La Reggia di Caserta fu voluta da Carlo di Borbone e dalla moglie Maria Amalia di Sassonia per il desiderio di allontanarsi da Napoli, a seguito del bombardamento inglese ma anche per invogliare i napoletani a formare una città nell’entroterra che fosse più efficiente diminuendo l’affollamento di Napoli. Questa città nuova, attorno alla reggia, avrebbe voluto vitalizzare l’entroterra che non presentava moderni centri urbani.
All’origine Carlo di Borbone si rivolse all’architetto Mario Gioffredo che disegno un palazzo di grandi dimensioni introducendo un gigantismo di fine secolo, riunendo negli edifici tutte le funzioni amministrative e culturali della città. L’architetto napoletano fu sfortunato e non ebbe mano nella realizzazione della reggia che fu affidata a Luigi Vanvitelli.
Luigi Vanvitelli il grande architetto
Luigi Vanvitelli (1700-1773) è figlio di Gaspar Van Wittel (1653-1736) artista non meno dotato che in Italia divenne rinomato vedutista. Gaspar creò eccellenti acquerelli inventando un nuovo genere pittorico che rimane al figlio come mezzo visivo prospettico. Luigi è artista poliedrico inizia con la pittura per passare alla scenografia, grandemente influenzato dall’amico paterno Filippo Juvarra. Vanvitelli venne chiamato a Napoli a cinquanta anni all’apice della sua fama nazionale ed internazionale per i lavori svolti alla cupola di S.Pietro e per le sue eccezionali doti organizzative. Conviene ricordare quale impresa fosse all’epoca costuire una reggia di tal dimensioni. L’architetto dovette dirigere con fermezza militare ben 3000 tra uomini e donne organizzando artigiani, capomastri, prigionieri e schiavi sia turchi che cristiani.
L’idea urbanistica realizzata da Vanvitelli differisce da quella di Mario Gioffredo, si ispira a Versailles dividendo la reggia dalla città facendo della dimora del sovrano il centro simbolico e prospettico. L’assetto esterno del palazzo è un poco monotono anche perché non furono mai realizzate le torri angolari e la cupola presenti nel progetto che avrebbero animato il gioco degli edifici creando ombre e sguardi. L’interno della reggia presenta quattro cortili dominati da una grandiosa galleria loggiato che suggestiona il visitatore con effetti di luce e potenza della dimensione.
I vestiboli rappresentano una delle massime espressioni architettoniche che collegano gallerie e cortili producendo un equilibrato effetto visivo ma soprattutto un efficace strumento di passaggi radiali che permettono lo svolgersi di parate e banchetti senza creare disagi o confusione.
Di forma ottagonale i vestiboli sono coperti da calotte che poggiano su colonne, il più maestoso è il vestibolo centrale che alla destra ha la scala regia, alla sinistra la statua di Ercole e sullo sfondo la cascata dalla collina.
L’interno della reggia conta 1200 stanze e ambienti di passaggio, illuminati da 1970 finestre e collegati da 34 scale. L’eleganza degli arredi è fastosa per esuberanza ornamentale: gli stucchi, i marmi colorati, le stoffe, i soffitti affrescati fanno da cornice all’arredamento originale di matrice barocca. Tra i vari ambienti merita speciale menzione il teatrino di corte, tra i migliori esempi di architettura teatrale settecentesca, con una parte che poteva venire aperta sul giardino retrostante.
Il parco della Reggia di Caserta
Il parco della reggia è composto da tre aree; il parterre a prato inglese tracciato da bianchi viali rettilinei, la seconda area che arriva fino ai piedi della cascata ornata dalle fontane e la terza area del giardino inglese.
La fontana di Eolo ha una vasca lunga 42,35 metri, larga 34,65 metri e profonda 3 metri. Il volume è di 32.000 metri cubi d'acqua. Un passaggio intorno all'emiciclo consente di entrare nella Grotta del Dio dei Venti, tra archi e porte posti dietro la cascata d'acqua. I rilievi della facciata raffigurano Lo sposalizio di Tetide e Peleo, Il Giudizio di Paride, Giove e le tre Dee, Lo sposalizio di Paride. Sulla balaustra sono scolpiti schiavi, alcuni dei quali lottano sotto il peso di massicce conchiglie. Al centro vi sono statue di ninfe e di giovani. La fontana è incompleta, poiché non fu mai collocato il colossale gruppo di Eolo e Giunone.
La fontana di Cerere si compone di sei vasche, disposte su piani diversi per consentire la cascata d'acqua. In testa alla vasca c'è la Zampilliera di Gaetano Salomone, con delfini e tritoni che lanciano potenti getti, Nereidi che soffiano nelle bùccine, le statue dei fiumi Simeto e Oreto e la Dea Cerere, circondata da Ninfe, con un medaglione di Trinacria nelle mani.
La fontana di Venere e Adone fu realizzata da Gaetano Salomone su un lungo prato dove dodici piccole cascate formano altrettanti laghetti. Come tutte le altre fontane è ispirata alla mitologia, in questo caso al mito dell'amore di Venere e Adone. La dea, inginocchiata, prende la mano di Adone per dissuaderlo dall'andare a caccia, perché sa che cosi facendo troverà la morte, mentre Adone, ignaro di quanto gli accadrà, la rassicura.
Dopo la fontana di Venere i viali si allargano e si congiungono al piazzale di fronte a una vasca dove l'acqua cade da un'altezza di ottantadue metri. Il piazzale è cinto da una balaustra su cui sono poste statue di cacciatori e di cacciatrici con frecce, archi e faretre, che introducono il tema dell'ultima fontana. Diana, circondata dalle sue ninfe, è sorpresa mentre fa il bagno nel bosco dal cacciatore Atteone. Offesa, la dea lo trasforma in cervo per farlo assalire e divorare dai suoi stessi cani. Le figure, ricche di espressività e quasi naturali negli atteggiamenti, furono scolpite da vari artisti, tra cui Tommaso Solari e Angelo Brunelli.
La Peschiera Grande, un lago lungo quasi mezzo chilometro, veniva utilizzato dal sovrano per simulare, tra la folla di cortigiani, nobili e dignitari, battaglie navali e arrembaggi. La sua funzione, però, non era solo decorativa, perchè la vasca serviva anche per fornire di pesce le reali cucine. La vasca è chiamata anche lo Specchio forse perchè nelle sue acque si riflette il verde del parco. La Peschiera Vecchia si trova invece nel Bosco Vecchio e fu realizzata nel 1769 da Francesco Collecini, seguendo un progetto di Vanvitelli. Lunga 270 metri, ha al centro un'isoletta folta di vegetazione che veniva raggiunta in barca dalla famiglia reale nelle giornate di caldo.
Il giardino all’inglese fu voluto da Maria Carolina d'Austria, e realizzato da Andrea Gràfer, un botanico paesaggista inglese. E' composto da 30 ettari di terreno con intricati sentieri che conducono a zone di verde con cipressi, salici, magnolie, pini e piante grasse e acquatiche. Giardino è riccodi piante d'ogni genere, fra cui bellissimi cedri del Libano e la camelia importata dal Giappone, e prendesse il nome di Giardino Botanico della Real Casa, rompendo con la tradizione del giardino all'italiana.