Il patibolo: un fascino sinistro dell'epoca barocca
Scritto da Laura Savani. Pubblicato in mirabilia
Si riteneva che la pena capitale eseguita pubblicamente costituisse uno spettacolo che, imprimendosi della mente degli spettatori, fosse la più adatta e la più efficace per mantenere l’ordine e la quiete pubblica; per questo veniva inflitta con una certa frequenza. Ma il fatto che questi sinistri spettacoli continuassero a ripetersi dimostra la sua scarsa efficacia.
L’omicidio era sempre punito con una condanna capitale; così come l’adulterio, l’aborto e lo stupro. La stessa pena poteva essere inflitta anche a ladri e falsari. La giustizia si dimostrava particolarmente severa anche verso autori di semplici “pasquinate”.
Diversi erano i modi per giustiziare il condannato. Il colpevole poteva essere impiccato, strangolato, decapitato, mazzolato, bruciato.
La giustizia era precedutada rituali che rendevano lo spettacolo ancora più sinistro e raccapricciante. Se il condannato mostrava segni di una morte imminente, l’esecuzione veniva addirittura anticipata e in questo caso il suppliziato veniva portato sul luogo , sopra una sedia speciale con stanghe e issato sul patibolo con le carrucole.
La “giustizia” non era tuttavia così sbrigativa come potrebbe sembrare: l’autorità giudiziaria era particolarmente preoccupata di garantire al condannato la felicità nella vita ultraterrena. Vi erano religiosi, in genere frati, che confortavano i condannati in carcere nella notte che precedeva il giorno della condanna. Appena le campane annunciavano l’inizio del giorno, una folla di curiosi si accalcava davanti al portone del carcere, in attesa che si formasse il sinistro corteo che avrebbe accompagnato il condannato fino al patibolo.
Il corteo si apriva con i confratelli che indossavano il sacco e il cappuccio. Recitando il Miserere, le litanie della Madonna e altre preghiere, la processione si avviava lentamente verso il luogo del supplizio; per ultimo il condannato che seguiva il corteo a piedi o sopra una carretta trainata da due cavalli; alcuni frati lo esortavano a mantenere gli occhi su un Crocefisso che gli tenevano davanti; nel frattempo la folla di curiosi rispondeva alle invocazioni dei confratelli con la formula latina: “Ora pro eo!”
Quando il corteo raggiungeva il patibolo, il condannato veniva invitato ad entrare in una cappella allestita per l’occasione, per pregare e chiedere perdono a Dio, ma non sempre il suppliziato aveva intenzione di pentirsi.
Quando i confortatori avevano finito il loro dovere, era la volta del boia, che legava le mani del condannato e lo spingeva sulla scaletta del patibolo. A quel punto calava un terribile silenzio, in attesa del finale. Non sempre i carnefici erano all’altezza del loro compito; alcune volte la mannaia non riusciva a staccare di netto la testa del condannato e allora dal pubblico si levavano forti proteste. Il boia era quindi costretto ad ultimare l’opera con il coltello.
A questi terribili spettacoli non assisteva solo il popolino: principi, dame, cavalieri affittavano per l’occasione balconi e finestre per godersi lo spettacolo da una posizione privilegiata.
Le pene capitali avevano naturalmente un costo. In alcuni archivi si conservano ancora le “note delle spese fatte per giustizia..”