Figlio di un modesto artigiano, François Boucher nasce a Parigi nel 1703. Interprete del gusto elegante e raffinato della corte di Luigi XV, protetto dalla marchesa di Pompadour, decoratore e colorista geniale, Boucher tratta con grande perfezione e gusto tutti i soggetti, cimentandosi nei temi più disparati: dai soggetti mitologici alle scene pastorali, ai paesaggi, ai ritratti.
Formatosi nella bottega di François Lemoyne e in seguito in quella dell’incisore Jean-François Cars, nel 1727 parte per un viaggio di studio in Italia; soggiorna a Roma presso l’Accademia di Francia e, per breve tempo, a Napoli e Venezia. Nella penisola ha modo di conoscere e studiare i Carracci, Pietro da Cortona, il Guercino e, sopra tutti, il Correggio; senza trascurare naturalmente i maestri veneti, come il Veronese e il Tiepolo. Più avanti, i modelli più ammirati saranno gli olandesi e i fiamminghi: Rubens, Van Dyck, Rembrandt. In Italia dipinge quadri di argomento mitologico, come la nascita di Adone e la Morte di Adone, e la scena pastorale Donne alla fontana.
Rientra a Parigi nel 1731, e nel 1734 viene ammesso all’Accademia come pittore di storia, presentando il dipinto Rinaldo e Armida: secondo la tradizione, in quest’opera l’artista ritrae nelle vesti dei celebri personaggi della Gerusalemme Liberata se stesso e la moglie, una donna molto bella che compare sotto le più svariate vesti in molte opere boucheriane. Anche Madame de Pompadour, favorita del re e protettrice del giovane pittore, gli fa spesso da modella: i più celebri ritratt idella marchesa de Pompadour sono quello del 1756, esposto al salon dell’anno successivo, capolavoro di virtuosismo, e quello del 1759 oggi conservato a Londra, che ritrae la marchesa in un boschetto.
Il bagno di Diana
Nel 1735 riceve la sua prima commissione ufficiale: la decorazione della camera della regina nella reggia di Versailles, con quattro dipinti a grisaille rappresentanti le virtù, nei quali gli aspetti italianizzanti della sua cultura si aprono a soluzioni del tutto personali. Nonostante l’evidente influenza di Watteau, Boucher raggiunge un linguaggio pittorico inconfondibilmente personale. Le scene pastorali sono pretesti per esaltare la bellezza femminile; la natura dipinta in questi quadri è vista sempre in chiave idillica, decorativa, abbellita dai colori del sogno. Questa sua arte edulcorata verrà in seguito criticata, soprattutto tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, dai seguaci del nuovo movimento neoclassico. Il nome di Boucher diviene quasi un termine spregiativo per chi ama il ritorno ai canoni rigorosi dell’antichità greca e romana. A questo proposito, Diderot affermerà: Vi sfido a trovare in tutta una campagna un solo filo d’erba dei suoi paesaggi.
A Versailles, per reazione al fasto della corte di Luigi XV, si preferiscono i piccoli ambienti, le piccole gallerie: gli arazzi diventano così i veri protagonisti della decorazione. Dal 1735 Boucher comincia a collaborare con la Manifattura Reale di Beauvais: riceve l’incarico di realizzare i cartoni per sei serie di arazzi, la prima delle quali, Fetes de village a l’italienne, è un susseguirsi di scene rustiche in cui, sullo sfondo di boschi e rovine di straordinaria suggestione, sono rappresentate figure dai colori smaglianti mollemente atteggiate. Queste serie hanno un tale successo che vengono replicate per il re di Svezia e per quello di Napoli, oltre che per l’ambasciatore di Spagna e altri.
Odalisca
Nel 1742 realizza quello che forse è il suo capolavoro, Diana al Bagno, un’opera di altissimo livello stilistico per la carnosità rosea dei nudi, perfettamente inserita nell’armonia cromatica dell’intera composizione. Osservando quest’opera, Renoir dirà: “In realtà Boucher è uno degli uomini che meglio hanno capito il corpo femminile”. Una prerogativa, questa, riconosciuta anche dai suoi contemporanei, che lo chiameranno “il pittore delle donne”. Definizione quanto mai azzeccata, tanto seducenti sono i suoi maliziosi nudi femminili come la Giovanetta nuda coricata sul sofà (1752) o la Toeletta di Venere (1743).
Madame de Pompadour
Dal 1742 Boucher comincia a collaborare con l’Opéra di Parigi con grandiosi allestimenti scenici; nominato nel 1755 pittore del re, continuerà ad essere l’affascinante pittore della grazia e della gioia, alternando fino alla fine temi religiosi e pastorali, paesaggi e scene campestri o mitologiche. La sua fama ha subito notevoli oscillazioni nel tempo:durante la prima metà del ‘700 veniva considerato il più grande artista della scuola francese; dopo il 1770 (anno della sua morte) gli verranno mosse violente critiche da Diderot e i seguaci del ritorno all’antico. Solo all’inizio del XX secolo la critica moderna gli renderà i dovuti onori, riscoprendo la sua vera grandezza.