Arte ed erotismo nel periodo barocco
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in arte barocca
L’erotismo nelle opere sacre
Il tratto saliente del barocco riguardo all’erotismo risiede nella creazione di opere sacre pervase dalla medesima carnalità di quelle profane. Se la Controriforma aveva provocato, da una parte, la decisione di “infilare le mutande” ai personaggi del Giudizio Universale di Michelangelo con i rifacimenti di Daniele da Volterra (1564), d’altro canto aveva scelto la linea di rinfocolare la fede colpendo l’emozionalità della gente, agendo quindi sui sentimenti forti. Fra questi c’è sicuramente quello erotico, che opportunamente indirizzato può diventare un veicolo per far ardere la fiamma dell’amore spirituale.
Nascono così opere come la Transverberazione di Teresa d’Avila di Gian Lorenzo Bernini. L’artista sceglie il momento centrale dell’evento, quando l’angelo la penetra con una freccia; il gruppo marmoreo è posto come su un palco teatrale, perché possa sprigionarsi quella benefica azione di catarsi, già nota dai tempi di Eschilo, che qui viene sostituita dalla straripante dolcezza dell’amore di Dio. Il volto di Teresa è quello di una donna innamorata, la sua mano e il piede sono abbandonati e privi di forza, la veste tormentata di pieghe sembra l’immagine della sua anima in tumulto. L’amore messo in scena non è erotico, in quanto si tratta di un’estasi spirituale, ma questa coinvolge anche i sensi (come scrive Teresa d’Avila nelle sue memorie) e le apparenze ricalcano l’abbandono dell’esperienza erotica.
Stesso discorso per il San Sebastiano di Guido Reni, pervaso, come molte opere dell’artista, da una sensualità quasi tattile che fa dimenticare di trovarsi di fronte all’orrenda tortura di un martire. Lo sguardo sofferente del santo sembra tormentato dalle piacevolezze amorose più che dall’estasi mistica.
Tra i soggetti sacri prediletti dell’epoca rientra quello della “Maddalena penitente”: la Maddalena in Preghiera di José de Ribera è sì completamente vestita, e il suo sguardo non è languido né estasiato, ma il candore rosato della pelle, la morbidezza della spalla scoperta, i piedi scalzi e la veste lacera che lascia intravedere il ginocchio suscitano un’attrazione metaforizzata anche dal manto rosso che cinge come in un appassionato abbraccio la figura della santa. D’altra parte, il rapporto con Cristo è un rapporto amoroso, sia pure nel senso più alto del termine; ciò giustifica le scelte artistiche di rappresentazione di questo legame spirituale.
L’erotismo nelle opere profane
La dimensione mitologica dell’erotismo, figlia di quella rinascimentale, viene rivissuta e trasformata secondo la sensibilità più moderna. Il Bacco dipinto da un giovane Caravaggio (1597) mostra un’innegabile sensualità per la posa, lo sguardo e l’arte raffinata con cui porge il bicchiere. L’ambiguità sessuale del personaggio allude alla completezza dell’Essere.
Ben più esplicita è la protagonista del Ratto di Europa dipinta da Guido Cagnacci: la fanciulla non sembra per nulla intimorita della sorte che l’attende, ed espone le proprie grazie alla brezza marina mentre il toro, sotto il quale si cela Giove, la trascina tra i flutti. L’immagine trabocca di calda sensualità e offre un ottimo esempio dell’ideale femminile seicentesco: il canone di bellezza, dal cinquecento in poi, si era orientato sempre più verso una donna florida, per non dire grassa. Un esempio tra i centinaia a conferma è la Danae di Rembrandt, che mostra senza problemi il suo addome prominente: con le sue burrose forme, questa Danae più che una creatura mitologica sembra una cortigiana in procinto di accogliere l’amante di turno.
Fa eccezione a questa tendenza Venere e Cupido di Velàzquez, un’opera che è però capitale per l’evoluzione dell’immagine femminile seicentesca e dei secoli successivi: il corpo “a chitarra” di questa Venere, la sodezza delle carni e la capacità magistrale della resa ne fanno un capolavoro della pittura di tutti i tempi, capace di trasmettere una dimensione erotica che sconfina nell’universale.