Giulio Raimondo Mazzarino nacque a Pescina in provincia dell’Aquila nel 1602, figlio di Pietro Mazzarino, impiegato di origine siciliana e amministratore dei feudi di Filippo Colonna, e di Ortensia Buffalini.
Trascorse la giovinezza a Roma, educato dai gesuiti. Nel 1619 accompagnò in Spagna, all’Università di Alcalà e di Madrid, Girolamo Colonna. Due anni dopo tornò a Roma e dal 1623 al 1626 entrò come ufficiale nel reggimento dei Colonna in Valtellina.
Nel 1628 si laureò in legge e subito dopo iniziò la sua carriera diplomatica al servizio del Papa, il quale lo condusse a negoziare il trattato di Cherasco e quello segreto di Torino tra la Francia e i Savoia.
Fu in questo periodo che Mazzarino frequentò il Cardinale Richelieu (il primo incontro tra i due risale al 29 gennaio del 1630); e presso questi, venne inviato a Parigi da Urbano VIII, nella primavera del 1632 per ottenere i favori della Francia alla progettata occupazione sabauda di Ginevra.
In questa occasione Mazzarino ricevette a Parigi la tonsura. Fu il suo unico grado ecclesiastico: egli infatti non fu mai prete e non ebbe nessuno degli ordini maggiori.
Tornato a Roma entrò al servizio del cardinale Antonio Barberini. In seguito fu vicelegato ad Avignone e nunzio straordinario a Parigi dal 1634 al 1636.
Osteggiato dalla Spagna, che gli impediva il cappello cardinalizio, Mazzarino era però ormai intimo di Richelieu e nel 1639 accettò la cittadinanza francese passando al servizio della Francia. Nel 1641 finalmente divenne cardinale e legò la propria sorte a Richelieu.
I due uomini non si somigliavano: Richelieu era d’acciaio, Mazzarino più elastico. Tuttavia Richelieu indicò in punto di morte proprio Mazzarino come suo successore.
Il 5 dicembre 1642 Mazzarino fu nominato da Luigi XIII primo ministro ma il cardinale capì subito che la Francia non avrebbe mai tollerato da uno straniero come lui ciò che aveva accettato da Richelieu. Fu quindi sempre molto cauto e rimase al suo posto anche quando il re morì, lasciando erede un bambino di soli cinque anni, il futuro Re Sole. Mazzarino si riparò dietro le spalle della Regina-madre, Anna d’Austria, nominata Reggente. La tradizione della storia d’amore tra Mazzarino e la regina Anna è ciò che ha reso più popolare la figura del cardinale. Qualcuno sostiene che i due si sposarono segretamente ma non vi è nulla di certo. Se la regina sia stata o no la sua amante non si sa. È certo comunque che Anna d’Austria era completamente sotto il fascino di Mazzarino che sapeva essere indispensabile. Il cardinale del resto era un bell’uomo elegante e galante; un latin lover ante litteram.
I francesi non lo amavano e non l’amarono mai. Il Cardinale De Retz lo definì “Un avventuriero imbroglione senza scrupoli né carattere”.
Avventuriero o no, è un fatto che Mazzarino riuscì a mantenere il suo posto per anni, malgrado diffidenze e ostilità, rendendo alla Francia valenti servigi. Continuò l’opera iniziata da Richelieu: lavorò accanitamente per rafforzare l’autorità della monarchia.
Rese dei favori anche a se stesso accumolando un immenso patrimonio e “sistemando”, da buon italiano, i suoi parenti. Celebri sono le nipoti del cardinale, le sorelle Mancini, chiamate le “Mazarinette”: Laura, Ortensia, Olimpia, Maria Anna e soprattutto Maria, primo e grande amore di Luigi XIV.
Mazzarino resse il timone dello Stato da gran navigatore. In politica estera con le paci di Vestfalia (1648) e dei Pirenei (1659) riuscì a realizzare l’indebolimento degli Asburgo assicurando alla Francia quel predominio Europeo che molti attribuiscono a Luigi XIV ma la cui origine è da ricercare nella politica del Cardinale. Questo non impedì al Parlamento di ribellarsi a Mazzarino: la rivolta è passata alla storia con il nome di “prima Fronda”, che costrinse alla fuga la Regina e il Principino. Mazzarino, sebbene fosse il reale bersaglio dei ribelli, riuscì a mettere gli avversari gli uni contro gli altri.
