Scoperte in fisica tra seicento e settecento
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in scoperte scientifiche
1624 La definizione del Gas
Il fisico fiammingo Jan Baptista van Helmont (1579-1644) introdusse la definizione di gas tra i due modi che fino allora erano usati per definire la materia: solida e liquida. Per Jan Baptista van Helmont le “arie” erano particelle immerse di materia in modo caotico. Questo stato dellamateria fu chiamato “caos” che nella pronuncia fiamminga è “gas”, definì l’anidride carbonica come gas silvestre perché prodotta dalla combustione del legno. Il termine fu in seguito usato perindicare il terso stato della materia e i processi che la modificano: vaporizzazione, sublimazione, ebollizione, condensazione, liquefazione, solidificazione.
1645 Il peso dell’aria
Il "barometro" di Torricelli e l'omonimo "vuoto torricelliano" col mercurio, ispirò il fisico tedesco Otto von Guericke che riuscì ad ottenerlo aspirando l'aria dal contenitore con una pompa un simile a quelle dell'acqua: con la classica vite a spirale di Archimede, ma con una maggiore aderenza alle pareti del cilindro. Con il vuoto realizzato fece spettacolari dimostrazioni: che un campanello posto nel vuoto così creato nel contenitore non si udiva perchè era l'aria che propagava il suono; che il fuoco e una semplice candela non bruciava se non c'era l'aria; che nessun animale e vegetale poteva vivere senz'aria; ed infine dimostrò che l'aria aveva una sua densità e un suo peso. Prese un contenitore con l'aria poi lo ripesò svuotata: il primo risultò decisamente più pesante del secondo contenitore. La densità dell'aria era stata per la prima volta misurata.
1648 La pressione atmosferica e l’altitudine
Il fisico francese Blaise Pascal (1623-1662) fece le seguenti riflessioni: se il mercurio come si era dimostrato saliva in presenza della pressione atmosferica dell'aria, se si saliva in alta quota dove l'aria era più rarefatta la pressione doveva essere minore. Fece fare l'esperimento a 1600 metri di altitudine e constatò che la colonnina del mercurio era scesa a 68,58 cm., mentre a livello del mare segnava 76,2 cm. Fu evidente che più si saliva e più la densità (o pressione) diminuiva. Ma fino a quale altezza diminuiva? E oltre questa limite cosa c'era? Fece qualche calcolo e dichiarò che questo limite doveva essere all'altezza di circa 160 chilometri. Oltre c'era il vuoto: il vuoto siderale dove giravano Luna, Pianeti e Corpi celesti.
La pressione idraulica
Nello stesso anno Pascal fece anche un'altra scoperta di fisica. Era noto che se si esercitava una certa pressione su un fluido dentro un piccolo o grande recipiente chiuso, la stessa pressione veniva trasmessa alle pareti dello stesso recipiente. Il risultato delle misurazioni fu che la pressione era immutata, le pareti ricevevano la stessa pressione. Alla base della pressa idraulica questo fenomeno prese il nome "Principio di Pascal".
1657 La caduta dei corpi
Con i mezzi che disponeva Galileo non poteva certo dimostrare che in assenza di aria un oggetto leggero cadeva e raggiungeva il suolo contemporaneamente a un oggetto pesante. Ma era convinto che tutti i corpi cadessero con la stessa velocità senza la resistenza dell'aria. Il fisico inglese Robert Hooke (1635-1701) realizzando un vuoto in un grosso recipiente, con una pompa aspirante aria, fece la dimostrazione che una piuma e una moneta lasciate cadere dall'alto contemporaneamente cadevano alla stessa velocità. Ancora una volta Galileo Galilei aveva ragione.
1660 L’elettricità statica
Il nome greco "electron" significa "ambra", la resina fossile che strofinata aveva - secondo gli studi di Talete nel 585 a.C. - una proprietà magnetica simile alla magnetite. Il fisico inglese - William Gilbert (1544-1603) dimostrò che oltre l'ambra anche tanti altri cristalli se strofinati presentavano la stessa forza d'attrazione, e concluse chiamando tutti quei fenomeni dell'attrazione "elettricità..."; e dato che essa rimaneva ferma se lasciata indisturbata, aggiunse "...statica", che in greco significa "rimanere fermo".
L'elettricità statica ha per causa principale lo strofinamento; allora si accumula sulla superficie dei corpi, e vi si mantiene in equilibrio ad uno stato di "tensione" che si manifesta per mezzo di attrazioni e scintille. Allo stato dinamico l'elettricità risulta in special modo da azioni chimiche, ed attraversa i corpi sotto forma di corrente, con una velocità paragonabile a quella della luce. In questo caso essa si distingue dall'elettricità statica principalmente per gli effetti chimici e per i suoi rapporti col magnetismo.
