Ordine e caos
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in neobarocco
I frattali, usatissimi nei film di fantascienza, sono oggetti indubbiamente affascinanti. Non sono belli in assoluto, ma sono stati valorizzati da un sentimento collettivo. Certamente possiedono un carattere in grado di essere valorizzato come estetico: il meraviglioso. Si tratta di oggetti fisici dalla forma irregolare, non riconducibile ala geometria euclidea. Sono casuali (nel senso che la loro forma è random, inserita nel calcolo delle probabilità), scalanti (la forma si ripete sempre uguale nell’insieme come nelle parti) e teragonici (hanno una forma poligonale “mostruosa”, con un enorme numero di lati). Sono dei mostri particolari, dotati di ritmo e ripetitività nonostante l’irregolarità; sono dovuti al caso, inteso però come variabile equiprobabile di un sistema ordinato. Rispondono perfettamente al gusto neobarocco della varietà, dell’instabilità, della mostruosità, del policentrismo.
Oggi sono molto comuni le ricezioni frastagliate: nello spettacolo del “Rocky Horror Picture Show” il pubblico guarda il film e allo stesso tempo lo riproduce in sala, spezzando il racconto con sottolineature, parodie, eccetera. Allo stesso modo, chiunque ha seguito almeno una partita di calcio abbassando l’audio del televisore e ascoltando la radiocronaca della Gialappa’s.
La percezione statica tradizionale non soddisfa più. L’estetica del caos è più adeguata alle giovani generazioni, fisiologicamente dotate del meccanismo necessario alla sua realizzazione e comprensione. Le mutazioni dei valori estetici hanno sicuramente anche una spiegazione generazionale.
Si può anche partire dal caos per cercare di tornare all’ordine: il labirinto è una complessità intelligente, bisogna infilarsi nei suoi meandri apparentemente caotici e trovare il filo di Arianna che ci condurrà all’uscita. Il labirinto fa provare il piacere dello smarrimento e il gusto di venirne a capo col ragionamento. Il suo intreccio produce meraviglia e richiede acutezza e astuzia per risolverlo. Nodo e labirinto sono figure tipiche di tutti i momenti barocchi della storia: le trovamo nella tarda latinità come nel tardo medioevo, nel manierismo e nel barocco propriamente detto.
Troviamo labirinti nei libri come “Il nome della rosa”, in film come “Shining”, in videogiochi come “Wolf” e suoi discendenti. Poi ci sono le strutture-labirinto come internet, una rete di nodi potenzialmente infinita. Ci sono labirinti nei telefilm: ogni finale di puntata scioglie l’intreccio e ci fa passare al livello successivo. In alcuni casi l’uscita del labirinto rimane nascosta a lungo e non si sa neppure se esista, perché il vero piacere è dato dallo smarrimento e dall’enigma: basti pensare a una serie come “Lost”, dove la soluzione finale del mistero, quale che sia, è probabilmente inferiore al mistero stesso.
Infine, anche quando usiamo il computer ci muoviamo in un labirinto: la maggior parte di noi utilizza i programmi conoscendoli solo in parte e si muove seguendo le istruzioni, rischiando a ogni passo di incappare in un errore fatale.