La psicologia del duello
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in uomo e società
L’aristocrazia si consolava pensando ad un passato immaginario, da una parte infatti l’Europa medievale non è stata conosciuta né compresa dai suoi discendenti fino a tempi recenti; dall’altra solo pochi degli aristocratici moderni discendevano davvero dalla cavalleria medievale di cui si atteggiavano ad eredi. Erano in un certo senso simulatori che si pavoneggiavano con piume posticce per convincere se stessi e impressionare gli altri. Il duello era un modo per rendere la simulazione più convincente, poiché portava una nota di dura realtà all’interno della finzione. Tutto ciò si spiega solo all’interno di una realtà sociale e politica complessa com’era quella europea; nella sua forma più rituale il duello è senz’altro una delle pratiche più incredibili registrate dalla storia dell’uomo.
Il duello contribuiva a rafforzare quella convinzione, lasciando l’individuo, solo con se stesso, ad affrontare il proprio destino, con il solo conforto dell’orgoglio di appartenere a una fetta scelta dell’umanità e del rispetto dei doveri che ciò gl’imponeva.
Ogni incontro rappresentava un puntello per la classe intera, almeno fino al momento in cui l’opinione pubblica esterna raggiunse la forza sufficiente a bollarlo come ridicolo e/o criminoso. Ma questo si verificò con lentezza sorprendente. L’aristocrazia resisteva grazie a qualità che le assicuravano l’ammirazione, sia pure riluttante. Come la monarchia, essa si trasformò sempre di più in un attore che recitava una parte complessa. La sua condotta manierata, ma non priva di elementi di valore umano, colpiva la borghesia quanto la sua audacia in guerra.
Prima di tutto il duello era illegale, soprattutto per chi non faceva parte dei corpi militari direttivi. Il duellante dunque si poneva al di sopra della legge e dimostrava che il rispetto di sé, ovvero della sua classe, era più importante di qualunque decreto. All’inizio dell’era moderna i monarchi assoluti europei costrinsero i loro nobili a rispettare una serie dileggi, ma essi vollero a tutti i costi mantenere una sfera di autonomia, magari priva di senso, ma importantissima dal punto di vista simbolico.
Una classe sradicata dal proprio contesto originario può tendere ad adottare costumi che rappresentino simbolicamente il suo ruolo, un tempo vitale; così la nobiltà feudale era devota alla guerra e, quando ormai la maggior parte dei suoi membri aveva smesso di occuparsi di questa attività, continuava a farsi ritrarre in antiche armature, magari combinate in modo anacronistico con merletti e parrucche.
Il duello di fatto esercitava sull’individuo una forma di costrizione sociale estrema e il fatto che i gruppi che lo accettavano fossero disposti a sottomettersi volontariamente a quella disciplina, mentre avevano per tanto tempo e così fieramente rifiutato di sottomettersi all’autorità dei loro governi, contribuisce a spiegare la loro ostinazione corporativa.
La Fontaine per esempio fu costretto a sfidare un amico che era stato disinibito con la moglie, il povero scrittore non aveva mai preso in mano una spada e fu subito disarmato. I due amici tornarono a casa abbracciati, entrambi non avrebbero combattuto il duello se la legge non scritta non l’avesse imposto.
Declinare una sfida, per qualsivoglia ragione, significava «affrontare il terribile marchio della disapprovazione della società». I personaggi più altolocati si trovavano spesso «fuori»; duchi e marchesi francesi, come i pari inglesi, erano ben rappresentati in quell’ambito e poteva succedere che perfino alcuni membri delle famiglie reali scendessero in campo. Il conte d’Artois, il duca di York, o due di loro insieme, il duca di Montpensier contro quello di Siviglia ecc. In quella sfera come in altre imperava la massima del noblesse oblige, e i capi della società non dovevano mostrarsi meno pronti degli altri, quando era in gioco l’onore.
Se l’uomo che aveva la ragione dalla sua parte veniva ucciso, o ferito, allora aveva fatto un sacrificio in nome della propria virtù; se era l’aggressore a morire o ad essere ferito, si poteva dire che aveva espiato la sua colpa. Ma entrambi correvano lo stesso rischio; visto dal punto di vista del singolo individuo, infatti, il duello è assolutamente irrazionale, ma non se lo si pensa come istituzione della quale beneficiava una classe; un ordine sociale.
Come le faide familiari, anche il duello poteva avere lo scopo di vendicare un torto fatto a una famiglia o a un gruppo e il coraggio dimostrato in quell’occasione rafforzava la reputazione del gruppo in questione; esso però riguardava direttamente solo due individui. Nella società europea che andava evolvendosi sempre più sulla strada dell’individualismo commerciale, che aveva contagiato in parte perfino la mentalità tradizionalista di una classe chiusa in se stessa come l’aristocrazia, andava formandosi la concezione fortemente presente per esempio nella letteratura romantica, elisabettiana o byroniana, dell’individuo che si misura da solo contro il mondo, dell’uomo che si erge contro la società.
A favore del duello François Billacois scrive: è una scuola di amicizia più che una esperienza di odio. Futilità dei motivi, facilità alle riconciliazioni, solidarietà spesso per il bisogno comune di sviare la polizia: tali sono i rapporti reali degli antagonisti. Il duello, dove ci misura, dove ci si valuta, dove ci si scopre, dove si afferma se stesso insieme all’altro: è un segno di riconoscimento fra giovani nobili, una sorta di prova iniziatica sempre ricominciata, giacchè questa confraternita segreta, prova priva di istituzione non ha altro garante ed altra esistenza se non la prova del duello in cui essa stessa si crea. L’avversario non è un nemico ma un complice.
Contro il duello Pascal scrive: la passione dominante delle persone di questa condizione è il punto d’onore, che li impegna ad ogni momento in violenze che sembrano assai contrarie alla pietà cristiana; sicchè si dovrebbe escluderli quasi tutti di nostri confessionali, se i nostri Padri non avessero un poco allentato la severità della religione per adeguarsi alla debolezza degli uomini. Ma siccome volevano restare attaccati al Vangelo per il loro dovere verso Dio ed alle genti del mondo per la loro carità verso il prossimo, hanno avuto bisogno di tutta la loro acutezza per trovare degli espedienti che sistemassero le cose con tanta giustizia che si potesse mantenere e riparare il proprio onore con mezzi di cui ci si serve ordinariamente nel mondo, senza nondimeno ferire la propria coscienza, al fine di conservare insieme due cose così diverse come la pietà e l’onore.
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