Carlo di Castellamonte (Torino 1560-1641), dopo aver studiato a Roma, fece ritorno a Torino dove fu allievo di Ascanio Vitozzi, del quale fu in seguito collaboratore nella costruzione della Madonna di Vico nel 1598, mentre nel 1602 progettò l'Eremo dei Camaldolesi a Torino. Sempre nel 1602, Carlo Emanuele I gli accordò un posto nella sua guardia, senza obbligo di servizio, e due anni dopo gli affidò il progetto della chiesa dell'Arciconfraternita del SS. Sudario dei Piemontesi a Roma.
Nel 1615, Castellamonte divenne Primo Architetto di corte del duca di Savoia Carlo Emanuele I proseguendo il programma, voluto dal duca stesso e iniziato dal maestro Vitozzi, il quale mirava a dare a Torino il volto edilizio e urbanistico di una capitale. Si deve a lui il progetto di ampliamento di Torino noto come Città Nuova, volto a recuperare sul lato meridionale uno spazio da collegare a piazza Castello, con la continuazione della via Nuova (oggi via Roma, 1621) e il progetto della piazza Reale (oggi San Carlo, 1637), ispirata a modelli francesi e romani, con le due chiese simmetriche di San Carlo e Santa Cristina, quest’ultima progettata in collaborazione con il figlio Amedeo.
Sono numerosi gli interventi in castelli e ville reali, quali il castello di Mondovì, il castello di Rivoli (1633), poi completato da Filippo Juvarra, la trasformazione del castello del Valentino, iniziato nel 1633 e completato dal figlio Amedeo in stile francese con un alto tetto acuto nel 1663, la villa della Regina a Torino ed il castello reale di Moncalieri, entrambi in collaborazione col figlio Amedeo.Al 1639, risale il suo intervento a Palazzo Madama, dove la reggente stava trasferendo la sua residenza, in cui l’architetto ricava un atrio-salone, destinato ad ingresso nobile e ad un ambiente di parata.
Castellamonte fu anche scenografo per gli spettacoli allestiti tra il 1606 ed il 1607 nel salone di palazzo Madama. Fu autore, nel 1619, della costruzione temporanea al Moncenisio per il torneo La presa di Rodi, in occasione delle nozze di Vittorio Amedeo, e della provvisoria porta Nuova a Torino. Tra gli apparati effimeri da lui progettati vanno menzionati anche il carosello Il trionfo delle allegrezze del mondo, allestito in piazza Castello a Torino, per la nascita di Francesco Giacinto (1632) e probabilmente l'addobbo della Cattedrale per le esequie di Vittorio Amedeo I (1638).
Amedeo di Castellamonte (Torino 1610-1683), dopo gli studi in legge, intraprese la carriera di architetto a fianco del padre Carlo, di cui continuò l’opera come architetto e ingegnere ducale. Il suo primo lavoro è del 1633, al castello del Valentino. Nel 1639, gli vengono conferite le patenti d'ingegnere ducale, confermate nel 1641 e nel 1656. Con tale mansione, Amedeo svolse una vasta attività di progettazione e controllo sui cantieri ducali dando prova di un notevole talento urbanistico, occupandosi sia di architettura civile che militare. A lui si deve infatti il progetto del secondo ampliamento della città di Torino verso il Po, mediante l’apertura del lungo asse porticato della via di Po, a partire dal 1673, per volere di Carlo Emanuele II. In tale occasione, la piazza del Castello viene investita della funzione di fulcro generatore di un'incisiva riorganizzazione formale e dimensionale, che si estende alle aree limitrofe. Dietro i regolari fronti porticati, si dislocano i luoghi destinati all'amministrazione dello Stato e alle istituzioni, quali l'Accademia militare, inaugurata nel 1680. A lui si deve inoltre la riplasmazione nelle attuali forme del palazzo Ducale (poi Reale) di Torino e dell'area urbana antistante, nel 1646, per volere di madama reale Maria Cristina e completata nel 1660. Amedeo realizzò inoltre, nel 1658, la facciata con il corpo centrale fiancheggiato da due laterali più elevati, con il relativo collegamento alla piazza Castello.
Sempre nella città di Torino intervenne nel convento e nella chiesa di San Salvario, nell’ospedale Maggiore di San Giovanni Battista e nella chiesa di San Francesco di Paola, con la realizzazione dell'altare maggiore. Ancora a Torino vanno ricordati i numerosi interventi per diversi palazzi nobiliari, tra i quali palazzo Lascaris, palazzo Coardi di Carpeneto, palazzo Ferrero d’Ormea, palazzo Gonteri di Cavaglià e palazzo Isnardi di Caraglio.
Amedeo avviò inoltre, tra il 1658 e il 1660, il cantiere della reggia di Venaria voluta da Carlo Emanuele II. L’architetto plasmò il borgo di Venaria, il palazzo con i suoi servizi, i giardini e i boschi di caccia (ciò che oggi è il parco de La Mandria) in un unicum di scenografie architettonico-ambientali in modo da creare grandioso complesso monumentale governato da un solo asse di simmetria, ancor oggi ben identificabile nella via Maestra dell’abitato. Venaria Reale non nasceva infatti come una residenza a sé stante, ma come un complesso articolato, in cui la parte civile si integrava con quella di corte per poi confluire, senza soluzione di continuità, con quella naturale.
La sua vasta attività nelle residenze sabaude riguarda il castello del Valentino, la Vigna della Madama Reale, il castello di Moncalieri e, probabilmente, quello d'Agliè. Nel 1680, progetta il nuovo ospedale San Giovanni Battista, ma non lo finisce.
Sono inoltre numerosi i progetti di fortificazioni e di apparati effimeri per celebrazioni connesse a eventi dinastici, così come il contributo progettuale ad altri dibattiti architettonici in corso in questi anni, quali la realizzazione di una cappella per ospitare la Santa Sindone, in seguito ripensata e realizzata da Guarino Guarini, e il primo progetto di ampliamento di piazza Carlina, immaginata come place royale a pianta ottagonale.