Il periodo storico in cui visse Hobbes fu particolarmente tumultuoso e questo contribuì fortemente sull’elaborazione teoretica del filosofo. Gli squilibri politici del periodo Stuart avevano inasprito il conflitto tra corona e parlamento accrescendo la spinta della borghesia al potere. La politica accentratrice della monarchia si rifletteva sulla struttura episcopale della Chiesa anglicana che, pur indipendente da Roma, aveva conservato dogmi e organizzazione gerarchica; forte però era la posizione dei presbiteriani che accoglievano l'esigenza puritana di una maggiore de-cattolicizzazione della Chiesa inglese e di un'articolazione più democratica del clero che avrebbe dovuto essere eletto dal basso, cioè dai fedeli stessi organizzati in comunità parrocchiali (presbiteri), anziché venire nominato dall'alto del potere vescovile. Questi conflitti politico religiosi condussero l'Inghilterra alla guerra civile, alla condanna e alla decapitazione di Carlo I e alla successiva dittatura repubblicana di Oliver Cromwell. Quest'ultima fu espressione della media borghesia e di una variante puritana più radicale dei presbiteriani, gli Indipendenti, che pretendevano una completa autonomia della Chiesa dal re e dal potere politico. La storia dell'Inghilterra della prima metà del Seicento è dunque in gran parte la vicenda del confronto tra i sostenitori dell'assolutismo monarchico e dell'episcopalismo e dei difensori di una più o meno grande redistribuzione del potere che consentisse maggiori margini di autonomia agli strati mediobassi della borghesia. Pur di estrazione piccolo borghese, Hobbes si schierò decisamente a favore del partito realista e della Chiesa anglicana, una scelta in piena sintonia con la sua teoria secondo cui l'unico modo per garantire la pace e la sicurezza civile è la concentrazione di tutto il potere delle mani di uno solo.
Dopo aver conseguito nel 1608 il bacca-laureato delle Arti ad Oxford, dal 1610 al 1612 egli accompagna il discepolo William Cavedish in un viaggio in Europa. Questo primo contatto con la cultura continentale verrà consolidato in Francia e in Italia, negli anni 1629-31, 1634-37, 1640-51. L'ultimo periodo della sua vita è contraddistinto da un volontario esilio per ragioni di sicurezza: nel 1640 egli aveva fatto circolare manoscritti gli Elementi di legislazione naturale e politica, in un momento in cui si radicalizzava la lotta tra il re e il Parlamento. Hobbes ebbe occasione di conoscere Galilei, Arretri, Gassendi, Mersenne (su invito del quale scrisse le terze Obiezioni alle Meditazioni di Cartesio) e molti esponenti dell'ambiente libertino. Il confronto con i massimi pensatori del seicento formano alcuni aspetti essenziali del suo pensiero: l'assunzione del modello matematico in filosofia, l'attenzione per il razionalismo cartesiano, corretto però dall'empirismo di Gassendi, la critica razionalistica alla religione che sfiora l'ateismo. Caduto Cromwell e restaurata la monarchia, Hobbes trova un valido protettore nella persona di Carlo II, suo antico discepolo che gli garantisce agiata vita a corte fino all’età dinovanta anni.
Gli scritti politici sono il lascito più importante di Hobbes, che formula la sua interpretazione politica nel contesto della guerra civile inglese degli anni 40 del Seicento. E’ interessante studiare la differenza tra il pensiero politico del Leviatano e quello espresso successivamente da Locke poiché deriva soprattutto dal diverso periodo storico in cui sono vissuti i due filosofi. L’Inghilterra del 600 vive due rivoluzioni, quella degli anni 40 (epoca in cui scrive Hobbes) e quella degli anni 80, detta " gloriosa " : mentre la prima fu una vera e propria guerra civile, la seconda rivoluzione venne considerata l'atto con cui l'intera società inglese si sbarazzò di una monarchia oppressiva creando la monarchia costituzionale. Per Hobbes la cosa che va evitata più di ogni altra é la guerra civile, per Locke la perdita della libertà.