William Gilbert non aveva ancora scoperto il principio dell'elettricità, ma era quasi sulla buona strada. Quella giusta la imboccò invece Otto von Guericke (1602-1686) nel 1660 quasi per caso. Nel 1645 aveva inventato la pompa d'aria: un cilindro con uno stantuffo. Lo sfregamento continuo delle componenti della pompa, non solo produceva "elettricità statica", ma continuando il movimento, l'elettricità si accumulava, fino al punto di riuscire a produrre delle scintille se il recipiente veniva toccato. Costruì così un geniale marchingegno con un disco che ruotava tramite una manovella. Appena il disco veniva messo in rapido movimento, per lo strofinamento subito l'elettricità sviluppata e accumulata produceva la scintilla elettrica accompagnata dallo schiocco.
Il fisico inglese Francis Hauksbee nel 1706 che costruì una grossa sfera di vetro che messa in rotazione sviluppava una scarica molto più intensa rispetto a quella ottenuta da Guericke. Nel 1729 uno sperimentatore inglese - Stephen Gray - volendo ripetere gli esperimenti di Hauksbee e Guericke, invece di una sfera di vetro costruì dei tubi di vetro, e sfregando questi non solo ottenne l'"eletticità statica" del tubo, ma scoprì che si erano elettrizzati anche i sugheri che chiudevano alle estremità il tubo, quindi lontani dallo sfregamento. Gray pensò allora che l'elettricità fosse un fluido e che sia la sfera che il suo tubo di vetro fossero ininfluenti al fenomeno. Usò così prima una corda, poi un filo di metallo, poi di vari metalli, lunghi anche 250 metri. Non aveva ancora scoperto l'elettricità, ma aveva scoperto che alcuni conducevano l'elettricità mentre altri non la conducevano affatto; divise così le varie sostanze in "conduttori" e "non conduttori".
1662 La legge di Boyle
Boyle dopo aver studiato la chimica con giusta scienza intraprese lo studio della fisica rifacendosi al filosofo greco Democrito che ridusse la natura a un accozzaglia di atomi in evoluzione nel vuoto infinito. Quelle teorie erano però solo intuizioni, Boyle invece procedette in veri e propri esperimenti per dimostrare che gli atomi esistevano veramente, e rientravano nella natura atomica degli elementi.
Nel 1624 van Helmont aveva già constatato che alcuni vapori avevano proprietà diverse, ma non ebbe occasione di distinguerli, perchè queste "arie" non avevano alcun volume specifico, tutte riempivano qualsiasi contenitore. L'unica supposizione che fece fu quella che erano particelle di un tipo di materia immerse nel "caos" più completo che nella pronuncia fiamminga si legge "gas". Robert Boyle partì proprio dai "gas", utilizzando la pompa d'aria, ma non per aspirare aria ma per comprimere i gas in un recipiente a forma di tubo. Scoprì che il volume del gas variava inversamente alla pressione esercitata su questo. La conclusione fu: che i gas erano di natura atomica, e che quando erano nell'aria i loro atomi erano molto distanti gli uni dagli altri, mentre comprimendoli gli atomi si univano, riducendo così il loro volume. Era questa la "Legge di Boyle".
E i solidi e i liquidi? Erano - disse Boyle - anch'essi formati da atomi, soltanto che erano già uniti a causa delle condizioni di ambiente in cui si trovavano.
1655 La diffrazione della luce
Il fisico italiano Francesco Maria Grimaldi (1618-1663) aveva fatto alcuni esperimenti e approfondite osservazioni sui raggi di luce cercando di capire perchè i raggi di luce si muovevano solo in linea retta, perchè non aggiravano gli ostacoli, e perchè rimbalzavano. In un opera pubblicata due anni dopo la morte, fu il primo a ipotizzare che la luce fosse composta da minuscole particelle, che si comportavano come un onda, molto simile alle onde dell'acqua o a quelle del suono; perchè anche la luce colpendo un oggetto una parte di essa anche se minima deviava. I risultati che ottenne dai suoi esperimenti lo portarono a scoprire il fenomeno della "diffrazione" della luce.
