Capire quanto fosse vasta, nel XVIII secolo, la gamma di strumenti che oggi siamo abituati a comprendere nel significato del termine denaro potrebbe apparire sorprendente. Da una parte, sotto certi aspetti, il concetto di denaro di allora è straordinariamente simile al significato attuale; dall’altro vi sono marcate differenze; basti pensare che solo dopo la Rivoluzione Francese si arrivò alla decimalizzazione dei sistemi monetari.
Nel settecento, con il termine denaro, si intendeva la moneta metallica, che rappresentava il principale veicolo per gli scambi e uno dei mezzi più importanti per accumulare ricchezza. Esistevano tuttavia due tipi di monete, quella “grossa” e quella “piccola”. La prima era battuta in oro e in argento ad elevato contenuto di metallo fino. In Europa si identificava, oltre che nel ducato d’oro di plurisecolare tradizione veneziana emesso in larga parte nell’Europa centro-orientale, anche in altre vistose monete auree, come la doppia, la quadrupla (quest’ultima nota con il nome più comune di doblone), la ghinea inglese.
In argento la moneta grossa trovava espressione in nominali oscillanti tra 25 e 32 grammi che a seconda delle nazioni, prendevano il nome di corona, tallero, 8 reali, scudo, piastra, ducato, filippo, francescone.
La moneta “piccola” era prodotta con leghe d’argento a basso tenore di fino oppure in rame e assumeva denominazioni molto varie in relazione alle aree di emissione: a Venezia, per esempio, comprendeva nominali quali la lirazza, il soldo (o marchetto) e il bezzo, quest’ultimo talmente presente nella tradizione monetaria della serenissima da divenire sinonimo di denaro in una grande varietà di locuzioni del linguaggio parlato.
La principale differenza tra la moneta grossa e quella piccola, non stava nella composizione metallica, quanto piuttosto nel fatto che non erano reciprocamente valutabili secondo un sistema omogeneo di multipli e sottomiltipliscambiabili in base a rapporti fissi, anzi le due specie, sotto questo punto di vista , risultavano di fatto incompatibili, cosicchè era inevitabile ricorrere a vere e proprie operazioni di scambio.
Questa differenza che comportava conseguenze facilmente intuibili in ambito sociale, aveva radici di natura economica, perché la moneta d’oro o d’argento veniva utilizzata come riserva di ricchezza o per scambi di grossa entità. La moneta piccola era invece utilizzata nelle transazioni minute.
Ma a parte questo aspetto ve ne era un altro sorpendente. Negli stati europei aveva corso legale, secondo rapporti di cambio stabiliti da apposite gride, una notevole quantità di monete nobili (essenzialmente d’oro e d’argento di titolo elevato) prodotte in altre nazioni, stante la communis opinio che la loro libera circolazione facilitasse ed incentivasse gli scambi commerciali. Il risultato di questo stato di cose era un panorama monetario composito e caotico; i mercatinazionali erano pieni di monete legalmente ammesse e pieni di svariati tipi di monete circolanti abusivamente, in merito alle quali venivano pubblicati proclami restrittivi. A Vienna, nel 1777, il governo ordinò una campionatura di tutti i tipi di moneta, nazionale ed estera a corso legale e non, circolanti nel solo ducato di Milano. Ne risultò un esito di ben 178 esemplari di moneta di genere diverso.
Appare evidente che in circostanze del genere era imperativo poter contare su un’unità di riferimento, su un metro di misura comune che consentisse di rapportare in modo omogeneo tutte le monete effettive in uso: in altre parole una moneta di conto. Quest’ultima variava a seconda degli ambiti geografici e cronologici e spesso veniva espressa in modi diversi anche nello stesso luogo e nello stesso momento.
Tutto questo era funzionale alle necessità economiche del tempo e facilmente comprensibile per chi viveva in quell’epoca. La familiarità con la moneta metallica non escludeva un’altrettanto ampia dimestichezza con altri mezzi di transazione economica che di fatto erano forme surrogate della stessa moneta sonante.
L’evoluzione del sistema bancario e finanziario trovò proprio nel settecento il momento più significativo che preannunciò la Rivoluzione Industriale.
Gli strumenti finanziari di varia natura raggiunsero una diffusione di massaaffiancandosi sempre più spesso al tradizionale tondino di metallo nelle transazioni economiche più disparate. Tale processo non ebbe uno sviluppo omogeneo in Europa, ma si manifestò in quei paesi settentrionaliche durante il XVIII secolo detennero il primato economico ( Inghilterra ed Olanda). Fu in questi paesi che la banconota trovò la definitiva affermazione. Accanto a questo strumento, destinato adavere un radioso futuro, ve ne erano altriampiamente diffusi come le lettere di cambio, le lettere di credito, i titoli del debito pubblico impiegati soprattutto in luogo della moneta sonante.
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