La prima opera importante di Hobbes fu una traduzione inglese della Guerra del Peloponneso di Tucidide mostrando interesse antropologico, storico e politico fortemente pessimista che si curava di una storia attenta al diritto del più forte. Nella guerra civile Hobbes resta sempre legato alla monarchia e segue perfino la corte di Carlo II in esilio in Francia dopo la decapitazione di Carlo I.
Nel seicento persistono due modi di intendere la monarchia assoluta: la prima fonda il potere del sovrano sull'idea che fosse attribuito direttamente da Dio, la seconda posizione, comunque assolutista, é meno tradizionale rispetto a quella di Giacomo I e soprattutto laica: nello stato assoluto secondo Hobbes Dio non c'entra, il potere non deriva dall'alto, ma dal basso: gli uomini guidati dalla loro ragione decidono di associarsi e di rinunciare a porzioni della propria libertà in favore di un'istanza superiore (il sovrano). Con Hobbes concorderanno Locke, Spinoza e Rousseau: non é Dio ad attribuire il potere al sovrano, ma é il popolo guidato dalla propria ragione. L'interesse principale di Hobbes é la politica, tuttavia ritenne di dover fondare la politica su una base fisico – matematica,le scienze possono essere ridotte ad una sola (la fisica) e tutto (politica, etica, ecc..) può essere spiegato secondo le leggi della fisica matematizzata. Cartesio invece ritiene che con la fisica si possa arrivare a costruire la biologia (dalle leggi fisiche all'animale macchina) ma non estende la fisica alla politica e alla sociologia perchè la res cogitans (la spiritualità) è un limite. Per Hobbes tutto ciò che esiste é materiale e anche quello che ci sembra spirituale (la coscienza, la memoria, il dolore) non é altro che una manifestazione della res extensa: la coscienza e il sentimento non sono altro che epifenomeni, ossia manifestazioni oggettive, appendici: é la materia che dà la parvenza di essere coscienza. Nel Leviatano si parte dalla concezione della materia per arrivare in seconda istanza tempo alla politica considerata una fisica particolarmente complessa. Con il metodo riduzionista Hobbes considera la politica una vera e propria fisica sociale.
Per iniziare lo studio della realtà Hobbes parte da una definizione dell'essere data a suo tempo da Platone nelSofista, Hobbes arrivò alla conclusione che solo la realtà corporea è il reale ed elaborò una dottrina delle sensazioni e delle attività “spirituali“; per spiegare una sensazione, considera lo stimolo esterno che genera un movimento dalla periferia del corpo verso il centro,al centro si genera un altro moto che si identifica con la sensazione, che noi siamo soliti pensare come spirituale, ma che in realtà é puramente fisica e meccanicistica. La sensazione non é altro che un movimento impercettibile degli organi centrali del corpo. Similmente spiega la memoria: come mai ci ricordiamo delle cose che col tempo tendono a sbiadirsi? Ecco la spiegazione: quando vediamo qualcosa i nostri sensi sono urtati e si innesca il movimento materiale tramite il quale vediamo la cosa che ci sta davanti; quando poi la cosa non ci sta più davanti continuiamo a vederla perchè il moto innescatosi quando la osservavamo (per la legge di inerzia) perdura e così con la mente continuiamo a vedere l'oggetto che prima ci stava di fronte. La memoria é un moto attenuato che permane in noi per un certo tempo. La tesi é piuttosto ingenua, ma non così diversa rispetto a quella fornita dalla biologia e dalla medicina attuali. La filosofia di Hobbes é in buona parte un tentativo di superare le difficoltà create da Cartesio: se esistono una res cogitans (spirito) e una res extensa (materia) nettamente distinte che entrano in contatto tra loro (la res cogitans anima decide di alzare il braccio e la res extensa braccio si solleva), come si spiega il contatto tra realtà materiale e realtà spirituale? Se si parla di contatto allora si parla di urti materiali, ma é assurdo parlare di urti materiali in una realtà metafisica quale é la res cogitans! Cartesio ricorreva alla ghiandola pineale dove avveniva il misterioso incontro tra res cogitans e res extensa. Hobbes elimina la res cogitans e riconduce tutto alla res extensa ma se vengono superati i problemi connessi alla ghiandola pineale, ne vengono creati di nuovi, forse ancora più grossolani. Hobbes non dice che le sensazioni sono prodotte da movimento, arriva a dire che le sensazioni sono movimento. Sia che si tengano in gioco la res extensa e la res cogitans, sia che si consideri solo la res extensa si cade inevitabilmente in contraddizione; se dico che il movimento provoca la sensazione entro nell'aporia cartesiana: la res extensa si muove e genera un qualcosa che non é più res extensa é un qualcosa di materiale che, misteriosamente, produce qualcos'altro di spirituale. Se invece, sulle orme di Hobbes, dico che il movimento é sensazione cado in una contraddizione ancora più grossolana: la sensazione é sensazione, non é un movimento.