1666 Lo spettro luminoso
Isaac Newton (1642-1727) era incuriosito dalla composizione della luce e riuscì a scomporla utilizzando un pezzo di vetro triangolare (un prisma). La prima sorpresa fu quella di vedere scomposta la luce in una fascia di colori che andavano dal rosso all'arancione, dal giallo al verde, dall'azzurro al viola, e ogni colore sfumava nel successivo. Era forse dovuto al vetro questo effetto? Si tolse subito il dubbio con un'altra mossa geniale; di fronte al fascio di colori mise un altro prisma uguale, e con grande sorpresa vide nuovamente uscire dal prisma la luce bianca. Spiegò anche il fenomeno dell'arcobaleno, affermando che era in quel caso l'aria impregnata di umidità (goccioline di acqua) che agiva da prisma; e così agivano pure le bolle di sapone, scomponendo la luce con la loro sottilissima pellicola di acqua.
Proseguì gli studi e nel 1672 l' 8 febbraio annunciò la "teoria sulla luce e sull'origine dei colori". Per la prima volta veniva dimostrato che la luce del Sole è la sovrapposizione di un "miscuglio eterogeneo di raggi" . Fino allora era sempre stato dato per scontato che la luce del Sole fosse "pura" e che il colore fosse un'impurità delle varie sostanze materiali sulla luce.
1699 Volume e temperatura dei gas
Guillame Amontons, fisico francese (1663-1705) dimostrò per ogni gas la variazione di volume l’aumento a ritmo costante mentre la temperatura saliva, e diminuiva allo stesso ritmo costante mentre la temperatura scendeva. Nel fare questa esposizione, presentò anche un termometro ad aria, diverso da quello realizzato da Galileo che misurava la temperatura tramite le variazioni della pressione del gas, invece che tramite la variazione del volume.
1675 La velocità della luce
Gli scienziati sapevano bene che la luce viaggiasse ma non riuscivano a calcolarne la velocità. Il danese Olaus Roemer (1644-1710) confrontando le misurazioni di Cassini sulle eclissi (che aveva provato a calcolare la velocità della luce del sole) e le sue si accorse che a lui la visione era giunta prima, quindi la luce impiegava del tempo per giungere sulla Terra. Facendo accurati calcoli, Roemer affermò che la luce viaggiava a circa 226.000 chilometri al secondo. Non era proprio esatto, perchè è di circa 300.000, ma se consideriamo i rudimentali mezzi usati non possiamo che meravigliarci del risultato.
1687 Le leggi del moto
Uno dei grandi problemi della fisica era capire cosa tenesse nelle orbite i pianeti, Newton forse venti anni prima (secondo il racconto di Voltaire, Newton aveva paragonato il moto di una mela che cade dall'albero a quello della Luna che gira attorno alla Terra) l'aveva forse intuita, ma sicuramente non avrebbe potuto allora arrivare ad una vera e propria legge del moto. Con lo studio del calcolo infinitesimale e gli studi di Piccard sulla dimensione della Terra, era in grado di affrontare il problema. Dopo diciotto mesi di febbrili calcoli - il 28 aprile 1688 - presentava alla Royal Society il manoscritto dei "Philosophia naturalis principia mathematica".
Con quest’opera si scontrò con Hooke che si opponeva e la Royal S. non sapendo che pesci pigliare esitava a concedere la pubblicazione del libro.
Halley lo soccorse facendo pubblicare a sue spese il libro e si incaricò di correggere anche le bozze di quello che intuì era il più grande libro scientifico mai stato scritto. Nella sostanza erano tre le leggi che affratellavano per la prima volta il moto dei fenomeni terrestri e quello dei corpi celesti. Enunciava il principio dell'inerzia; definiva la forza come il prodotto della massa e dell'accelerazione; affermava che per ogni azione esiste una reazione uguale e contraria.
La calcolatrice di Leibniz
L'anno sopra indicato è solo la data di quando Leibniz ideò una macchina calcolatrice migliore di quella realizzata da Pascal nel 1642; questa poteva soltanto addizionare e sottrarre, quella poteva moltiplicare ripetendo matematicamente l'addizione, e dividere ripetendo automaticamente la sottrazione. Il meccanismo era decisamente migliore, ma anche questa come quella non ebbe fortuna; entrambi l'avevano brevettata ma furono due fallimenti. Per la gente comune che quasi non ne aveva bisogno quella di Leiniz era troppo costosa, mentre per chi si occupava di calcoli era troppo limitata oltre che noiosa.
