Nel XVIII secolo gli eserciti non erano nazionali e formati in larga misura di elementi provenienti dagli strati inferiori della piramide sociale, la dura vida portava facilmente gli uomini alla fuga.
La diserzione costituiva una minaccia così grave alla loro efficienza, specialmente in tempo di guerra, che ufficiali e sottufficiali erano costretti a dedicare buona parte delle loro energie a sventare e prevenire i tentativi di fuga degli uomini. Nei 1711 Federico I di Prussia decretò che ai disertori sarebbero stati tagliati il naso e le orecchie e che sarebbero stati mandati ai lavori forzati a vita, mentre dopo la guerra dei sette anni alle frontiere francesi fu istituita una serie di postazioni militari per impedire la fuga all’estero dei soldati che abbandonavano le loro unità.
Questi eserciti di contadini, mercenari e vagabondi avevano ufficiali nella stragrande maggioranza nobili. Nel diciassettesimo secolo il servizio militare aveva a volte offerto a uomini ambiziosi di umile estrazione la possibilità di elevarsi nella scala sociale e magari di ottenere un titolo per sé e per i propri discendenti. Anche allora la gran maggioranza dei comandanti migliori era di origine aristocratica, mentre al principio del diciottesimo secolo cominciava a diventare sempre più difficile per i non nobili, in molti paesi, avere il brevetto d’ufficiale in quei settori dell’esercito che non fossero puramente tecnici.
I sovrani ritenevano generalmente che solo una classe privilegiata ereditaria avesse quel senso dell’onore per sonale che era considerato essenziale qualità di un buon ufficiale.
Si pensava che la borghesia, più attaccata ai propri comodi e più propensa a non dimenticare i vantaggi del profitto privato, non potesse dare buoni ufficiali. Permettere ai borghesi di ottenere i gradi, scriveva nel 1775 Federico II, sarebbe stato « il primo passo verso il declino e la caduta dell’esercito ».