Gli arazzi nel periodo barocco
Scritto da Francesca Santucci. Pubblicato in mobilia
Gli autori latini spesso nelle loro opere accennano all’esistenza nelle abitazioni di picturae textiles, magnificenti tessuti istoriati, decorati con figure, i cui centri di produzione furono in Oriente, anche se le loro descrizioni sono troppo generiche per comprendere se si trattasse proprio di arazzi quali li intendiamo ai giorni nostri. Ma è a partire dal XII secolo che ritroviamo documenti chiari sullo stile e la tecnica di fabbricazione dell’arazzo, termine etimologicamente derivante da Arras, la città francese, centro principale di quest’arte, che, insieme a Parigi, dominò nel campo a partire dal XIV secolo, imponendosi a tal punto da godere del primato in Europa, influendo, grazie alla clientela, sceltissima, costituita da sovrani e nobili, dame e gentiluomini, oltre che sull’espansione di quest’arte, anche sui soggetti da riprodurre.
Charles Le Brun, Alessandro davanti a Babilonia, dalle Storie di Alessandro,
Gobelins, ca. 1661-65. Parigi, Castello di Versailles.
Consapevoli del loro valore, gli arazzieri francesi offrirono la loro opera persino nelle corti dei ricchi signori stranieri, e nel XIV secolo soprattutto i centri di Arras e Tornai produssero in larga scala lavori pregevoli (anche opere tessili di minore impegno, come paramenti da coro, stendardi, tappeti da tornei, copriletto, tendaggi), ma nel XV secolo l’abilità e lo stile dei fiamminghi offuscarono il primato dell’arte francese, non solo per la qualità dei manufatti, tessuti con fili più sottili, pure d’oro e d’argento, ma anche perché per l’esecuzione dei cartoni si ispirarono a dipinti celebri (spesso ai capolavori dell’arte rinascimentale italiana, grandiosa e monumentale, ai soggetti mitologici, agli episodi del Vangelo ) e cominciarono a ricorrere a veri e propri pittori.
Nuovo impulso a quest’arte tipicamente francese (anche se non mancarono importanti manifatture, oltre che nelle Fiandre, anche in Italia) venne da Carlo VI, re di Francia, da Filippo l’Ardito, Filippo il Buono, Carlo il Temerario, ed altri celebri personaggi, che decorarono non solo le loro splendide dimore, ma anche le tende, con numerosi arazzi e preziosi tappeti, ma il rinnovamento in questo campo, già tentato da Francesco I nel XVI secolo, con l’istituzione di una manifattura a Fontainebleau e l’apertura di nuovi laboratori a Parigi, si attuò pienamente soltanto con il Ministro delle Finanze di Luigi XIV, Colbert, che diede un ordinamento “statale” a quest’industria, elaborando statuti e fissando paghe per i tessitori e stabilendo i prezzi degli arazzi, favorendone, così, la rinascita.
Colbert raggruppò, infatti, i tessitori parigini in un’unica manifattura, chiamata dei Gobelins dal nome degli antichi proprietari del terreno su cui venne installata; sotto la sorveglianza artistica del pittore Le Brun, la manifattura fu quasi esclusivamente impegnata nell’esecuzione di arazzi e di ogni sorta di altri paramenti per la reggia di Versailles. Eseguita su disegno del Le Brun, e molto nota, è una serie di arazzi sulla storia di Alessandro Magno, di un gusto un po’ retorico e magniloquente, ma che molto piacque al Re Sole.
Altre manifatture reali, la cui produzione era destinata alla vendita, vennero istituite da Colbert a Beauvais e ad Aubusson, che divennero centri dell’arazzeria.
L’interessamento di Luigi XV e di Luigi XVI, la sovrintendenza di pittori squisitamente rococò, come il Boucher, fecero sì che anche nel secolo XVIII le manifatture reali producessero opere estremamente eleganti e raffinate.
Dalla data di fondazione, nel 1667, la Manifacture Royale des Meubles de la Couronne,detta dei Gobelins, convertì in arazzi le più belle composizioni ideate dai pittori per glorificare il sovrano: i soggetti allegorico-celebrativi di Le Brun, come, appunto, le Storie di Alessandro, celebrarono, ad esempio, le imprese di Luigi XIV, considerato un novello Alessandro Magno.
Parigi, Musée du Louvre
In seguito alla morte di Le Brun, ci fu un'interruzione dell’attività, che riprese più vigorosa grazie all’operosità delle tre fabbriche dei Gobelins, di Beauvais e di Aubusson, che ridisegnarono un nuovo ruolo della manifattura degli arazzi francesi ed offrirono un nuovo gusto estetico: elemento d’arredo, l’arazzo fu, ora, concepito, non più soltanto per coprire enormi pareti, ma, incorniciato come se fosse un quadro, in competizione con la pittura, non solo per la ricchezza delle tematiche, ma anche per il perfezionamento delle tecniche di tessiture e per l’abbondanza e varietà delle tonalità cromatiche.
E ad ideare e disegnare i cartoni per gli arazzieri furono pittori affermati, come Boucher, direttore a Beauvais e poi dei Gobelins, che offrì i modelli per i galanti episodi raffigurati negli Amori degli dei (1734-37); come Charles Coypel, che fornì 28 cartoni per le scene del Don Chisciotte, in medaglioni istoriati contornati da elaborati motivi scultorei in trompe l'oeil, cominciati a realizzare a partire dal 1728; come C. Parrocel che, con L'ambasciata turca (1734-37), commemorò il pittoresco arrivo; come Goya che, per la corte spagnola, alla fine del 1774, cominciò a realizzare una nutrita serie di cartoni per arazzi, da eseguire alla Reale Arazzeria di Santa Bárbara, destinati all'arredo delle sale dell'Escorial e del Prado, illustrando scene di caccia e di schietto carattere popolaresco, temi ben diversi dall'accattivante repertorio francese, ma che, tuttavia, riuscirono ad imprimere un carattere di originalità alla manifattura madrilena, e che all’artista valsero il titolo, e la pensione, di pintor de cámara.
Francois Boucher, Nettuno e Animone, scene degli Amori degli dei, Beauvais, 1757.
Parigi, Musée du Petit Palais
Arazzo dei Gobelins (1703- 1704), Fanciulli fiorai, Firenze (Palazzo Pitti)- F.to Alinari
RIFERIMENTI
ARTE, Storia universale, Leonardo Arte, 1997, Milano
Xavier De Salas, Goya, Mondadori, 1978, Milano