Il liberalismo
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in politica barocca
Benché l’aggettivo “liberale” entri nel linguaggio politico solo con le Cortes di Cadice nel 1812 e nella letteratura appare con Madame de Stael per descrivere un nuovo orientamento etico politico, l’inizio e la diffusione di questo pensiero risale ai pensatori seicenteschi e deve la sua diffusione ad Inghilterra ed Olanda.
Il liberalismo secentesco
Il liberalismo seicentesco ebbe caratteristiche precise: era per la tolleranza religiosa; era protestante ma non fanatico; considerava stupide le guerre di religione; teneva gran conto del commercio e dell’industria e favoriva l’affermarsi delle classi medie piuttosto che l’aristocrazia; aveva un immenso rispetto per i diritti della proprietà, specie quando erano proprietà accomunate con il lavoro di chi le possedeva; il principio ereditario era limitato e si rifiutava il diritto divino dei re in favore del principio che ogni comunità abbia il diritto di scegliere la propria forma di governo.
Nasceva la convinzione che tutti gli uomini nascano uguali e che la loro successiva uguaglianza sia un prodotto delle circostanze. C’era una certa ostilità contro i governi perché i governi erano nelle mani dei re o degli aristocratici, i quali raramente capivano o rispettavano i bisogni dei mercanti, ma questa prevenzione era tenuta a freno dalla speranza che la necessaria comprensione ed il rispetto avrebbero, alla lunga, finito col prevalere.
Il pensiero liberale nascente si opponeva a tutto ciò che c’era ancora di medioevale, sia in filosofia che in politica, perché le teorie medioevali avevano sanzionato il potere della Chiesa e del re, giustificato le persecuzioni e ostacolato il progresso scientifico. Voleva porre termine alla lotta politica e teologica, al fine di rendere disponibili tutte le energie per le imprese commerciali e scientifiche.
L'individualismo liberale
Il carattere distintivo dell’intero movimento liberale è l’individualismo: i filosofi greci non erano individualisti nel senso che si dà ora al termine; pensavano all’uomo essenzialmente come membro di una comunità: Platone nella Repubblica si sforza di definire una buona comunità e non un buon individuo. Con la perdita delle libertà politiche, da Alessandro in poi, si svilupparono forme di pensiero individualiste come il cinismo e lo stoicismo. Secondo la filosofia stoica un uomo poteva vivere una vita virtuosa, non importa in quali condizioni sociali.
Questa era anche la direttrice del Cristianesimo, specie prima che esso conseguisse il controllo dello Stato. Nel medioevo i mistici continuavano a diffondere le originali tendenze individualistiche nell’etica cristiana, tuttavia la maggior parte degli uomini e dei filosofi erano dominati da una sintesi di dogma, legge e tradizione, tanto che sia le teorie sia la moralità venivano controllate da un’istituzione sociale e cioè dalla Chiesa cattolica: il vero e il buono non dovevano essere definiti da solitari pensatori, ma dalla saggezza collettiva dei concili.
Protestantesimo e individualismo
Il protestantesimo porta una rivoluzione di pensiero asserendo che anche i concili generali possono errare. Definire la verità divenne cosi non più un’impresa sociale, ma individuale. Dato che individui differenti giungevano a conclusioni differenti, il risultato era una lotta continua e le decisioni venivano ricercate non più in assemblee di vescovi, ma sul campo di battaglia. Data che nessuna delle due parti era in grado di eliminare l’altra, si rese evidente la necessità di un metodo che conciliasse l’individualismo intellettuale ed etico con un’ordinata vita sociale.
Questo fu uno dei problemi fondamentali a cui il primo liberalismo tentò di dare una soluzione. Anche nella filosofia si fece strada l’individualismo, Cartesio propose il « penso, dunque sono » rendendo unica per ciascuno la base della conoscenza, dato che per ciascuno il punto di partenza era la propria esistenza, e non quella degli altri individui o della comunità. Quando Cartesio metteva l’accento sulla credibilità delle idee chiare e distinte, si orientava nella stessa direzione, dato che è per introspezione che noi crediamo di scoprire che le nostre idee sono chiare e distinte.
Il liberalismo di John Locke
La prima esposizione esauriente della filosofia liberale si trova in Locke, il più influente dei filosofi moderni. In Inghilterra le sue teorie erano così completamente in armonia con quelle di quasi tutta la classe dirigente dell’epoca, che la loro influenza si esercitò solo sulla filosofia teorica; in Francia, al contrario, dove dettero origine ad un’opposizione al regime esistente ed al cartesianismo dominante, ebbero un effetto considerevole sul corso degli eventi. Questo è del resto un esempio d’un principio più generale: una filosofia sviluppatasi in un paese politicamente ed economicamente avanzato, che nel suo luogo di origine è poco più d’una chiarificazione delle opinioni prevalenti, può diventare altrove una fonte rivoluzionaria ed infine può costituire una vera e propria rivoluzione.