Due anni dopo la Fronda si riformò e potè contare sull’aiuto di un grande generale, Turenne; Mazzarino invece contò solo sulle discordie dei suoi nemici e preferì la fuga alla lotta: “Tutti i partiti non facevano che allearsi e tradirsi tra di loro” dice Voltaire e il calcolo di Mazzarino si rivelò fondato. Sul più bello di questa complicata rivolta, Luigi XIV, avendo raggiunto la maggiore età (13 anni), proclamò la fine della reggenza assumendo personalmente il potere.
All’inizio per ingraziarsi il Parlamento il Re confermò il bando al Mazzarino, ma poi lo richiamò a se. Stavolta scoppiò davvero la guerra civile con tanto di eserciti in campo: quello lealista comandato da Turenne, riconvertito alla causa del Re, e quello ribelle comandatò dal Condé.
La battaglia, alle porte di Parigi, si concluse senza vincitori, ma con una vincitrice; la “Grande Mademoiselle”, figlia di Gastone di Orleans, zio del Re che già a suo tempo si era ribellato al cardinale Richelieu. Mademoiselle ammutinò gli artiglieri della Bastiglia e rimase padrona della città aprendo le porte al Condé. Ma la sua fu una vittoria di Pirro: dopo qualche giorno infatti Parigi si ribellò ai ribelli e tributò grandi accoglienze al Sovrano, che rientrò in città con la madre e Mazzarino.
Non ancora affezionato al potere, Luigi XIV lo affidò nuovamente al Cardinale che seguitò a svolgere il suo compito in maniera assennata.
Per venire a capo della Spagna con cui la guerra continuava a trascinarsi da oltre vent’anni, e del Condé che non voleva arrendersi, Mazzarino si alleò con l’Inghilterra di Cromwell e lo scandalo fu enorme: un Cardinale, primo ministro di un paese monarchico e cattolico aveva allecciato alleanza con un dittatore calvinista che aveva fatto decapitare il suo Re (Carlo I d’Inghilterra). Ma Mazarino non aveva di questi scrupoli. Da buon politico era solo interessato ad eliminare il nemico all’esterno e i ribelli all’interno e riuscì a liquidare entrambi proprio con l’aiuto inglese nella battaglia delle Dune.
Con la pace dei Pirenei la Spagna dovette rinunciare alle province francesi ancora in suo possesso, l’Artois e il Roussillon, ed ogni pretesa sull’Alsazia. Il tutto fu consacrato con un matrimonio: il re di Spagna, Filippo IV offrì la mano della propria figlia, Maria Teresa a Luigi XIV impegnandosi a versarle una dote di 500.000 corone, purchè il re di Francia s’impegnasse a sua volta a rinunciare ad ogni pretesa sul trono di Spagna. La dote non fu mai pagata e questo fu il pretesto di cui Luigi XIV si avvalse per avanzare diritti alla successione quando, alla fine del secolo, il fratellastro di sua moglie, Carlo II, morì senza eredi (vedi Guerra di Successione spagnola)
Quanto al Condé, fu perdonato e reintegrato in tutti i suoi diritti, titoli e appannaggi. Tanta magnanimità non servì però a disarmarlo dai suoi rancori verso Mazzarino. Il Condé non smise mai di trescare contro di lui affermando che non riusciva a capire come mai il Sovrano avesse lasciato depredare il Paese da quel “ladrone”. Lo capì solo dopo la morte di Mazzarino avvenuta a Parigi nel 1661: Luigi XIV incamerò tutto il patrimonio accumulato da Mazzarino, circa 200 milioni di franchi, stando a Voltaire, il che fece di lui il monarca più ricco d’Europa. Ecco perché lo aveva lasciato così impunemente “rubare”.
Il resto dei beni del cardinale andò in eredità ai nipoti Mancini e Martinozzi; la fetta più grossa spettò al duca di Meilleraye, marito diOrtensia Mancini, che assunse il titolo di duca di Mazzarino. La linea si estinse nel 1731, e per via femminile l’eredità passò ai Grimaldi di Monaco.
Pare che Mazzarino, in punto di morte abbia detto al Re: “ Maestà vi devo tutto, ma pago il mio debito dandovi Colbert”.
Mazzarino fu uno dei maggiori amatori d’arte dell’epoca moderna: nella “Galerie Mazarine” (oggi inclusa nella Bibliothèque Nationale a Parigi) il cardinale lasciò 546 quadri di cui i migliori, acquistati da Luigi XIV dopo la sua morte, sono oggi al Louvre; le statue antiche sono quasi tutte al Musée des antiquités; la Biblioteca, di 50.000 volumi, costituì il primo fondo dell’attuale Bibliothèque Mazarine.