Partendo dalle premesse sulla materia il concetto di etica viene totalmente stravolto nella sua concezione di bene e male rispetto a tutte le filosofie precedenti. In tutte le filosofie il bene é sempre stato ciò verso cui si deve tendere e il male ciò da cui scappare. Nella filosofia meccanicistica e materialista di Hobbes, il finalismo non può assolutamente essere accettato: non esistono cose buone a cui aspirare. In base alle leggi meccaniche, ogni comportamento é legato ad azioni di tipo meccanicistico: a certi stimoli corrispondono determinate reazioni, come nelle macchinein cui ad ogni input corrisponde un output. L'uomo reagisce sempre in maniera tale da sopravvivere, da autoconservarsi: reagendo così sceglierà certe cose e non altre, in altre parole opterà per tutto ciò che gli consentirà di sopravvivere. Per Hobbes il bene é ciò che l'uomo di fatto sceglie e il male é ciò che l'uomo di fatto evita: tutti gli uomini si comportano in una certa maniera e definiremo come bene ciò a cui essi tendono. Però il bene a cui essi tendono non é un qualcosa di stabilito a priori, é ciò a cui aspirano per inclinazione naturale. L'uomo agisce così in modo meccanico e il modo in cui agisce é il bene per l'uomo. Va notato come in questi ragionamenti ci sia un evidente riallacciarsi alla matematica: Hobbes stesso riteneva che pensare non fosse altro che operare e che ogni nostro pensiero fosse riconducibile ad operazioni di somma o di sottrazione: dire "la rana é verde" significa addizionare alla rana il verde. In base a leggi meccanicistiche l'uomo persegue le cose che gli garantiscono l'auto - conservazione: proprio in esse é il bene. Sulla base di questo bene e di questo male si genera il comportamento individuale, a Hobbesinteressa maggiormente quello collettivo.
Nella società civile il bene e il male per natura cedono il passo al bene e al male per convenzione. Tra le varie doti di cui l' uomo dispone vi éla ragione, fa notare Hobbes; gli animali stessi, in qualche misura, sembrano averne: per Hobbes viene a cadere quella netta distinzione di stampo cartesiano tra uomo e animale proprio perché manca la res cogitans, che era poi ciò che appunto differenziava l'uomo dalle altre creature: non essendoci la res cogitans, gli uomini sono macchine al pari degli animali. Gli animali per Hobbes provano sensazioni, hanno l' intelletto, ma non la ragione (intesa come pensare in termini generali tramite il linguaggio): l'uomo grazie al linguaggio e alla ragione può attribuire nomi comuni alle cose e di conseguenza può parlare per categorie. Hobbes é nominalista: le idee non esistono proprio perché non esiste la sostanza spirituale: tutto ciò che esiste è materiale; le idee sono solo flatus vocis e i nomi ci consentono di raggruppare tante cose in categorie. Gli uomini, proprio perché dotati di ragione, sono in grado di stabilire che cosa é più utile per la loro sopravvivenza; la ragione stessa li porta a vedere cosa é più utile per l'auto conservazione sul lungo termine e non solo sul momento. E’ quest' esigenza che li porta a far nascere lo Stato civile. In origine gli uomini, spiega Hobbes, vivevano nello stato di natura in cui vigeva una situazione nella quale ciascuno aveva diritto su ogni cosa: oggi ciascuno di noi ha diritto non su tutto, ma su qualcosa perchè così sanciscono le leggi in vigore nello Stato: é il diritto di proprietà. Ma nello