L’importanza fondamentale di Donatello per la scultura del Quattrocento e di Michelangelo per l’arte del secolo seguente è pari a quella di Bernini per il Barocco. La sua influenza sull’arte della sua epoca supera di gran lunga quella di ogni altro artista che lo ha preceduto.
Nato a Napoli nel 1598, inizia la sua formazione nella bottega del padre, il pittore e scultore Pietro Bernini, che aveva portato la sua arte per l’Italia lavorando nelle capitali dei regni al servizio della nobiltà locale. Stimolato dal passato artistico di Roma e dall’antichità, e allo stesso tempo profondamente impressionato dalla spiritualità religiosa di Ignazio di Loyola, Gian Lorenzo cresce in un ambiente che esercita influenze durature sulla sua personalità e sulla sua concezione dell’arte. Se i suoi primi tentativi lo indirizzano dapprima verso la pittura, la sua biografia pubblicata da Filippo Baldinucci nel 1682 ci fa sapere che inizia a cimentarsi con la scultura già all’età di otto anni, e a 16 anni ha già portato a termine commissioni autonome. Nelle prime opere, come La capra Amaltea di villa Borghese (1611-12), mostra già la sua virtuosa abilità nel modellare il marmo e una predisposizione genuina alla perfezione.
Le prime opere
Tra il 1618 e il 1625 realizza le quattro famose sculture per il cardinale Scipione Caffarelli Borghese, che segnano una prima fase creativa alla base della sua fama di primo scultore d’Italia, di Michelangelo del suo secolo.
Nel gruppo marmoreo di Enea, Anchise e Ascanio traspone il tema della fuga di Enea da Troia incendiata descritto da Virgilio. Il gruppo incarna il pensiero storico-teologico su cui poggia l’impero della Chiesa: nella fuga di Enea da Troia si vede l’origine della fondazione di Roma, l’insediamento del popolo romano nel Lazio ed Enea stesso come progenitore della Chiesa e del papato.
Nel gruppo Plutone e Proserpina i modelli letterari sono le descrizioni del ratto della dea degli inferi in Ovidio e Claudiano. A differenza del gruppo manierista del Ratto delle Sabine del Giambologna, il Bernini riduce i punti di vista a quello frontale e a quello obliquo da sinistra, cosicché l’evento rappresentato risulta immediatamente percepibile all’osservatore.
Nel David, la visione frontale mostra l’estrema concentrazione di Davide prima del lancio, e nell’espressione esalta la certezza della vittoria. Davanti a lui giace per terra la lira, simbolo dell’amore del giovane per la musica, che egli unisce al coraggio e alla forza. Per l’espressione del viso, contratto per lo sforzo, Bernini si sarebbe ispirato al proprio volto nei momenti della difficile lotta contro le durezze del marmo, armato dei suoi ferri. La corazza troppo grande, prestata a David dal re Saul prima del confronto, poggia per terra, come anche l'arpa con la quale suonerà dopo la vittoria, strumento musicale che culmina in una testa d’aquila con riferimento alla casa Borghese. E’ ancora aperta la questione relativa a quanti punti di vista principali siano stati previsti dallo scultore: il lato destro mostra il movimento di David, la sua falcata quasi un salto nell'atto di tendere la fionda; visto di fronte c'è l'arresto, un attimo prima del lancio fatale, e nella vista d’obliquo sono presenti in equilibrio ritmico elementi di passo e di posa.
La più famosa scultura di villa Borghese è l’Apollo e Dafne, che s’ispira a un episodio delle Metamorfosi di Ovidio: il giovane Apollo, infiammato dalla passione, sta per raggiungere la ninfa terrorizzata, la quale, nel momento in cui sta per essere presa, si trasforma in un albero. Avvinta dalla corteccia e dai rami dell’alloro, Dafne diventa parte della natura e d’ora innanzi, sotto forma di corona d’alloro, sarà sacra ad Apollo. Questo gruppo e il David quasi contemporaneo incarnano la quintessenza della scultura di Bernini. Nel David il passaggio repentino fra due movimenti contrapposti - fra il gesto appena compiuto dello stendere il braccio per prepararsi a colpire e quello immediatamente prossimo del lanciare - è definito come sul filo del rasoio, come privo di movimento. E' il brevissimo momento di sosta al culmine dell'azione ad essere congelato nella statua. La tecnica berniniana della rappresentazione in pietra di azione e movimento è paradossale: la negazione del movimento è calcolata sottilmente al fine di suscitare l'impressione del massimo movimento. Nell’Apollo e Dafneritroviamo la stessa cosa: l’azione è congelata al suo culmine, Dafne si trasforma sotto gli occhi di Apollo non appena questi arriva a toccarla.
