L’oratorio di S. Cristoforo, fu costruito su progetto di Domenico Valmagini architetto luganese al servizio della corte farnesiana. Il cantiere, avviato a partire dal 1687 si concluse tre anni dopo e inaugurato il 30 ottobre 1690 con l’intitolazione ai Santi Cristoforo e Silvestro.
L’oratorio, che conserva uno dei più sfolgoranti apparati pittorici integri di Piacenza fra Seicento e primo Settecento, era sede della Confraternita della Morte ove nel Cinquecento forniva gratuitamente il servizio funebre agli indigenti.
L’ingresso ideato da Domenico Valmagini è una suggestiva impostazione per angolo che induce a ipotizzare una fase collaborativa del Bibiena nel momento progettuale. Si spiegherebbe la novità della soluzione adottata dall’architetto a fronte di un'area urbana densamente edificata. La soluzione “per angolo” ideata per l’ingresso all’oratorio e per il campanile, inedita a Piacenza, rimanda alle coeve rivoluzionarie sperimentazioni condotte da Ferdinando Bibiena dapprima nel settore della quadratura, quindi sulle scene in teatro, e la precoce messa a punto della"veduta per angolo" nella decorazione a quadratura dell’oratorio del Serraglio a S. Secondo Parmense compiuta tra il 1685 e il 1687.
Il piccolo edificio, a impianto centralizzato con campanile per angolo, presenta una austera facciata. Vi si apre un unico ingresso dal ricercato disegno e la conclude da una trabeazione a timpano modanato contenente un leggero cartiglio inscritto.
La decorazione a quadratura della cupola, il cui effetto di grandiosità e di artificio scenografico sono straordinari, fu realizzata su progetto del Bibiena, nel 1690. Al ruolo centrale dell'architetto e scenografo bolognese, si affianca quello degli autori dell'apparato plastico che orna l'edificio, Cristoforo Appiani e Paolo Frisoni. All'Appiani si devono i morbidi stucchi in una sequenzialità armonica nel parato di una struttura architettonica interferente tra interno e esterno, in cui coretti, chiavi di volta, cornici ribadiscono la volontà programmatica di un disegno operativo assolutamente integrato. Sono stucchi bianchissimi, il cui disegno si rivela di ascendenza lombarda. Del resto era prassi consolidata che anche a Piacenza le principali botteghe di stuccatori in età farnesiana fossero composte da maestranze lombarde o di provenienza nordica.
L'iter decorativo non si concluse dunque con l'esecuzione dell'apparato plastico, né con la collocazione sugli altari della cappella di sinistra e centrale delle tele di Robert De Longe, raffigurante La Madonna e S. Gregorio e di Giovanni Ambrogio Besozzi, autore de La Madonna tra S. Silvestro e S. Cristoforo. Un inventario del 1773 registra inoltre la presenza di un "quadro ovato con cornice e cimasa addorata con vernice rappresentante San Carlo Borromeo", di due tele con Lo sposalizio della Vergine e La morte di S. Giuseppe nella stessa cappella ove era collocata la tela del Besozzi, e due quadri collocati nel santuario raffiguranti rispettivamente La predicazione di San Cristoforo e il Battesimo di Costantino.
Un mutamento sostanziale si attuò con la decorazione a fresco del presbiterio e del coro, ove l'interferenza fra quadraturista e pittore di figura ha determinato un modo di operare che qui segna uno dei momenti più alti della grande decorazione all'interno di uno spazio religioso. L'impaginazione pittorica della calotta absidale e delle pareti laterali, sulle quali gli angeli dipinti si proiettano nello spazio reale materializzandosi nello stucco, si sviluppa su una diversa dinamica compositiva. Alla rigorosa intavolatura prospettica propria della scuola bolognese e dei Bibiena, la decorazione scivola verso il puro ornato di superficie, sorretta da una tavolozza di toni più delicati e dall'uso di mensole, volute e cartigli non più predominanti. L'uso di un diverso linguaggio formale separa lo spazio del coro e quello del celebrante dallo spazio dei fedeli, sottostante la cupola affrescata da Bibiena, anche se la loro percezione è unitaria, pienamente comprensibile anche dal centro dell'edificio.
Differenziazione degli spazi e dell'espressione ornamentale, ma visione unitaria di un grande apparato celebrativo, teatrale nell'impiego dei due grandi drappi rossi che ricadono lungo l'arco trionfale.
La paternità del ciclo pittorico della zona presbiteriale resta tuttora da confermare. La cifra stilistica di leggere trame pittoriche dolcemente intervallate da morbidi inserti floreali in una preziosa versione rocaille, si avvicina a quella di Giuseppe Natali.
La gamma dei fiori in ghirlanda e delle foglie sfrangiate è riassunta in un'orditura libera e aerea, fresca per le tonalità impiegate. La gioconda maestria del pennelleggiare e gli stilemi qui profusi bene si apparentano a quelli del repertorio decorativo del Natali, ritenuto a ragione "iniziatore della felice e fervida stagione del quadraturismo settecentesco cremonese".
L’oratorio si trova a Piacenza in via Genocchi, angolo via Gregorio X ed è sede del gruppo Ciampi, per informazioni consultare il sito internet