stato di natura, in cui non c'é lo Stato civile e quindi non ci sono le leggi, tutti hanno diritto su tutto. Ciascuno può cioè fare ciò che desidera per procurarsi ciò che gli serve: si potrà allora rubare e uccidere per sopravvivere e, proprio perchè finalizzato all' auto - conservazione, questo sarà un bene. Per Hobbes l'uomo non é per natura incline ad essere socievole, come aveva sostenuto Aristotele definendo l'uomo come animale politico. La ragione suggerisce che la situazione di guerra di ciascuno contro tutti gli altri nata dall' esigenza di auto - conservarsi porta ad un risultato opposto a quello per cui era nata: infatti nel momento in cui tutti mirano alla propria auto conservazione a discapito degli altri, la vita di ciascuno diventa altamente insicura e neanche il più forte può vivere sicuro perchè ci sarà sempre qualcuno più forte e comunque anche i più deboli potranno in qualche modo minacciare la sua vita. La ragione, di cui tutti gli uomini dispongono nella stessa misura, suggerisce allora di uscire dal precario stato di natura. Uscendo dallo stato di natura su incitamento della ragione si passa a quello civile, che é un superamento appunto dello stato di natura: all' interno dello Stato civile non ci sarà più la guerra di ciascuno contro ogni altro, ma essa perdurerà nei rapporti tra Stato e Stato: Hobbes non riconosce il diritto internazionale e vede il rapporto tra uno Stato e l'altro come quello tra uomo e uomo nello stato di natura.
La differenza nelle concezioni politiche tra Hobbes e Locke sta proprio nel come essi intendano l'uscita dallo stato di natura; é proprio il modo in cui se ne esce che determina lo Stato civile che verrà originato. Per Hobbes la cosa più importante che debba essere garantita ai cittadini é la sicurezza, per Locke la libertà. Secondo Hobbes il principio fondamentale é l' auto conservazione (la sicurezza), tutto il resto é secondario tanto da poter essere sacrificato pur di ottenere sicurezza. Ma in concreto che diritti devo sacrificare per garantirmi la sicurezza? Secondo Hobbes qualsiasi diritto deve essere limitato proprio perchè la sicurezza é garantita dal fatto che si limitino fortemente tutti i diritti di tutti affidando un diritto coercitivo ad una sola persona che può decidere. Ognuno si deve cioè privare dei suoi diritti in favore di un'istanza superiore che può tutto su chi si é tolto i diritti, tranne togliere il diritto di sicurezza: si é affidato il potere a questa persona proprio perchè lo garantisse. Sarebbe stupido sacrificare anche il diritto di sicurezza: ho rinunciato a tutto perchè esso mi fosse garantito! Esiste un giusnaturalismo, ossia uno ius naturae, un diritto inscritto nella natura stessa delle cose, contrapposto allo ius positum ( diritto positivo, stabilito dai singoli Stati). La concezione dell’uomo di Hobbes fonda lo Stato assoluto, ossia la situazione in cui il sovrano ha diritti ampissimi che si estendono a tutto fuorchè alla vita dei cittadini. Ma va subito sottolineato come sovrano non sia sinonimo di monarca; la sovranità, può essere detenuta da un' assemblea. Il sovrano può decretare ciò che é giusto e obbligare i cittadini a comportarsi di conseguenza. Hobbes dichiara esplicitamente di nutrire grandi simpatie nei confronti della monarchia in quanto essa non porta a lotte di fazioni interne e, soprattutto, evita le guerre civili favorendo la sicurezza.