Papa Urbano VIII
Nel 1623, con la salita al soglio pontificio del cardinale Maffeo Barberini, suo mecenate e potente protettore che prende il nome di Urbano VIII, inizia per Bernini una nuova e importante fase creativa: gli vengono affidati i lavori per la grande decorazione monumentale dell’interno della basilica di San Pietro. L’artista viene nominato a capo delle fonderie vaticane e riceve l’incarico per realizzare l’enorme baldacchino sopra la tomba di San Pietro. Un compito smisurato: si trattava di riempire l’imponente crociera che abbraccia lo spazio della basilica con una costruzione liturgica che potesse affermarsi nei confronti dell’architettura. Bernini sistema su dei piedistalli in marmo quattro colonne tortili bronzee a formare un ciborio, che ricorda il Tempio di Salomone in Gerusalemme, e le corona con un baldacchino a quattro volute e con sculture, legando così architettura e scultura in modo innovativo. La punta del baldacchino è coronata dal globo terrestre e la croce, simbolo del trionfo universale di Cristo. La maestria del Bernini nel collegare architettura e scultura si ritrova anche nelMonumento funebre di papa Alessandro VII, terminato pochi anni prima della sua morte. La tomba, destinata ad essere collocata nella nicchia della navata laterale di San Pietro, include la porta di accesso a quella che era un tempo la sacrestia. In questo modo la porta diventa allo stesso tempo ingresso alla tomba, ma ancor di più la porta della morte stessa da cui si leva uno scheletro brandente una clessidra come memento mori.
I busti del Bernini
Durante il periodo delle sculture per villa Borghese, Bernini inizia una serie di busti che libera dal vincolo dell’architettura manierista e dalla nicchia, portandoli all’apice artistico come ritratti barocchi di papi e monarchi. Sono opere che riescono sempre a cogliere la personalità del personaggio raffigurato e che attingono la loro forza espressiva nella capacità di cogliere l’istante dell’azione. La sua fedeltà alla realtà, influenzata anche dalla pittura di Velazquez, Rembrandt e Frans Hals, fa di Bernini il ritrattista più richiesto del tempo.
La passione amorosa che lo lega a Costanza Bonarelli, moglie del suo collaboratore Matteo Bonarelli, è così forte che il papa stesso alla fine è costretto a intervenire. Il ritratto di Costanza Bonarelli (1636-37) è l’unica testimonianza scultorea della vita privata di Bernini, nonché un’opera sprovvista degli attributi tipici del ritratto di rappresentanza. La testa voltata leggermente verso sinistra, la bocca socchiusa, gli occhi che guardano attenti e interessati: Costanza è ritratta in un momento pieno di spontaneità, ma anche in un atteggiamento di intima vicinanza.
Il busto di Luigi XIV (1665) rappresenta il capolavoro del ritratto barocco. La sua genesi è documentata come nessun’altra opera del Bernini, nella descrizione del viaggio in Francia fatta da Chantelou. Subito dopo il suo arrivo a Parigi nel Giugno del 1665 l’artista inizia a lavorare all’opera, che terminerà poco prima della sua partenza in Ottobre. Prima di chiedere al re di posare per il ritratto vero e proprio Bernini aveva realizzato numerosi schizzi e modelli in creta. Il busto, visto leggermente dal basso, mostra il monarca nel gesto rappresentativo della sua sovranità, come se stesse per impartire ordini ai funzionari di corte.
Papa Innocenzo X
Con la morte di Urbano VIII nel 1664 finisce a Roma una fase ventennale di produzione artistica barocca, dominata dalle concezioni formali del Bernini. L’elezione al soglio pontificio di Innocenzo X Pamphili diminuisce l’influenza dell’artista, a cui viene tolto il titolo di architetto di San Pietro. Il Borromini come architetto e l’Algardi come scultore si assicurano i favori del nuovo papa.
