La nobiltà
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in uomo e società
L’uso dei termini nobiltà o classe dei proprietari terrieri non va tuttavia inteso come implicante l’esistenza di un gruppo sociale omogeneo. C’erano enormi differenze tra le «nobiltà » dei vari paesi. I nobili proprietari di Polonia e Ungheria che esigevano, direttamente o attraverso ufficiali del castello, prestazioni non retribuite dai contadini non rassomigliavano agli aristocratici dell’Inghilterra o della Svezia, le cui terre venivano per la maggior parte date a affittuari sui quali avevano, relativamente, scarso controllo. La nobiltà di Russia e Prussia che era al servizio dello stato aveva poche cose in comune con gli aristocratici di Spagna e d’Italia che finirono col non avere più una funzione.
In Francia la noblesse verso la fine di questo periodo contava circa 250.000 membri, c’erano probabilmente appena 4.000 famiglie nobili che partecipavano alla vita della corte, o un accesso diretto al sovrano. Tra un grande nobile che era in grado di ottenere, per sé o per i suoi protetti, le cariche, gli onori e le pensioni che solo l’influenza della corte poteva assicurare, e il povero nobilotto di provincia, lo hobereau, costretto a vivere e lavorare in condizioni non molto migliori di quelle dei contadini, c’era un vero e proprio abisso. Solo in un senso esclusivamente giuridico si poteva dire che appartenevano alla stessa classe sociale. Anche la misura del l’influenza che la nobiltà francese poteva esercitare sugli organi rappresentativi provinciali, gli « stati », nelle regioni in cui esiste vano, variava enormemente da una provincia all’altra, In Bretagna forse 3.000 gentilshommes avevano il diritto di partecipare alle assemblee degli stati, e di norma vi facevano atto di presenza di verse centinaia di nobili (molti dei quali poverissimi). In Lin guadoca invece, solo ventitré aristocratici, quasi tutti molto più ricchi dei gentiluomini bretoni, erano membri degli stati.
In Spagna, dove nel censimento del 1787 mezzo milione di persone si pretendeva appartenente alla nobiltà, la differenza tra i poveri hidalgos che ne formavano la gran maggioranza e l’esiguo gruppo di grandi proprietari terrieri all’apice della piramide sociale, come i duchi di Infantado e Medina-Sidonia, era enorme. Parecchi nobili si distinguevano dai contadini solo per il fatto di essere autorizzati a indossare un tipo particolare di abito e di avere diritto a un seggio speciale in chiesa. Perfino in uno stato piccolo come Venezia si osservano delle distinzioni, di tipo diverso, tra le antiche famiglie nobili ridotte in miseria (Barnabotti) e i nuovi ricchi che avevano acquisito nobiltà dopo essere stati iscritti sui Libro d’Oro. Solo in poche regioni in cui l’aristocrazia era limitata di numero e relativamente omogenea, come in Svezia e in Lombardia, si potevano evitare i violenti contrasti di questo tipo.
Il potere nobiliare La fedeltà nobiliare nella cultura feudale