La rivoluzione inglese nacque per questioni finanziarie: il re chiese ai contribuenti una tassa extra per poter fare una guerra. Venne allora coniato il motto nessuna tassa senza rappresentanza (no taxation without rappresentation): c'era l'idea che la proprietà privata dei cittadini non potesse venir toccata dal sovrano. In altri termini lo Stato non potrebbe metter le mani sulla proprietà privata. Hobbes si schiera a favore dello Stato e contro i cittadini che difendono l'intoccabilità della proprietà privata da parte dello Stato: potrei dire che lo Stato non ha diritto di confiscarmi la proprietà se essa fosse un diritto che sta a monte dello Stato civile; ma nello stato di natura non c' é proprietà e tutti hanno diritto su tutto.Ma se é lo Stato stesso che stabilisce le leggi che garantiscono il diritto di proprietà, così come le ha stabilite, può anche abolirle e confiscare la proprietà ai cittadini. Il sovrano può tutto, tranne che toccare la mia esistenza, e di conseguenza così come ha elargito dei diritti (quello alla proprietà ad esempio), può anche riprenderseli. Hobbes si schiera anche contro i diritti consuetudinari, di derivazione medioevale. Si tratta di quegli antichi diritti che non sono stati decretati dal sovrano, ma sono validi per tradizione. Tipico diritto consuetudinario é quello secondo il quale uno Stato che si annetta un territorio, deve rispettare le leggi che in esso vigono. Hobbes non nega che il sovrano possa decidere di mantenere in vigore le leggi in vigore per tradizione nel territorio annesso, tuttavia dice che se il sovrano vuole, può cambiarle: se il sovrano con una sua libera decisione stabilisce di mantenere le leggi tradizionali di quel Paese, comunque la loro validità non dipenderà dal fatto che sono antiche e che quindi pure il sovrano deve attenervisi, bensì dal fatto che é il sovrano che decide di sua iniziativa di mantenerle valide. Esse non valgono per la loro antichità, tant'é che il sovrano può cambiarle quando e come gli pare e piace. La rivoluzione inglese nasce nel momento in cui il parlamento rimprovera al sovrano di aver rinnegato alcuni diritti tradizionali: secondo il parlamento certi diritti neanche il sovrano poteva toccarli. Hobbes con le sue idee ha fondato il nucleo teorico dell'assolutismo affermando due cose:
1) che non esiste alcun diritto prima della costituzione dello stato civile: nello stato di natura vige il diritto del più forte e ciascuno é nemico di tutti " homo homini lupus": lo Stato civile, per severo e intransigente che possa essere, é l'unica vera fonte del diritto e così come fornisce ai cittadini alcuni diritti può anche sottrarglieli senza dover rendere loro conto.
2 ) Le modalità del contratto sociale previsto da Hobbes sono il fondamento stesso dello Stato assoluto: il fondamento dello Stato per Hobbes é il consenso, a stipulare il contratto sono solo i cittadini, che decidono di privarsi di tutti i diritti per garantirsi quello alla sicurezza: il futuro sovrano non stipula alcun contratto, egli si limita a raccogliere dei diritti abbandonati senza stipulare contratti; non avendo stipulato un contratto, egli non deve sottostare ai dettami di tale contratto. Il sovrano é assoluto (dal latino absolvo), ossia slegato dagli obblighi che invece hanno i cittadini semplicemente per il fatto che lui non ha siglato alcun contratto, ma ha raccolto i diritti di cui il gruppo si é privato e gli ha ceduto affinchè garantisca loro il diritto alla sicurezza: ed é l'unica cosa che il sovrano deve garantire, tutto il resto dipende dal suo arbitrio. Il fatto che il sovrano sia svincolato da ogni dovere porta Hobbes a proclamare il divieto di ribellione: il sovrano, proprio perchè non l'ha stipulato, non potrà mai rompere il contratto e ogni suo atto i sudditi devono considerarlo come se compiuto da loro stessi visto che essi hanno volontariamente delegato a lui i loro diritti.
L'opera più famosa di Hobbes, in cui egli esprime tutte le sue teorie politiche é il Leviatano, che prende il nome da un mostro mitologico dell'Antico Testamento; é interessante notare che oltre al Leviatano, Hobbes scrisse un'altra opera, intitolata Behemoth: anche Behemoth é un mostro biblico, però, a differenza di Leviathan, é fortemente negativo e simboleggia la ribellione: quindi Behemoth, la ribellione, é un mostro distruttivo, che va assolutamente vinto. Il Leviatano, titolo dell' opera, non é altro che lo Stato stesso: nel frontespizio della prima edizione dell' opera compare un curioso disegno: un grande uomo con la corona sul capo che é a sua volta composto da tanti piccoli omini; lo Stato per Hobbes non é altro che un insieme di corpi e, poichè il corpo é spiegabile in termini meccanicistici, così deve essere spiegato anche lo Stato.