I primi divertimenti e il Tetro Farnese
Già nelle seconda metà del '500 la potenza di una casata in Italia era evidenziata dalla magnificenza dei suoi spettacoli. Per quanto la corte dei Farnese di Parma e Piacenza fosse più provinciale e piccola rispetto ad altri ducati italiani, anche loro cercarono di distinguersi con la pompa degli intrattenimenti.
Nel XVI secolo tra i divertimenti preferiti c'erano giostre e tornei pubblici, ai quali spesso partecipavano i signori stessi in veste di combattenti.
All'inizio del XVII secolo però, complice anche la nascita del Recitar Cantando che dalla camerata dei Bardi si era diffusa in tutta Italia, preferirono spettacoli più aristocratici e privati, caratterizzati dalla musica e dal canto, spesso con tematiche mitologico pastorali come imponeva il gusto dell'epoca.
L'amore per il teatro musicale spinse i Farnese a richiamare a Parma alcuni tra i letterati, i musicisti e i cantori più in voga al tempo, non escluso il “principe della Musica” Claudio Monteverdi.
Nel 1617 Ranuccio Farnese, per celebrare degnamente la visita di Cosimo II dè Medici, fa edificare all'interno del palazzo della Pilotta un teatro dalle dimensioni e dalla magnificenza mai viste prima in Italia: la visita del Granduca sarà annullata ma in solo 1 anno vedrà la luce uno dei primi teatri al mondo concepiti secondo i nuovi canoni della spettacolarità barocca.
Il teatro sarà inaugurato solo nel 1628, in occasione dei festeggiamenti per le nozze di Margherita dè Medici e Odoardo Farnese con l'opera “Mercurio e Marte” (musica di Monteverdi e testo di Achillini).
L'intrattenimento fu arricchito da un torneo e da una battaglia navale nella cavea allagata.
Le naumachie, magnifico spettacolo barocco
Le naumachie, condotte con navicelle in legno con a bordo fino a 3 passeggeri, seguono una tradizione antica (erano allestite già nell'antica Roma), ma nella concezione barocca dello spettacolo vedono introdotti nuovi elementi coreografici ed effetti speciali.
Le navicelle sono le riproduzioni fedeli e ricchissime degli elaborati velieri dell'epoca e le acque in cui navigano sono infestate da creature mostruose e malvage (mosse da complessi macchinari scenici) che sputano fuoco e fiamme o provocano tempeste, da ninfe e sirene, da isolotti magici che compaiono e scompaiono tra i flutti, da gli dei del Mare che con il loro intervento risolutore garantiscono un lieto fine di sicuro effetto.
E' un tipo di intrattenimento molto caro ai Farnese, che ne organizzeranno numerose anche nella Peschiera del Giardino Ducale di Parma, ma non solo: a Roma furono realizzate naumachie in onore di Cristina di Svezia e la moda arriverà sino in Francia, dove saranno organizzate splendide battaglie navali anche notturne nel Grand Canal di Versailles per il diletto di Luigi XIV e della sua corte.
E' tuttavia lo spettacolo più dispendioso che si possa concepire nel XVII secolo: i congegni per far affluire e defluire l'acqua sono complessi e costosi, come anche le macchine sceniche impiegate, spesso studiate ad hoc per una singola festa; inoltre la maggior parte degli apparati impiegati nella battaglie, fabbricati in legno, cartapesta, cartone e stoffa, diventa inservibile dopo l'utilizzo.
Il carattere estremamente effimero di questo spettacolo, che consuma in un tempo brevissimo giorni e giorni di lavoro di allestimento e incredibili risorse economiche, conferisce grande prestigio e chi lo offre ed è perfettamente in linea con la più pura essenza della spettacolarità barocca, magnifica e caduca.
Ranuccio II, il Duca del lusso e delle arti
Le magnifiche rappresentazioni allestite alla corte di Parma andarono via via diradandosi a causa della peste del 1630 e delle continue e dispendiose guerre che Ranuccio I doveva intraprendere per difendersi dall'espansionismo dei signori vicini. Proprio per essere più vicino alle zone di confine militarmente più sensibili, Ranuccio aveva abbandonato Parma e si era trasferito a Piacenza.
La corte Farnese torna a Parma con Ranuccio II, amante del lusso e dell'arte. Non si bada a spese per celebrare ogni avvenimento che possa essere pretesto di uno spettacolo.
Nel 1690, per le nozze di suo figlio Odoardo con Dorotea Sofia di Neoburgo organizzò ben 9 giorni di sfarzosissimi festeggiamenti, che rimasero ben impressi nella memoria dei partecipanti.
"sì sontuose riuscirono l’Opere in Musica fatte nel gran teatro, e nel Giardino della Corte, sì ricche le livree, sì straordinarie le macchine, i caroselli, i balli, le illuminazioni, i conviti…Per tante feste non s’incomodò poco quel Sovrano, ma certamente fece parlare assaissimo dell’animo suo grande, benchè alcuni vi trovassero dell’eccesso" .(L. Muratori, Annali d’Italia, anno 1690).
Un resoconto dettagliato di questi festeggiamenti lo dobbiamo al Parmigiano Giuseppe Notari, il quale racconta che “"da tutte le Province dell’Italia e da molte altre dell’Europa giunsero infiniti Nobili Forestieri, per rendersi Spettatori dè Famosi e non più praticati divertimenti. …Bologna, Milano, Firenze, Mantova, Modena, Lucca, Siena, Verona con tutte l’altre Città più rimarcabili dell’Italia. restarono prive dè loro più riguardevoli Abitatori, che resero per altro più popolata la bella città di Parma, che senza iperbole, e per la gioia, e per la moltitudine dè Stranieri più non capiva in se stessa".