1722 L’aberrazione della luce
Il danese Olaus Roemer (1644-1710) era riuscito a fornire una velocità della luce, non era proprio precisa perchè la parallasse delle stelle era troppo piccola perchè potesse essere misurata. Anche Halley con le sue misurazioni aveva concluso che le stelle non erano affatto fisse confermando così che la parallasse era troppo piccola per misurarle. A tornare sul dibattuto argomento parallasse, velocità della luce, fu l'astronomo britannico James Bradley (1693-1762). Non individuò la parallasse, ma aveva scoperto un nuovo modo di calcolare la velocità della luce e adottato un piccolo accorgimento, quello di inclinare il telescopio per adeguarsi a quella che fu chiamata "aberrazione della luce".Il valore che ottenne fu che la luce viaggiava a 283.237 chilometri al secondo (la precedente era di 226.000 km/s); era più precisa anche se non proprio esatta, essendo un 5% del valore reale (circa 300.000 km/s).
Cos'era "l'aberrazione della luce" (o "aberrazione stellare")?. Per effetto della velocità relativa tra un astro e l'osservatore terrestre (dovuta alla rivoluzione della Terra intorno al Sole) la direzione da cui sembra provenire la luce dell'astro non coincide generalmente con la direzione vera, una stella o un altro corpo celeste sono visti in posizioni che non sono quelle reali. Il fenomeno è conseguenza del valore finito (benchè grandissimo) della velocità della luce. Lo scostamento apparente dalla posizione vera varia periodicamente, con il periodo di un anno.
1742 La scala Celsius
Daniel Gabriel Fahrenheit (1696-1736) aveva fatto un grosso passo avanti per misurare le temperature, fissando una scala standard che porta ancora oggi il suo nome. L'unità di misura della temperatura è definita come la 180-esima parte dell'intervallo tra la temperatura di fusione del ghiaccio a pressione atmosferica (32° F) e la temperatura di ebollizione dell'acqua a pressione atmosferica (212° F). Non si conoscono i motivi di questi due numeri stranamente irregolare.
A concepire nel 1742 un'altra scala termometrica centigrada fu il fisico svedese Anders Celsius. L'unità di misura la definì la 100-sima parte dell'intervallo tra la temperatura di ebollizione dell'acqua (0°) alla pressione di 751,16 e la temperatura dell'acqua quando gela (100°). Era il sistema termometrico centigrado molto semplice, solatnto che era l'incontrario di quello che noi vediamo oggi. Infatti a capovolgere la scala fu un altro svedese, Ekstroem.
1748 Nulla si distrugge
A enunciare la legge capitale della scienza moderna sulla conservazione della materia fu il fisico-filosofo russo Mikhail Valilevic Lomonosov. In occidente non era molto conosciuto, lui del resto era un figlio di pescatori, autodidatta. Enunciò la sua legge scrivendo una lettera al matematico Eulero. Alcune sue frasi sono divenute storiche: "Nulla si perde e nulla si distrugge", la materia viene sempre conservata, anche nelle reazioni chimiche. Avvengono solo delle trasformazioni. "In tutti i cambiamenti della natura ciò che si aggiunge a un corpo viene perso dall'altro e quando un corpo ne urta un altro parte del suo movimento si trasferisce all'altro. Non esistono forze extranaturali".
1784 L’elettrostatica
E' quella parte dell’elettrotecnica che studia le cariche elettriche “ferme”. E’ abbastanza semplice ottenere simili cariche, per esempio strofinando con un panno una bacchetta di plastica. L’energia meccanica dello strofinio asporta una parte degli elettroni superficiali della plastica, che così resta carica positivamente. Con altri materiali è la bacchetta che acquista elettroni dal panno adoperato, rimanendo quindi carica negativamente. Passando la mano sulla bacchetta si cedono o acquistano elettroni e l’oggetto ridiventa neutro. Se la bacchetta carica viene avvicinata a piccoli pezzi di carta, essi vengono attratti, indicando che le cariche elettriche esercitano una forza (campo elettrico). Le cariche si possono accumulare su un oggetto di metallo isolato e quindi si possono ottenere intensi campi elettrici (è il principio di funzionamento dei condensatori elettrici). Coulomb ebbe il merito di studiare questo fenomeno sino a formulare una legge molto importante, molto simile alla legge della attrazione gravitazionale universale trovata da Newton. La legge di Coulomb stabilisce che fra due cariche elettriche q1 e q2 distanti r si sviluppa una forza, di attrazione se le cariche sono dello stesso segno, altrimenti di repulsione, pari a F = k q1 x q2 / r2 - Essendo k una costante che dipende ad esempio dal materiale interposto fra le cariche. Le cariche però non restano per sempre sui loro supporti; infatti esse possono ionizzare (dividere) le molecole di aria (o altro materiale che circonda i supporti) e quindi cedono o acquistano cariche di riequilibrio. Se poi il supporto metallico ha delle punte, le cariche possono addirittura “fuggire” producendo una scarica luminosa.