Costretto a rivolgersi a committenti privati, Bernini inizia nel 1647 a lavorare alla sua opera più ammirata, ma al tempo stesso più discussa: l’Estasi di santa Teresa d’Avila per la cappella della famiglia Cornaro in Santa Maria della Vittoria (1647-52).
Il gruppo di figure richiama alla mente il culmine di una visione estatica di cui Teresa d’Avila dà testimonianza: Un giorno mi apparve un angelo bello oltre ogni misura. Vidi sulla sua mano una lunga lancia alla cui estremità sembrava esserci una punta di fuoco. Questa parve colpirmi più volte nel cuore tanto da penetrare dentro di me. Il dolore era così reale che gemetti più volte ad alta voce, però era tanto dolce che non potevo desiderare di esserne liberata. Nessuna gioia terrena può dare un simile appagamento. Quando l’angelo estrasse la sua lancia, rimasi con un grande amore per Dio.
Nella rappresentazione del Bernini la santa è portata in alto da una nuvola, il suo corpo è celato fino alla mano e al piede sinistro da una veste drappeggiata; la santa attende la freccia che l’angelo tiene con la mano destra puntata su di lei. La luce naturale, che irrompe da una finestra non visibile, si fonde con quella soprannaturale del fascio di raggi dorati, così che la santa si trova rapita in uno spazio irreale, visionario, liberato dalla forza di gravità. Assiste all’avvenimento la famiglia del donatore della cappella, che occupa la loggia della parete laterale. Esaltato in maniera entusiastica dai contemporanei, un secolo dopo la sua esecuzione il gruppo diventa oggetto di una critica protrattasi fino ai nostri giorni, che in luogo dell’estasi religiosa di una mistica vuole vedervi solo un erotismo triviale.
Le fontane del Bernini
Con le realizzazioni berniniane l’architettura barocca delle fontane sperimenta una nuova forma di compenetrazione di acqua e pietra, allegoria e aspirazione imperiale della Chiesa, in base alla quale le figure vengono prese spesso dall’antica mitologia dei fiumi e dei mari e sono appena collegate alla struttura architettonica.
La Fontana del Tritone (1624-43) è un omaggio a Urbano VIII. La particolarità di questa fontana, costituita esclusivamente da sculture, risiede nella totale assenza di elementi architettonici. La composizione segue il racconto della fine del Diluvio Universale come è descritto nelle Metamorfosi di Ovidio: il tritone soffia nella conchiglia sonora e richiama con un segno i flutti e i fiumi. Quattro delfini emergono dall’acqua reggendo sulla coda una conchiglia aperta, simile a quella che i pellegrini usavano portare sul cappello. Su di essa siede il figlio del dio del mare, che soffia nella conchiglia fatta come una tromba, per dar fine al Diluvio. Sono presenti le insegne papali – la tiara e le chiavi – insieme alle api dello stemma dei Barberini come rimando araldico al donatore.
E’ invece il papa Innocenzo X ad affidare al Bernini la realizzazione della Fontana dei fiumi (1648-51) che domina Piazza Navona. Per valorizzare visivamente l’obelisco, che era previsto dal contratto, Bernini decide d’innalzarlo su uno zoccolo. In contrasto con la struttura architettonica della piazza urbana, l’artista trasferisce nel cuore della città un insieme roccioso tipico del paesaggio dei giardini delle ville: una soluzione del tutto innovativa. Seguendo un’idea tramandata da rappresentazioni antico-cristiane, riguardo l’origine da un’unica montagna dei quattro fiumi che rendono fertili i quattro continenti, il Bernini rappresenta nella fontana dei Fiumi il pensiero del centro del mondo. Le divinità fluviali poste ai quattro angoli rappresentano i continenti: il Gange per l’Asia, il Nilo per l’Africa, il Rio de la Plata per l’America, il Danubio per l’Europa. L’obelisco è coronato dall’emblema personale del papa Pamphili, la colomba “senza colpa” che porta nel becco un ramoscello d’ulivo e annuncia la pace divina, così che il pontificato del papa regnante e la sua esigenza di glorificazione sono posti in primo piano.
Il ratto di Proserpina di Lorenzo BerniniApollo e Dafne di Lorenzo BerniniGian Lorenzo Bernini architetto