La scenografia teatrale è relativamente recente e la sua nascita risale al periodo barocco. Prima di allora era ancora medievale la concezione della scena; le azione erano simultanee, potevano quindi svolgersi contemporaneamente in parti separate, come nei quadri gotici, nei quali differenti episodi sono raffigurati nei diversi settori di un solo quadro.
L’arredamento e gli addobbi scenici erano molto semplici;non esisteva il sipario e il tutto veniva smontato e rimontato a scena aperta; il luogo dell’azione era solo accennato. Un proscenio non decorato era sistemato contro un fondale dove erano dipinte finestre, porte e tende; vi erano poi mobili di stoffa in cui erano raffigurati alberi, case, fontane e rocce, in questo era possibile creare diversi luoghi dove ambientare l’azione scenica.
Anche il trascorrere del tempo era affidato all’immaginazione degli spettatori, le rappresentazioni venivano date di giorno e non vi era nessun effetto di luce che potesse far apparire un’alba, far scendere la notte, tingere il cielo di rosa. Gli unici “effetti speciali” che si potevano ottenere erano quelli sonori come il fragore di una tempesta o di un tuono.
Nel Rinascimento erano già state create le basi della moderna scenografia; un esempio ante litteram di scenografia teatrale fu realizzata a Ferrara nel 1508 nel teatro di corte. Sappiamo che Leonardo da Vinci, Raffaello, Bronzino, Vasari e Buontalenti, idearono decorazioni sceniche e allestirono favolose feste di corte e teatrali, ma la loro attività rimase circoscritta in un ambiente privilegiato.
Solo dopo il 1620 cominciarono ad essere usati anche nei teatri pubblici quei magici espedienti scenici che già erano stati impiegati nei teatri di corte. Si sentì l’esigenza di creare delle scene trasformabili, perché grazie ad esse era possibile rendere visivamente la concezione del dramma e della vita secondo l’ispirazione poetica dell’autore.
Il fin è la meraviglia
Il gusto dell’incantesimo che possedeva l’uomo dell’epoca barocca (la paura dell’aldilà era sempre più ricorrente e la fuga in un mondo ideale appariva sempre più necessaria) fece si che la magia dell’illusione si impadronisse della scena.
Quello che lo spettatore non era più in grado di immaginare, doveva ora crearlo la scenografia.
Divenne perciò necessario, per rappresentare un’opera teatrale dove l’azione si svolgeva in diversi luoghi, avere la possibilità di creare ambienti diversi. Così oltre ai periatti (prismi a tre facce che rotando sul loro asse permettevano di mutare la scena più volte) venne introdotto un fondale mobile. Questo fondale poteva essere diviso in due parti e ciascuna di esse poteva venire manovrata come un sipario. Vi si poteva inoltre praticare un’apertura come una porta a due battenti. Con un fondale così dipinto si poteva creare l’illusione di una vasta profondità e quindi un nuovo spazio si aggiungeva dietro al palcoscenico. La scena inoltre veniva divisa in due o tre parti e il pavimento era in salita.
Fino a quando le scene furono quasi del tutto prive di decorazioni, il sipario non fu necessario e la ragione di ciò è semplice: non si doveva celare nessuna sorpresa o incantesimo, solo la recitazione era importante. Si impiegavano bensì delle macchine per i mutamenti di scena, collocate sopra e sotto il palcoscenico, ed altri dispositivi e trabocchetti.
Ma quando furono introdotti gli effetti sonori e nacque un’attesa piena di tensione fu necessario un cambiamento: “Finalmente si leva il sipario, ed ecco che si presenta l’apparato scenico della commedia in tutta la sua gloriosa solennità, ma già prende avvio il prologo, come il primo degli attori…”.
Il sipario all’epoca cadeva in una fossa che serviva anche ad accogliere l’orchestra oppure “dopo che tutti avevano preso i loro posti, si levava dietro la scena un suon di musica che dava il segnale e il sipario veniva rapidamente alzato”.
Continue evoluzioni
Tutte queste innovazioni furono introdotte nel Seicento e ben presto si imposero in variteatri europei. In questo periodo vennero inventate anche le quinte, create dall’italiano Giovanni Battista Aleotti che già nel 1618 le aveva impiegate nel Teatro Farnese di Parma.
Un telaio di legno sul quale era stata tesa una banda di stoffa veniva manovrato mediante un carrello mobile situato nel sottopalco, da qui venivano guidate le quinte e spostate qua e là lungo le fessure praticate nel pavimento del palcoscenico. I gruppi di quinte, con le loro decorazioni pittoriche, venivano disposte in maniera simmetrica.
Nel sottopalco oltre ai carrelli per le quinte, venivano sistemati anche in trabocchetti assolutamente necessari per la messa in scena del teatro barocco: i malvagi dovevano sprofondare all’inferno così come il diavolo doveva uscirne.
