Il ribelle nel periodo barocco
Scritto da Laura Savani. Pubblicato in uomo e società
La condanna della ribellione penetrò così profondamente nella cultura barocca da oscurare per molto tempo il valore ideale della resistenza all’oppressione e alla tirannide, che in altri periodi storici era stato invece esaltato e accettato.
Il termine “ribelle” suona ambiguo: pur indicando il fautore di un cambiamento politico, fu attribuito ad ogni forma di protesta e di insubordinazione ed anche a criminali e banditi ma è il ribelle politico la figura più temuta. È il timore del cambiamento e della novità che appartiene all’età barocca e alla sua cultura.
La monarchia spagnola fu per lungo tempo la compagine statale più colpita da inquietudini e lacerazioni interne. Ma l’epicentro di demonizzazione del ribelle fu la Francia sul finire del cinquecento; trent’anni di rivolte, guerre civili e di religione avevano colpito al cuore la nazione, in più l’assassinio di Enrico III e quello di Enrico IV segnarono due momenti di particolare intensità. Tutti questi avvenimenti lasciarono in eredità al secolo successivo una grande inquietudine in Francia e riemersero con particolare virulenza nella Fronda.
Quel che di tragico ha la figura del ribelle barocco dipende in buona parte dalla convinzione che difficilmente la ribellione potrà sfuggire alla sorte del fallimento. La ribellione appariva come ingiusta perché contro l’interesse generale della nazione e contro l’equilibrio garantito dalla monarchia. Era in questo il fondamento principale della sua debolezza. L’offensiva ideologica controrivoluzionaria raggiunse perciò largamente lo scopo e divenne un punto di riferimento essenziale per la cultura europea nell’età barocca.
La figura di Bruto perdette la suggestione che aveva acquistato; l’esaltazione del tirannicidio fu intesa come un attentato ai valori fondamentali della comunità politica e civile. La figura del ribelle assunse dunque altri connotati: orgoglio, ambizione, disprezzo della collettività e negazione delle regole. L’opinione pubblica si trovò sollecitata ad attribuire al ribelle accuse spesso estranee alla politica: immoralità, sfrenatezza sessuale, indifferenza religiosa. L’obiettivo era soverchiare e far scomparire le motivazioni politiche del ribelle.
Una sfumatura di comprensione venne riservata soltanto alla protesta dei miserabili e degli affamati. In realtà, ancora prima che il ribelle rivendicasse per se stesso il titolo di “difensore della Patria”, la polemica politica fu occupata dal suo opposto, il traditore della Patria. E quando l’accusa cominciò a risuonare con insistenza, la rivoluzione era ormai alle porte.
Gli eventi del decennio 1640-50 confermarono il tendenziale mutamento dell’atteggiamento generale verso la ribellione. Crebbero i consensi e la ribellione assunse l’aspetto di un atto liberatorio. I protagonisti di questa nuova fase, da Masaniello a Cromwell, trovarono comprensione e entusiasmo.