulla testa di qualsiasi ebreo passasse sulla strada, e siccome molti ebrei si erano lamentati presso il papae questi aveva pregato il marchese di non tirare oggetti vari, ma solo frutta, il furbacchione cominciò a tirare le pigne attenendosi così agli ordini del pontefice.
E così il "giudio", nel teatro popolare romano, finì con il diventare una "maschera" farsesca, da Commedia dell'Arte, come il Norcino, il Brigante, la Ciociara, lo stesso Rugantino.
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