Importante era anche la soffitta dove erano sistemati tutti i meccanismi e le apparecchiature per introdurre in scena, tra le nubi,il deus ex machina, o addirittura interi gruppi di persone: i demoni passavano veloci nell’aria e gli angeli scendevano in aiuto. Un sottofondo sonoro completava l’azione. Erano effetti che si potevano realizzare con facilità. Con semplici strumenti si riproducevano differenti suoni o rumori, tuoni, voci di animali, echi di battaglie.
Più problematica era la luce. Nei teatri chiusi si rese necessario illuminare l’ambiente utilizzando candele, lumi ad olio o fiaccole. Così non appare strano il fatto che solo pochi teatri si salvarono da incendi. Gli effetti di luce che si potevano ottenere era comunque modesti. Alcuni lumi sistemati dietro i periatti e le quinte creavano effetti d’ombre; si poteva dosare la luminosità, mediante piccoli cilindri che venivano abbassati sulle candele. Solo più tardi gli effetti luminosi si fecero più complessi e più efficaci. Per fare un esempio le nubi venivano illuminate tanto da apparire trasparenti e le stelle venivano accese da un fascio di luce che ne rifletteva i raggi. In seguito nel teatro si cominciò ad utilizzare la lanterna magica con cui si proiettavano sul fondale vedute di città o lontani paesaggi illuminati dalla luna, creando così magici effetti e conferendo allo spazio una maggiore profondità.
Nel Seicento le compagnie teatrali non avevano ancora propri scenografi. Generalmente vi era un attore particolarmente versatile, cui erano affidati i compiti di regista, scenografo, macchinista che si occupava anche del guardaroba e di tutti gli attrezzi che appartenevano alla compagnia.
Vi erano delle serie di elementi decorativi che venivano impiegati per diversi tipi di spettacolo; per le rappresentazioni di poemi pastorali si allestivano grotte, paesaggi decorati con alberi e rocce; si montavano balaustrate e portali per i drammi. La scena era costituita da una sala o dal cortile di un palazzo. Scenografia e costumi erano legati da un rapporto reciproco e a poco a poco sorse una vera e propria mania per il costume teatrale. Nacque così una tradizione raffinata che verrà sempre più coltivata e sviluppata.
Nel Settecento, per quanto riguarda il teatro, il gusto subì di nuovo una trasformazione: le decorazioni si fecero più sobrie; gli effetti speciali dell’epoca barocca scomparvero per fare posto all’uomo, ponendo di nuovo l’accento sull’importanza della recitazione e sul contenuto dell’opera. L’uomo del Rococò ricerca un contatto con la natura e si serve di essa attraverso idilli villerecci e paesaggi sereni.
Solo il teatro lirico manterrà la pomposa scenografia del barocco.
Macchine teatrali
Nel Rinascimento per macchina teatrale s'intendeva un'apparecchiatura di una certa complessità destinata a produrre effetti speciali, come le apparizioni di personaggi tra le nuvole e ogni tipo di cambiamento a vista.
Le macchine ebbero grande importanza nel teatro dell'epoca barocca, che dava il massimo rilievo alla spettacolarità della messinscena, e raggiunsero il loro maggiore sviluppo nel XVII secolo a Parigi, dove ebbero un momento di gran voga opere (piéces à machine) scritte in funzione degli effetti ottenibili con le macchine, e decadde poi con l'avvento del teatro borghese e del naturalismo.
Le macchine teatrali ebbero più lunga fortuna nel teatro in musica, dove vennero soppiantate solo dalla meccanizzazione delle strutture sceniche dei teatri.
"Piéces à machine"
Le piéces à machine erano testi teatrali scritti per sfruttare al massimo le possibilità della macchineria teatrale, che ebbero un momento di particolare fortuna in Francia nella seconda metà del XVII secolo. Tra le opere più catatteristiche legate agli spettacoli più famosi per l'ingegnosità e la spettacolarità degli effetti, vanno citati L'Orfeo di Rossi (1647), l'Ulisse nell'isola di Circe di Boyer (1648), La commedia senza commedia di Quinault (1655), Il velo d'oro di Corneille (1661) e Gli amori di Venere e Adone di Donneau de Visé (1670). Tra gli ideatori di macchine teatrali e degli effetti speciali spiccarono l'italiano Giacomo Torelli e il francese D. Buffequin.
Teatri all’aperto
In epoca barocca, durante le feste di corte, gli spettacoli si svolgevano all’aperto. Successivamente nei grandi giardini vennero allestiti anche dei piccoli teatri stabili, veri gioielli di gusto e fantasia.
