Grande protagonista del primo Settecento francese, Jean Antoine Watteau nasce a Valenciennes nel 1684. All’età di 15 anni il padre lo colloca come apprendista nella bottega di Jacques Albert Gerin, uno dei più anziani pittori della città; in seguito però, a causa del mancato compenso della retta pattuita, il giovane è costretto a cercar fortuna altrove. Nel 1702 è a Parigi nello studio del decoratore Claude Gillot, dove viene a contatto con il gusto del tempo, esaudendo le richieste del pubblico con opere d’ispirazione mitologica e teatrale.Di questo primo periodo è un quadretto di scena burlesca “Che cosa ho fatto, maledetti assassini?”, ispirato a Molière.
Non si conoscono le vere cause che spingono Watteau ad allontanarsi dal suo maestro; comunque sia, sarà lo stesso Gillot a raccomandare il giovane Antoine alle cure di Claude Audran, allora conservatore alla Galleria del Lussemburgo – l’antica residenza di Maria de’ Medici - e noto decoratore. Insieme i due artisti decorano il Cabinet du Roi nel castello di Fontainebleau, negli anni 1708-09; il compito di Watteau è quello di dipingere, tra gli altri elementi decorativi, piccole figure “cinesi e tartare”. Il suo rapporto con Audran è importante soprattutto perché gli permette di visitare le grandi tele dedicate da Rubens alla Vita di Maria de’ Medici ed Enrico IV: opere che, appassionatamente studiate, resteranno sempre nel ricordo e nell’arte di Watteau. Il contatto con l’opera del maestro fiammingo sarà determinante da un punto di vista tematico e formale: lo stile dell’artista si fa più libero e immediato, la pittura duttile e rapida, i toni delicati e brillanti, le figure sciolte e lievi.
La toilette
Nel 1709 torna nella città natale, per un breve arco di tempo durante il quale dipinge alcuni quadri di soggetto militare: Valenciennes può offrirgli proprio in questi anni degli spunti reali per quel genere, trovandosi coinvolta nella guerra di successione spagnola. Opere come La recluta, Il campo mobile, Le fatiche della guerra denotano una perspicace visione realistica “contro le finzioni e i travestimenti dell’arte accademica, ma vi si scorgono pure, nel rapporto delle figure col paesaggio, accenti lirici e talora persino sentimentali” (Lossky). Queste opere segnano l’inizio della travagliata fortuna dell’artista, segnata da una salute precaria e da una naturale disposizione alla malinconia e all’inquietudine. Watteau non è mai completamente soddisfatto della sua opera, neppure quando al suo ritorno a Parigi nel 1712 viene ammesso all’Accademia col titolo ufficiale di pittore di feste galanti.
Feste galanti
Lo stile
La sua pittura sceglie l’intimità della scena di genere, l’improvvisazione spiritosa della commedia dell’arte, l’idillio frivolo o patetico delle « feste galanti », in aperto contrasto con lo stile retorico e pomposamente classicheggiante dell’Accademia. Nella querelle des anciens et des modernes che divampa all’inizio del secolo in Francia, le sue scelte si rivelano subito antiaccademiche, privilegiando le correnti e le espressioni più libere e aperte della pittura francese e fiammingo-olandese. All’antichità di Poussin egli preferisce il vasto e libero dominio della fantasia, che trova la massima espressione nel teatro: non quello classico, ma quello contemporaneo delle comédies-ballets e della Comédie Italienne, le cui rappresentazioni a Parigi riprendono alla morte di Luigi XIV nel 1715. Questo teatro, popolato di comici, buffoni e maschere, costituisce il principale nucleo tematico della sua produzione. Quanto alle “feste galanti”, il suo talento umbratile e sottile sa cogliere dietro la maschera festosa dei suoi personaggi la crisi della società, l’imminente ma ancora inavvertita decadenza, che l’uomo galante e superficiale nasconde a sé stesso rifugiandosi in un incipriato mondo di piaceri. Massimo esempio a questo proposito è L’imbarco per Citera, nelle due versioni, quella di Berlino del 1717-18 e quella del Louvre: le figure sono riprese in un susseguirsi di gesti lungo un unico tragitto, l’imbarco per l’isola della giovinezza e dell’amore. Molti sono stati i significati critici attribuiti a quest’opera di non facile interpretazione, quasi tutti però sono riconducibili a un’unica idea: il malinconico, trasognato trascorrere del tempo.
