Nel trattare di Barocchus romanticus, D’Ors stende un semplice elenco di nomi: Beethoven, Goya, Herder, Goethe, Lavater, Saint-Evremond, Schiller, Delacroix, Turner e Chateaubriand; ma lo fa precedere da alcuni personaggi che a suo dire fanno da trait d’union tra il barocco tridentino e il romantico, che nel tridentino sarebbero precursori del romanticismo: Watteau, Salvator Rosa, Giambattista Vico e, forse, Jean-Jacques Rousseau, sempre che quest’ultimo non sia già ascrivibile a pieno titolo nel romanticismo.
Classicismo versus romanticismo
A lungo si vide come elemento centrale del fenomeno romantico l’opposizione tra le letterature classiche e quelle moderne. Il senso del moderno non può però essere esclusivo di un determinato periodo storico. L’anima di un Catullo non era certo “intera, quella di Virgilio non era scevra di nostalgia e di malinconia, quella di Lucrezio non era immune da atteggiamenti titanici: anche questi poeti possono essere definiti, in senso lato, romantici. Ma occorre chiedersi in quale momento della storia il romanticismo perenne acquistò coscienza di sé stesso e diventò romanticismo storico.
Anti-illuminismo
Tale momento è la Rivoluzione francese compresa delle reazioni ad essa, che, con la carica passionale che la caratterizzò, mise definitivamente in crisi il mito illuministico della ragione. Solo dopo la Rivoluzione, Novalis e i suoi contemporanei si accorsero di essere romantici, in quanto si opponevano a quei “classici” che per essi erano gli illuministi. Mentre infatti il “classico” del Settecento aveva una fede invincibile nella ragione umana, che aveva scoperto verità definite, capaci di assicurare la felicità del genere umano, l’uomo romantico rifiutava tale mito razionalista, non credeva in un inarrestabile progresso.
Irrazionalismo
Ne conseguì il dilagare di tendenze irrazionalistiche, scatenate dalla persuasione che la realtà più autentica si sottraesse al dominio della ragione e si potesse attingere solo con il sogno e l’allucinazione, con l’ebbrezza dei sensi e con l’esperienza terribile ma morbosamente affascinante della morte. E’ significativo che la sensibilità romantica si definisca con termini tedeschi che non hanno l’equivalente nelle lingue neolatine, come Sehnsucht, che allude a uno stato d’animo malinconico, tipico di un desiderio mai soddisfatto, e Stimmung, che indica l’aspirazione romantica all’armonia cosmica. E si spiega come, nel primo Novecento, si sia operata una netta distinzione tra romanticismo tedesco e romanticismo latino: il primo è stato definito “mistico, filosofico, individualistico” e il secondo “sentimentale, sociale, patriottico, moraleggiante”.
Più di recente si è individuato uno stretto legame tra romanticismo e decadentismo attraverso il comune denominatore dell’irrazionalismo: nel suo celebre saggio La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Mario Praz ha rintracciato negli scrittori romantici i temi predecadenti dell’isterismo, del sadismo, dell’erotismo, della lussuria ecc. Si tratta di una fuga negli abissi dell’inconscio, che non ha disdegnato il ricorso alle scienze occulte e alla magia, che ha alimentato il culto del male nelle sue forme più sfrenate e perverse, donde discende il ricco filone del romanticismo “nero”, con le sue atmosfere cupe e angosciose, affollate di mostri e di spettri, di orrendi delitti e di macabre allucinazioni.
Religiosità ed esotismo
Se questo è l’aspetto più torbido del misticismo romantico, c’è una sua manifestazione più moderata, che si è espressa come vaga religiosità o ha favorito la conversione alla religione tradizionale, in netto contrasto con il deismo e con l’ateismo degli illuministi. L’ansia inappagata di infinito dell’uomo romantico si è manifestata tuttavia non solo come fuga nell’inconscio o nel sovrannaturale, ma più semplicemente come fuga nello spazio e nel tempo: di cui qui le evasioni romantiche verso il Medioevo barbarico o l’antica Ellade (per cui gli dèi classici escono dalla porta ma rientrano dalla finestra), di qui l’esotismo, manifestatosi come vagheggiamento di luoghi incontaminati, come nostalgia del primitivo (dall’America di Chateaubriand all’Estremo Oriente di Gautier, alle isole del Sud di Melville e Stevenson); di qui, infine, il mito dell’infanzia vista come un paradiso perduto, come l’età che consente un contatto fresco e autentico con la realtà.
Contestazione, impegno sociale e storicismo
All’ansia di infinito si contrapponevano le leggi e le convenzioni imposte dalla società: ne consegue, da parte dell’eroe romantico, una duplice reazione: il titanismo, che rinnova il mito di Prometeo, divenuto per i romantici il simbolo della ribellione al finito, della sfida contro i valori consacrati (si pensi al byronismo); e il vittimismo, cioè il ripiegamento dell’eroe sconfitto nella solitudine e nel sogno, nella malinconia e nel suicidio: è il caso del Werther goethiano.
La perenne evasione dalla realtà è però solo un lato dell’anima romantica: l’altro lato del sempre bifronte romanticismo è costituito dall’impegno per l’edificazione di una civiltà nuova. Nacque anzitutto, con il romanticismo, lo storicismo: in opposizione agli illuministi, che vedevano la storia come preparazione all’ “età dei lumi” e condannavano come ignoranza e barbarie il passato, i romantici ritennero che nella storia nulla fosse inutile e in ogni suo momento essa fosse infinita perfezione, razionalità assoluta. Nacque di qui la rivalutazione del Medioevo, in cui si scorgevano le origini del mondo moderno e, inoltre, in contrasto col cosmopolitismo settecentesco, il concetto di nazione. Lingua e religione, razza e costume sono indubbiamente elementi tradizionali del concetto di popolo: ciò spiega le posizioni legittimiste e reazionarie di molti romantici francesi e tedeschi, sostenitori della Restaurazione e dell’alleanza di trono e altare.
Ma non va dimenticato che nei paesi oppressi dal dominio straniero si verificò una coincidenza tra romanticismo e lotta per la libertà: basti ricordare lord Byron morto a Missolungi per la libertà della Grecia, o Mazzini e tanti altri romantici italiani impegnati nelle lotte del Risorgimento.
Autonomia dell’arte e disimpegno
Tale finalismo patriottico era però in netto contrasto con la più notevole conquista dell’estetica romantica, cioè con l’autonomia dell’arte (si pensi al motto “L’arte per l’arte” dello scrittore francese Thèophile Gautier). Si riproduceva così, in sede letteraria, l’antinomia tra la tendenza alla fuga e all’evasione e l’opposta tendenza all’impegno con la concreta realtà storico-politica: da una parte nasceva una letteratura lirico-soggettiva, il cui sbocco fu il decadentismo; dall’altra parte una letteratura realistico-oggettiva, che ebbe come sbocco il romanzo sperimentale, il naturalismo e il verismo. Sogno e realtà sono, in sintesi, i due volti del romanticismo, le contraddizioni tipiche di una civiltà travagliata e complessa, che hanno agitato la coscienza europea fino ai nostri giorni.