Il teatro di pietra del castello di Hellbrunn presso Salisburgo è il più antico dei teatri all’aperto dei paesi d’oltralpe. Era il 1616 e l’arcivescovo Marcus Sitticus von Hohenems fece scavare in una montagna, coperta per la maggior parte da boschi, una grotta a forma di abside arrotondata. La roccia venne lavorata, in modo da poter essere poi essere rivestita da decorazioni. Vennero inoltre praticate delle aperture che permettevano l’entrata in scena degli attori. Ai lati altre grotte permettevano agli attori di cambiarsi o ospitavano l’orchestra.
Sotto un arco di roccia potevano essere ospitati circa cento spettatori che così erano anche al ripario dalle intemperie; al di sopra dell’arco c’era posto per altre cento persone. Il teatro è unico nel suo genere e celebre per l’eccellente acustica.
Sempre nel giardino del castello di Hellbrunn c’è il Teatro Romano, usato raramente per rappresentare drammi ed opere. A forma di anfiteatro a gradinate di pietra. La scena era in realtà “la tavola del principe” e i convitati diventavano attori quando venivano sorpresi dai giochi d’acqua; le burla grossolane erano molto di moda in epoca barocca negli ambienti dell’alta nobiltà.
Ancora più grandioso è lo Zwinger di Dresda, il centro delle feste, che Augusto il Forte si fece edificare nel 1719. Si tratta di una costruzione all’aperto composta da padiglioni, colonnati e bassi edifici ornati da ricche decorazioni plastiche.
Questi grandiosi teatri all’aperto erano adatti ad ospitare tutto l’apparato delle favolose feste teatrali barocche mentre per gli spettacoli minori si poteva improvvisare lo spettacolo anche sulle scalinate dei castelli che fungevano da palcoscenico per gli attori; per gli spettatori si potevano apprestare velocemente posti a sedere e per i principi si utilizzavano delle poltrone sotto un baldacchino.
I primi teatri di verzura sorsero in Spagna e ciò è naturale: nei paesi a clima mite era possibile costruire teatri all’aperto con ampi scenari e quinte. Uno dei più famosi è quello di Aranjuez nel quale si tennero spettacoli già nel 1662. Nel giardino del castello del Buen Retiro, ne venne allestito uno attorno ad uno stagno, il “grande teatro” sorgeva invece in un vasto spazio circondato da alberi, attorno al quale furono costruite balconate per gli spettatori. I giardini della Hofburg di Vienna e del castello di Schonbrunn già nella metà del Seicento furono sfruttati per mettere in scena sfarzose feste teatrali.
Prima che la moda del giardino all’inglese si sostituisse a quella del giardino alla francese, o all’italiana, erano in auge i teatri a siepi dove le pareti di bosso e le file di tigli, faggi e tassi, tagliati geometricamente, costituivano uno scenario naturale per le rappresentazioni.
I teatri a siepi formano una parte a sé stante. Sono essi stessi dei giardini in mezzo a forme artificiali ed elementi rigidamente costruiti come rotonde, cerchi, ovali, linee rette ma a differenza dei teatri di pietra ebbero una durata relativamente breve.
In questi teatri il luogo destinato agli spettatori aveva la forma di un anfiteatro. Davanti c’era lo spazio destinato all’orchestra a forma di angolo retto o di semicerchio e sprofondato leggermente nel terreno; il palcoscenico si apriva con siepi disposte come quinte; accanto a queste decorazioni naturali potevano essere collocati altri arredi scenici, riccamente dipinti ed appositamente preparati.
Già nel 1652 esisteva pressi Lucca un teatro a siepi nel parco di villa Garzoni a Collodi, considerato il più antico teatro europeo di questo tipo.
Uno dei più antichi teatri di verzura è quello di Herrenhausen presso Hannover, del 1692: undici passaggi tra le quinte, che grazie alla prospettiva appaiono riunite verso il fondo, costituiscono il palcoscenico particolarmente grande e che sulla parte posteriore rimane aperto affinchè l’infinito del paesaggio e la vastità del parco possano venire compresi nella scena.
La Margravia Guglielmina di Bayreuth fece costruire dei teatri all’aperto del tutto particolari, uno nell’Ermitage presso Bayreuth (1743) e l’altro nel Felsengarten (parco delle rocce) a Sans Pareil presso Burg Zwernitz (1745-48). Si era già nel Settecento e le grandiose feste barocche erano terminate.
Sono costruzioni costituite da un insieme di alberi e pietre; coppie di pilastri, alcuni dei quali spezzati, sono collegati con arcate piuttosto basse: erbe e cespugli vi crescono in maniera disordinata. Ma questa vegetazione non è sorta nel corso dei secoli, bensì predisposta sin dall’inizio, in modo da creare l’impressione di vere e proprie rovine. Le pareti sono ricoperte di ghiaia e conchiglie, elementi decorativi che in quel periodo erano largamente usati in vari paesi. Si respira gia un aria romantica con i suoi indefiniti presagi di declino e di morte.