Veronica Cybo Malaspina
Scritto da Laura Savani. Pubblicato in mirabilia
Veronica Cybo rappresenta quanto potesse esser strana e contradditoria la vita delle donne; feroce e crudele ma pia e religiosissima il suo nome è tristemente famoso per un fatto di sangue che sconvolse la Firenze del XVII secolo.
Nata a Massa di Lunigiana il 10 dicembre del 1611 e figlia del duca Carlo I Cybo-Malaspina di Massa e della genovese Brigida di Gannettino Spinola, Veronica apparteneva ad una famiglia potente e molto temuta. Non era bella e possedeva un carattere duro e altezzoso.
Per interessamento di Maddalena d’Austria, vedova del granduca Cosimo II dei Medici, la mano della quindicenne Veronica fu promessa a Jacopo Salviati, erede delle terre di San Giuliano, nella campagna romana, e consigliere del granduca Ferdinando II.
La coppia si stabilì a Firenze ed il matrimonio fu fin dall’inizio infelice; Jacopo trascurava e tradiva la moglie, ritenendola poco avvenente. Era bello e vanitoso con un forte debole per le belle donne. La notte amava frequentare le cosidette “buche”, locali frequentati solo da uomini. E fu frequentando la “buca” in Borgo Pinti che il Salviati conobbe e si innamorò della bellissima Caterina Brogi che abitava lì nei pressi, sola e con una vecchia fantesca. Aveva 23 anni ed era figlia di un tintore casentinese. Sposata con il bruttissimo e ricco Giustino Canacci di cinquant’anni più vecchio, Caterina viveva separata da quell’orribile marito e divenne l’amante di Jacopo.
Una fosca vicenda nellaToscana del Seicento
Veronica Cybo venne presto a conoscenza di questa relazione. Gelosa del marito ed orgogliosa com’era meditò sin da subito vendetta. La causa scatenante di ciò che avvenne poi, fu l’incontro delle due rivali, all’interno della chiesa di San Pier Maggiore, durante il Vespro. Fiorenza Alemanni, fedele amica di Veronica indicò alla duchessa l’amante di Jacopo. Alla fine della funzione Veronica affrontò Caterina che per nulla spaventata la derise sfacciatamente davanti a tutti. Accecata dall’odio e umiliata pubblicamente la Cybo decise di eliminare la rivale. Assoldò due sicari, che pagò profumatamente ed entrò presto in contatto con i figliastri di Caterina, Bartolomeo, Francesco e Giovanni, che detestavano la matrigna. Con la loro complicità, mise a punto il suo diabolico piano.
La notte dell’ultimo dell’anno del 1633, Bartolomeo Canacci , seguito dai due sicari, bussò alla porta della matrigna. L’anziana fantesca, Maria di Scarperia, riconosciuto Bartolomeo, aprì ignara e tranquilla la porta e venne immediatamente uccisa. Due guardie, messe dal Salviati a vegliare la casa dell’amante, fuggirono vigliaccamente trovando riparo in una casa di piacere lì nei pressi e da una finestra assistettero a quanto avvenne. Raggiunta nella sua camera da un certo Uguccione da Massa, Caterina venne brutalmente uccisa nonostante il suo stato di gravidanza e fatta letteralmente a pezzi; i suoi poveri resti vennero sparsi per tutta Firenze assieme a quelli della cameriera; in parte finirono nelle fognature e parte in un pozzo. Solo la testa venne conservata.
L’indomani, il primo dell’anno del 1634, era usanza che le mogli donassero al marito una cesta contenente biancheria ricamata e possiamo immaginare l’orrore del Salviati nello scoprire nella cesta, la testa della sua bellissima amante.
Non conosciamo la reazione di Jacopo nei confronti della moglie. Sappiamo solo che questi si rivolse direttamente al Granduca. Per quest’efferato delitto solo Bartolomeo venne giustiziato. Gli altri membri della famiglia Canacci vennero rimessi in libertà senza nemmeno essere giudicati.
Sulla vita di Veronica, dopo questi fatti di sangue, sappiamo ben poco. Il suo gran nome la salvò dal processo ma venne ripudiata dalla famiglia e confinata nella Villa di S. Cerbone (dove si dice si manifesti il suo spettro). Si trasferì poi a Roma in Palazzo Salviati e qui mori, molto anziana ad 86 anni, il 10 settembre del 1691. Venne sepolta nel duomo di Massa dove c’è ancora la sua tomba, considerata per molto tempo luogo di preghiera per via della vita pia e religiosa che condusse.
La vicenda venne riportata da un cronista, il conte Morbio, trent’anni più tardi mentre in epoca ottocentesca, Domenico Guerrazzi scrisse un romanzo sulla fosca figura di Veronica Cybo, “La Duchessa di S. Giuliano”.
Oggi all’Ospedale di Serristori (che un tempo fu la Villa di S. Cerbone), c’è una lapide che commemora questa fosca vicenda e sono in molti a sostenere che l’anima inquieta della Duchessa di San Giuliano si manifesti in quella che un tempo fu la sua dimora.