La danza
Dopo essersi recato a Londra nella speranza di curare la tisi che lo affligge, l’artista crea nel 1720 L’insegna di Gersaint, suo ultimo capolavoro: una tela di grandi dimensioni eseguita in soli otto giorni, destinata alla nuova bottega del mercante d’arte Gersaint. Ma il dipinto svolge la sua funzione d’insegna nel negozio solo per una quindicina di giorni: data l’enorme ammirazione suscitata, viene subito destinato al mercato artistico entrando nelle collezioni di Federico II di Prussia. In questa “istantanea”, dove dame e gentiluomini sono colti nell’atto di ammirare gli oggetti d’arte, appare mirabile l’assoluta spontaneità di gesti ed espressioni; l’opera è modellata con un colore pastoso e una stesura rapidissima, dovuta sia alla brevità di tempo dell’esecuzione, sia alla volontà di dare un effetto di maggiore immediatezza: ancora una volta Watteau evidenzia in uno spazio ristretto una grandiosa realtà, basata essenzialmente su una sottile finzione scenografica, con un’artificiosità evanescente e incantatrice. L’espediente barocco del quadro nel quadro è, secondo alcuni critici, interpretabile come una sorta di testamento artistico da parte di Watteau. Nudi mitologici, opere religiose, un paesaggio, una natura morta, più che copie fedeli costituiscono una sorta di evocazione della pittura veneziana del XVI secolo e di quella fiamminga del XVII secolo, che Watteau aveva studiato con tanta ammirazione. Più densa di possibili significati è la presenza a sinistra del ritratto di Luigi XIV, nel particolare momento dell’imballaggio. Metafora del tramonto di un’epoca? Allusione al nome della galleria di Gersaint, “Au grand Monarque”? O una vanitas relativa alla fugacità della storia terrena (come lascerebbero intendere simboli quali l’orologio e gli specchi)? Ma un’altra lettura è possibile: se messa in relazione al mutamento culturale e sociale avvenuto in Francia tra il 1680 e il 1720, l’Insegna finisce per visualizzarne gli effetti sul rinnovamento del sistema di controllo e fruizione della produzione artistica. In parole più semplici, il ruolo di protettore indiscusso delle arti detenuto da Luigi XIV, che aveva promosso il rigido sistema dell’organizzazione accademica, passa ora a nuove figure di collezionisti di estrazione alto-borghese. Raffigurando l’interno di un prestigioso negozio d’arte Watteau esalta lo spirito imprenditoriale dell’epoca, attraverso una vera e propria apologia del lusso. I raffinati oggetti presenti nella bottega illustrano efficacemente l’evoluzione del gusto promossa da una nuova classe di collezionisti e mercanti d’arte.
Considerando la brevità della sua carriera, Watteau dipinge un numero quasi incredibile di opere. Caylus spiega come l’artista non usasse abbozzare i personaggi sulla tela, ma passasse direttamente all’esecuzione. Aveva però un album dove conservava i suoi disegni e di cui si serviva quando doveva creare un soggetto; possedeva inoltre degli abiti eleganti e dei costumi teatrali, con i quali vestiva i suoi modelli. Amava dipingere “a’ gras”, ossia “puliva di rado la tavolozza, e il suo barattolo di olio grasso, di cui faceva sì grande uso, era pieno di sporcizia e di polvere” (Caylus). Watteau seguita a dipingere con questa tecnica fino agli ultimi mesi di vita; poi, quando le sue condizioni di salute si fannosempre più precarie, si trasferisce in una casa di campagna a Nogent-sur-Marne dove trascorre gli ultimi giorni, rasserenato dalle cure dell’amico Gersaint. Muore il 18 Luglio del 1721 a soli 37 anni, dopo aver distribuito i suoi disegni tra gli amici e bruciato i suoi nudi per scrupoli religiosi. Scrive Rosemberg: “dopo Watteau, la pittura europea non poteva più essere la stessa. La nota romantica e sognante, grave e melanconica, di una sensualità tutta intellettuale che egli vi ha introdotto, doveva improntare di sé generazioni di pittori, da Gainsborough a Renoir, da Delacroix a Turner”. Imitato e plagiato, Watteau non ebbe mai veri allievi; ciò non gli impedì tuttavia di lasciare una prestigiosa eredità, con la quale dovettero confrontarsi tutti i suoi numerosi seguaci.