Il soldato nel periodo barocco
Scritto da Laura Savani. Pubblicato in uomo e società
Quasi tutti i soldati dell’epoca barocca erano volontari che si arruolavano per libera scelta.
Il principale ufficiale addetto al reclutamento era di solito il capitano che scelto dal governo aveva il mandato di reclutare una compagnia in una determinata zona. Egli nominava gli ufficiali subalterni e faceva fare uno stendardo; poi si recava nelle varie città e villaggi specificati nel mandato con lo stendardo, un tamburino e i suoi ufficiali. I magistrati locali gli mettevano a disposizione una locanda o una casa disabitata che fungeva da quartier generale.
Fra quanti si presentavano il capitano sceglieva uomini robusti e in buona salute, di età fra i 16 e i 40 anni, preferibilmente non sposati né figli unici. Le reclute a questo punto erano arruolate e ricevevano una somma in contanti e a volte un abito, più vitto e alloggio gratis in attesa che la leva fosse completata.
Circa due o tre settimane dopo veniva letto alle truppe il codice militare sul quale gli uomini dovevano giurare. In questo modo il soldato entrava ufficialmente al servizio dello Stato che li aveva reclutati e ricevevano il primo mese di paga. Dopodichè la compagnia si metteva in marcia.
Il movente principale di chi si offriva volontario era la miseria ma non tutti erano spinti da motivi economici. Molti volevano cambiare aria o stile di vita. Altri ancora erano attratti dalle emozioni e dai pericoli della vita militare e dal desiderio di gloria.
Curiosamente quasi tutti gli eserciti erano composti in buona parte da stranieri. C’è una ragione per questo: nel XVII secolo nessuno Stato era in grado di mettere in piedi rapidamente un esercito numeroso composto solo dei suoi sudditi. E inoltre arruolare milizie straniere riduceva al minimo il rischio di diserzioni. Le truppe forestiere, in quanto suddite di altri Stati, venivano reclutate tramite appaltatori o imprenditori militari privati.
Tuttavia la maggior parte dei soldati accettavano la disciplina militare e non disertavano, aspettandosi di ricevere in cambio la paga, il mantenimento e in certi casi anche i frutti dei saccheggi. Secondo il diritto di guerra le città prese d’assaltopotevano essere messe al sacco. Il saccheggio di una ricca città poteva mutare la vita di un soldato: da soldato vittorioso in principe.
Per evitare però gratuite devastazioni i soldati che abusavano dei civili venivano severamente puniti. Negli Stati con un esercito permanente, la Milano spagnola ne è un esempio, l’alloggio delle truppe presso privati era prassi normale. Si riteneva, nonostante l’inevitabile scapito della disciplina, che i soldati sopravvivessero meglio se alloggiati presso privati invece che in caserme. Questo però poteva funzionare solo con guarnigioni di modeste dimensioni.
Per un esercito numeroso la caserma o un accampamento rimanevano le uniche soluzioni. Per le cose di prima necessità come i viveri e il vestiario o i mezzi di trasporto,un esercito ricorreva alle contribuzioni: tasse prelevate direttamente dalle singole comunità situate nelle vicinanze, pagate in denaro o in natura. Spesso le contribuzioni venivano estorte con la minaccia di dare fuoco al villaggio se non forniva l’occorrente alle truppe. Un metodo però poco opportuno se l’esercito doveva rimanere a lungo nella zona: un villaggio si poteva bruciare una sola volta. Per questosi cercava di aver più cura della gente del posto. Per la popolazione pagare l’esercito era comunque un onere molto gravoso. Luigi XIV in persona osservò: “E’ terribile essere costretti a bruciare villaggi per costringere la gente a pagare le contribuzioni, ma poiché non si riesce a farle pagare né con le buone né con le cattive è necessario continuare ad usare mezzi estremi.”
A giudicare dalle pitture dell’epoca e dagli abiti militari conservati nei musei, sembra che ai soldati fosse normalmente consentito di vestirsi come volevano. Non essendoci uniformi, per gran parte del XVII secolo i soldati che militavano nello stesso lato dovettero adottare una fascia, un nastro o una piuma di un determinato colore. Solo alla fine del secolo tutte le truppe di un determinato esercito avevano giubbe e brache dello stesso colore e dotate di armi e equipaggiamenti dello stesso modello.
Le difficoltà per il raggiungimento di questo risultato non vanno sottovalutate. Per le armi per esempio, anche se non era indispensabile che fossero identiche, era necessaria una buona dose di standardizzazione. Meno semplice era accumulare cavalli soprattutto dopo una grande battaglia o in caso di una mobilitazione improvvisa. Intorno al 1650 però le cose cambiarono grazie alla costanza della domanda militare.
Per quanto riguarda i viveri la situazione era diversa: all’inizi dell’età moderna nessun esercito era composto soltanto di soldati. Molti erano accompagnati da mogli o amanti; altri avevano addirittura sevitori e lacchè. Tutti costoro avevano bisogno di mangiare e di bere. Ciò indusse gli Stati a riassumere i conti prima delegati agli imprenditori militari.
La sorte del soldato
Con lo sviluppo di armi da fuoco sempre più efficaci crebbe la mortalità militare. Già prima esistevano cannoni, moschetti e pistole, ma non avevano effetti così micidiali. Con la siderurgia venne ridotto il peso delle armi da fuoco. I congegni di sparo migliorarono con l’acciarino a pietra focaia che rese più sicure le armi. L’invenzione della baionetta permise di usare il moschetto come arma da punta e da taglio oltre che da sparo.
L’innovazione avvenne anche in campo tattico. Maurizio di Nassau si ispirò ai metodi della Roma imperiale e di Bisanzio schierando i suoi uomini su solo 10 file: la prima linea scaricava simultaneamente i moschetti sul nemico, poi arretrava per ricaricare le armi mentre le altre nove linee prendevano man mano il suo posto, creando una grandine continua di fuoco. Tutto questo richiedeva un gran sangue freddo e un coordinamento perfetto. Per questo Maurizio reintrodusse le esercitazioni in uso nell’esercito romano.
La precisione e l’armonia in guerra rispecchiava la generale predilezione dell’età barocca per le forme geometriche. Le idee di Maurizio di Nassau furono ammirate e imitate. Il risultato però di questi vari sviluppi provocò la morte di un gran numero di soldati. I medici dell’epoca non erano in grado di curare fratture ossee provocate dalle palle di moschetto o di cannone.
Cause di perdite umane altrettanto gravi erano gli assedi, assai più frequenti delle battaglie nella maggior parte delle guerre. Molti soldati morivano anche per altre cause; la fatica, la fame, le malattie. Le truppe imperiali entrate in Italia nel 1630-31 per partecipare alla guerra di Mantova portarono con se la peste bubbonica, che oltre a decimare le loro forze fece strage nella popolazione della Lombardia (e ispirò ad Alessandro Manzoni lo sfondo indimenticabile dei Promessi Sposi).
Per i feriti e i malati, nel corso del XVII secolo furono istituiti ospedali militari dove i soldati erano curati da ogni sorta di infermità: le ferite, la sifilide, la malaria, stress psicologico, traumi da combattimento.
Non tutti i soldati morivano in servizio. Molti si arricchivano e si ritiravano a vita privata con i loro guadagni. Chi andava a far la guerra, come il soldato del Don Chisciotte, non sempre, forse, faceva una scelta sbagliata. Il seicento fu davvero, in fin dei conti, il “secolo del soldato”.