La tragedia nel periodo barocco
Scritto da Stefano Torselli. Pubblicato in teatro barocco
Il gran teatro del mondo, il tema cruciale del modo di essere nel periodo barocco, perchè ci fu un’architettura teatrale, scene di teatro nelle piazze delle città; ci fu una scultura scenografica di grande effetto e la poetica della meraviglia offre i fondamenti teorici agli effetti teatrali della stessa letteratura.
La metafora del mondo come teatro testimonia l’illusorietà della finzione teatrale che corrisponde a una particolare visione del mondo attraverso la quale il secolo coglieva la dimensione di apparenza e insieme di spettacolarità della realtà.
Le forme teatrali proliferano con lo sviluppo del melodramma, la diffusione della Commedia dell’Arte, la presenza di un teatro edificante voluto dalla Chiesa; si allarga il pubblico e si moltiplicano gli spazi in cui si fa teatro.
Il teatro stesso muta non è più il fondale dipinto e nemmeno la scena praticabile del teatro cinquecentesco, ma un ambiente che si trasforma nel corso della rappresentazione, una macchina teatrale spesso complicata che non serve solo a dare l’ambientazione dello spettacolo ma ne è parte integrante.
La tragedia rimane ancorata alla tradizione del passato perché considerata il genere alto per eccellenza.
L’intonazione della tragedia secentesca è solitamente cupa, misteriosa, ambigua e fa da sfondo a vicende che si sviluppano preferibilmente attraverso antitesi e parallelismi, mentre viene a mancare il grande personaggio tragico.
La vitalità del successo del teatro tuttavia muove anche la tragedia che diventa spettacolo non solo per le corti. Comparvero allora nuovi autori tragici che, a differenza dei letterati, avevano una diretta esperienza di spettacolo e a questa ispiravano la composizione dei testi, col risultato che anche per la tragedia il livello della parola diveniva meno importante a favore dell’immagine, del gesto, della magnificenza scenografica.
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