Villa Pamphilj fu realizzata su una vigna di proprietà della famiglia Pamphilj al Gianicolo, per volere di Camillo Pamphilj e di sua moglie Olimpia Aldobrandini.
Il casino, uno dei più completi esempi di edifici barocchi, fu costruito subito dopo l'elezione di Innocenzo X nel 1644.
L'idea architettonica del Casino di Belrespiro, come veniva chiamato all'epoca, spettò ad Alessandro Algardi, anche se l'esecuzione fu affidata ad altri; il materiale da costruzione fu raccolto soprattutto da Villa Adriana a Tivoli, ma si reperirono anche marmi antichi nell'Urbe in chiese e vigne appartenenti alla famiglia Pamphilj.
Nel 1665 i lavori potevano dirsi finiti. Alle decorazioni della villa sovraintesero lo stesso Algardi, autore anche degli splendidi stucchi e Giovan Francesco Grimaldi, di cui rimangono quattro affreschi con Storie di Ercole nell'omonima sala al pianterreno.
L'esterno del casino si presenta come un blocco compatto articolato nel prospetto sud in tre piani ben delimitati, e in quello principale a nord in tre piani meno rilevati, scavati al centro da una grande e profonda arcata.
Tutta la superficie è scandita dai rilievi scarsamente aggettanti delle lesene, dalle nicchie ospitanti statue e dai fregi antichi inseriti a commento degli attici.
Nella facciata, quindi, il linguaggio architettonico della villa si rinnova seguendo però le strade già segnate da Pirro Ligorio nel casino di Pio IV e da Vasanzio a Villa Borghese, modificando questi prototipi in senso barocco.
All'interno invece, Algardi sperimentò un'architettura e una formula decorativa che non si stenta a definire neoclassica, per il compiuto e sapiente uso che l'artista fece dei modelli dell'antico.
Le sale del pianterreno, ispirate ad ambienti della Villa Adriana, sono rivestite da splendidi stucchi desunti da noti prototipi romani.
All'interno e all'esterno la villa era ricca di sculture, in gran parte oggi perdute, molte delle quali restaurate dallo stesso Algardi, che già si era mostrato esperto in tale settore operando sui marmi di Villa Ludovisi.
Parte delle sculture provenivano da un cimitero paleocristiano noto già dal XVII secolo.
Il giardino
Il giardino, il più grande che fino allora fosse mai stato realizzato a Roma, fu concepito dallo stesso Algardi esclusivamente come luogo di riposo e piacere, limitando al massimo le attività agricole che sempre si accompagnavano alle ville suburbane rinascimentali.
Giardino del teatro
Le siepi disegnate all'italiana si estendevano su terrazzamenti ai lati del casino, verso San Pietro e Monte Mario, ponendosi come belvederi verso la città da un lato e l'Agro romano dall'altro.
Attualmente l'edificio con il suo grande parco, proprietà fino alla metà di questo secolo degli stessi Doria Pamphilj, appartiene al comune di Roma, ma la Presidenza del Consiglio dei Ministri si è riservato l'uso del Casino del Belvedere e del giardino prospiciente.