La nutrice, il fondamento della famiglia nell'antico regime
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in uomo e società
Il memorialista Saint Simon racconta che tutte le mattine, durante il rito del Lever du Roi, la nutrice del re Luigi XIV era la prima a entrare nella sua stanza e “andava a dargli un bacio mentre era ancora a letto”. La nutrice si chiamava Pierrette Du Four e onorò costantemente l’impegno fino al 1685, quando il sovrano aveva 50 anni.
Vale la pena ricordare l’importanza delle migliaia di donne che per secoli si sostituirono alle madri naturali, anche dei re, nell’allevamento dei figli. Nel Seicento le donne aristocratiche e le ricche borghesi non allattavano, ma sceglievano una donna del popolo che prendeva in custodia i loro figli. Dopo lo svezzamento, in moltissimi casi la nutrice continuava a occuparsi dei bambini per diversi anni.
La Chiesa e i medici consideravano dannosa questa usanza e si battevano per modificarla. Già nel 1573 Ambrosie Parè scriveva:“Il latte della madre sarà migliore di qualsiasi altro, perché è più simile alla sostanza di cui il bambino si è nutrito nel ventre della madre.” Ciò nonostante la consuetudine era dura da estirpare, e ogni anno si potevano contare migliaia di annunci richiedenti nutrici che si sostituissero alle madri naturali. Fu solo dalla Rivoluzione Francese in poi che le nutrici cominciarono lentamente a diminuire, ma l’usanza proseguì fino agli inizi del Novecento. Per questo è interessante indagare i motivi di un tale radicamento.
Nella società di antico regime, l’individuo era abituato fin dall’infanzia a separare gli impulsi e i bisogni primari (come quello di nutrirsi) dal proprio rango sociale. Il neonato doveva imparare a distinguere subito la persona che lo allattava, un mero fornitore di cibo, dalla persona che gli aveva dato la vita. Questo perché l’uomo non doveva confondere l’Io degli appetiti dall’Io della sua posizione nel mondo. In una società estremamente codificata e inquadrata, dove il figlio del contadino era contadino e il figlio del falegname era falegname, le donne delle classi superiori non potevano rischiare di compromettere la loro posizione sociale con comportamenti ambigui. Procurare il cibo era un mestiere da domestici, servi, camerieri. Di conseguenza, delegare alle donne del popolo l’allattamento dei figli era considerato perfettamente ovvio e rispettoso dell’ordine naturale. Talmente ovvio che in Francia i fratelli Le Nain, che dipinsero un quadro raffigurante la Nascita della Vergine, non poterono rappresentare Sant’Anna nell’atto di allattare Maria perché la scena non sarebbe stata giudicata verosimile. Per una prima riabilitazione del seno materno in terra francese si dovette attendere il pensiero di Jean Jacques Rousseau.
Lo scopo dell’esistenza del ceto popolare, nella società di antico regime, era la produzione: i contadini producevano cibo, gli artigiani producevano manufatti. In questo contesto, la nutrice diventò un vero e proprio mestiere che produceva latte per il sostentamento delle nuove generazioni di sovrani, aristocratici e borghesi.
Naturalmente, allattare un bambino e mietere il grano per il padrone sono cose molto diverse. Il bambino finiva per avere due madri: una che gli aveva dato la vita e gli insegnava la morale, ma che spesso aveva con lui un rapporto distaccato; l’altra, non nobile né colta, che però gli stava accanto per anni, gli trasmetteva spesso del vero affetto e a volte manteneva stretti rapporti con lui fino a tarda età.
Due madri comportavano anche due famiglie: da un lato quella del sangue e del rango, dell’organizzazione della vita, della carriera e del matrimonio. Dall’altro, quella familiare e materna al di fuori dei codici sociali. Madame de Chastenay racconta nelle sue memorie che il marito della sua nutrice era chiamato ‘nonno’, e giocava abitualmente con i bambini. Spesso si creavano dei forti legami affettivi tra il padrone e il valletto, o tra la contessa e la dama di compagnia proprio perché erano fratelli di latte: il teatro, da Moliere a Beaumarchais, è pieno di riferimenti a questo stato di cose.
L’amore materno e familiare, dunque, era vissuto e goduto dai ceti superiori al di fuori della vita sociale, esattamente come l’amore romantico. Per ogni volta che un nobile, un ricco mercante o addirittura un sovrano riuscì a mostrare una vera umanità di carattere, probabilmente bisogna ringraziare migliaia di umili popolane, sfruttate e analfabete maestre di sentimenti.