Gustavo Adolfo di Svezia
Scritto da Irene Marone. Pubblicato in società barocca
Un sovrano bellicoso
Gustavo Adolfo nacque a Stoccolma il 9 dicembre 1594 e suo padre, Carlo XI, lo preparò al trono sin dai primi anni di vita, sottoponendolo ad un durissimo addestramento militare.
A soli 16 anni Gustavo ebbe il primo incarico di comando ufficiale, guidando le truppe svedesi contro gli invasori danesi dell'isola di Gotland.
Quando, nel 1611, Carlo XI morì, il parlamento concesse al diciassettenne Gustavo di salire al trono anche se la giovane età, secondo la legge svedese, non glielo avrebbe consentito.
Per ricambiare il favore del Parlamento e la fiducia accordatagli, elesse nel 1612 in qualità di Alto Cancelliere del Consiglio reale Axel Oxenstierna, un personaggio molto gradito all'aristocrazia e all'alta borghesia.
Oxenstierna era stato formato presso le più prestigiose università del tempo, tra cui Wittemberg e Jena, e si dimostrò per tutto il regno di Gustavo Adolfo non solo un ottimo amministratore ma anche un abilissimo diplomatico, trattando tutte le condizioni di pace che seguirono ai numerosi conflitti portati avanti dal re.
Insieme alla corona Gustavo Adolfo ereditò i conflitti in corso contro gli scomodi vicini che da sempre minacciavano il regno di Svezia, ovvero Danimarca, Polonia e Russia.
Dapprima rivolse la sua potenza militare contro la Danimarca, con cui siglò la pace nel 1613. Per i successivi 4 anni fronteggiò invece il nemico russo, ottenendo una vittoria che ingrandì i territori svedesi e allo stesso tempo privò completamente i nemici dello sbocco sul mar Baltico. Altri otto anni di battaglie tra il 1621 e il 1629 determinarono la sconfitta della Polonia e l'annessione di nuovi territori sulle coste meridionali e orientali del Baltico.
Il“leone del Nord” nella guerra dei Trent'Anni
Nel 1630 Gustavo Adolfo, ormai noto come “leone del nord” per la sua aggressività e la sua soverchiante potenza militare, rivolse la sua armata contro la Germania e intervenne nella guerra dei Trent'anni per contrastare le mire espansionistiche del Sacro Romano Impero cattolico.
In qualità di sovrano protestante fu influenzato dal fattore religioso ma l'obiettivo principale fu quello di garantire la sicurezza dei vasti confini del proprio paese.
Dopo aver negoziato un'alleanza con la Francia che, seppur cattolica condivideva con la Svezia l'interesse a limitare il potere dell'Impero, Gustavo Adolfo sbarcò con un esercito di 16000 uomini sulla costa della Pomerania e riuscì a respingere le forze imperiali dal Baltico. Spingendosi nell'entroterra, il 17 settembre 1631 sconfisse le truppe del generale von Tilly nella battaglia di Breitenfeld, vicino Lipsia.
In seguito a quella vittoria, si diresse ad ovest ed occupò le fertili valli del Reno e del Meno. Dopo aver trascorso l'inverno a Mainz, si battè di nuovo con Tilly nella primavera del 1632 nella così detta battaglia della Baviera, in cui Gustavo trionfò e il generale imperiale fu ferito a morte.
Una morte da “leoni”
Il sostituto di Tilly, Albrecht von Wallenstein, riorganizzò l'esercito imperiale sconfitto in Baviera, guidandolo contro gli Svedesi in una serie di battaglie dall'esito incerto nei pressi di Norimberga.
Gustavo attaccò gli imperiali a Lutzen il 16 novembre 1632: le sue truppe giunsero sul campo alle 9 del mattino, ma l'attacco fu sferrato più di due ore dopo a causa del terreno accidentato e fangoso per la presenza di numerosi corsi d'acqua.
L'urto degli svedesi fu violentissimo e a nulla valsero gli aiuti portati alle truppe imperiali dagli uomini del generale Pappenheim, che aveva ricevuto a mezzanotte la richiesta d'aiuto di Wallenstein e da quel momento aveva marciato ininterrottamente per giungere sul campo il più presto possibile.
In uno scontro tra le opposte cavallerie, Gustavo Adolfo fu disarcionato da due colpi di moschetto: si sarebbe potuto salvare se agli imperiali che si erano avvicinati per prestargli soccorso non avesse risposto: Sono il Re di Svezia che suggella la religone e la libertà della Nazione Germanica con il suo sangue. I soldati, indignati, lo crivellarono di colpi di picche e il suo corpo, dilaniato e travolto dalle numerose cariche di cavalleria, fu rinvenuto sul campo di battaglia solo alcune ore dopo.
Malgrado la morte del loro comandante e sovrano, le disciplinate truppe svedesi infiammate da desiderio di vendetta si riorganizzarono sotto il comando di Bernardo di Sassonia-Weimar e, dopo una serie serrata di violenti attacchi, misero in fuga le truppe di Wallenstein e Pappenheim, regalando al “leone del Nord” la sua ultima, gloriosa vittoria.
Nonostante l'oculata amministrazione di Oxenstierna, che fu confermato come plenipotenziario con la facoltà di controllare le forze belliche e i territori svedesi nelle veci della giovanissima regina Cristina, il vuoto di comando lasciato dalla morte del re fu un durissimo colpo dal quale l'esercito non si riprese più: sfaldato e disorganizzato fu sconfitto dagli imperiali nel 1634 a Nordlingen.
Innovazioni e tecnologie d'avanguardia
Gustavo Adolfo sviluppò all'interno dell'esercito svedese concetti nuovi non solo per il suo paese ma che fecero da esempio per l'Europa intera: potenziò la catena di comando e istituì delle unità permanenti, prima del tutto quasi assenti, coordinando azioni integrate di fanteria, cavalleria e artiglieria ben rifornite e collegate tra loro.
Rese obbligatoria una leva di vent'anni per molti giovanissimi svedesi e impose al suo esercito alti standard morali, proibendo la bestemmia, la blasfemia, l'ubriachezza e il saccheggio.
In compenso gli uomini ricevevano una paga regolare e terre in concessione che durante le operazioni militari affittavano a mezzadri.
La classe militare in Svezia, contrariamente a quanto accadeva in altri paesi, era considerata stimata e rispettabile.
Gustavo si mantenne sempre al passo con lo sviluppo di nuove armi e pose migliorie a quelle già esistenti, sperimentando ad esempio picche di diverse lunghezze rivestite in acciaio, cosicchè le spade nemiche non potessero spezzarle a metà.
I moschettieri vennero alleggeriti e addestrati a sparare a raffica, invece di un colpo alla volta, com'era consuetudine: disposti su tre file, erano costretti ad esercitarsi finchè ogni fila era in grado di sparare all'unisono mentre gli altri ricaricavano.
Nelle batterie di artiglieria, Gustavo tentò di standardizzare al massimo il calibro dei cannoni, in modo da agevolare il rifornimento di munizioni, e le integrò all'interno delle schiere della fanteria e della cavalleria, affidandogli missioni di supporto. Di fatto, il suo innovativo concetto di squadra armata costituita da una combinazione di forze diverse d'appoggio reciproco è rimasto invariato fino ai conflitti dei giorni nostri.
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