I festeggiamenti iniziarono il 17 maggio con l'ingresso ufficiale di Dorotea e vari banchetti nuziali; proseguirono il 20 con l'inagurazione del Teatrino di Corte, che si trovava sul fianco sinistro del Teatro Farnese e che fu abbattuto nel 1822 per allargare la Galleria Ducale); nel contempo alri magnifici spettacoli furono tenuti al Teatro Farnese e al Collegio dei Nobili.
Per l'occasione venne posta davanti al Palazzo del Giardino una nuova fontana, al centro della quale si ergeva il gruppo statuario “Ercole che soffoca Anteo”.
Ma la rappresentazione più mozzafiato di tutte fu certamente quella della naumachia “La gloria d'Amore cioè la Conquista di Deianira fatta da Ercole” su musica di Bernardo Sabadini, allestita il 24 maggio 1690 nella Pescaia del Giardino Ducale, che era stata scavata apposta per l'occasione.
Al “pomposo e vago apparato fatto senza alcun riguardo di spesa” collaborarono i veneziani Gaspare, Pietro e Domenico Mauri, noti ingegneri teatrali.
La magnificenza di questo apparato è giunta fino a noi grazie alle incisioni di un artista minore, Domenico Mauri, forse parmigiano, assieme ad alcuni resoconti di testimoni: la cavea lignea occupava metà dello specchio d'acqua ed era costituita da sette gradoni e da un ordine di palchetti riparati da un velario policromo. Al centro, il palco ducale, poggiava su colonne dorate ed ea addobbato di velluto rosso bordato in canottiglia oro. Nell'ordine superiore vi erano statue lignee di cariatidi.
Sull'isolotto e ai lati della peschiera si trovava la mastodontica e spettacolare scenografia fissa che rappresentava il “loco dilitioso di Dejanira sotto le mura di Calidonia”.
Al combattimento navale fece seguito, a chiusura dei festeggiamenti nuziali, Il favore degli Dei di Sabadini rappresentato nel teatro Farnese la sera del 25 maggio.
Ranuccio II tuttavia non dimentico Piacenza, che era ormai divenuta una propaggine periferca del ducato e una “piazzaforte” di quasi esclusivo interesse militare, edificandovi il Nuovo Teatro Ducale, inaugurato nel 1688.
Gli spettacoli farnesiani nel '700
Con la costruzione della Reggia di Colorno gli scenari e le location per gli allestimenti di spettacoli si moltiplicarono e si raffinarono evolvendosi verso il gusto rococò.
Nel 1714, in occasione delle nozze di Elisabetta Farnese con Filippo V di Spagna (forse il più importante matrimonio-allenza di tutta la storia della famiglia Farnese, capolavoro diplomatico del Cardinale Alberoni), moltissimi furono i festeggiamenti, tutti minuziosamente descritti nel Ragguaglio delle Nozze delle Maestà di Filippo V e di Elisabetta Farnese, attribuito all'abate Giuseppe Maggiali ed arricchito da 5 grandi tavole in rame di Ilario Spolverini.
Abbandonata la moda delle naumachie, presero piede alla corte Farnese i balletti equestri (in verità già molto diffusi in Italia sin dalla fine del '500): nel 1728 se ne allestì uno magnifico, offerto dai convittori del Collegio dei Nobili, in occasione delle nozze di Antonio Farnese ed Enrichetta d'Este, Le nozze di Nettuno l'Equestre con Anfitrite, introduzione per musica di Carlo Innocenzo Frugoni.
Altro meraviglioso carosello in danza fu quello del 1732, per l'arrivo a Parma del duca Carlo di Borbone: fu offerto dal Collegio dei Nobili la Venuta di Ascanio in Italia, sempre su testo del Frugoni e musica di anonimo. Fu il “canto del cigno” della grande stagione delle feste farnesiane, dato che la famiglia si estinse e teatri e palazzi caddero in rovina fino all'avvento dell'età napoleonica.
Investire nel teatro per rafforzare il potere e rinnovare la società
La molteplicità di sedi per gli spettacoli aveva un senso ben preciso e non casuale: il teatro Farnese continuò asvolgere la funzione per la quale era nato, ovvero la celebrazione della dinastia e la comunicazione di messaggi politici, quello di S.Caterina ospitava i saggi dei nobili convittori, il teatrino di corte i balli dei principi, il Ducale poteva ospitare 1200 spettatori e rappresentazioni di ogni genere.
La sua costruzione in materiali stabili fu affidata da Ranuccio II all'architetto di corte Stefano Lolli all'interno del palazzo di Riserva e fu inaugurato alla fine del 1687 con l'opera Olimpia placata dell'Aureli.
Ranuccio II convoca per i suoi spettacoli personalità in vista del mondo culturale dell'epoca, nel tentativo di deprovincializzare il ducato e di elevarlo alla statura mondana di ambienti ben pià progressisti e meno cortigiani come ad esempio Venezia.
Consulente per le scelte musicali del duca fu il cantante castrato Calvi, menzionato quotidianamente nel diario di Ranuccio come accompagnatore nelle battute di caccia, nelle passeggiate e nei viaggi: ogni momento era propizio per congetturare nuovi e sempre più magnifici intrattenimenti!
Di certo le personalità più geniali che Ranuccio II chiama a corte sono i fratelli Bibiena, famosi architetti e scenografi. La scenografia barocca a Parma e in tutta Italia, dall'ultimo dcennio del XVII secolo e per almeno un cinquantennio dopo è legata indissolubilmente ai loro nomi, elemento che conferma l'eccelso livello qualitativo raggiunto dagli intrattenimenti farnesiani.
I due architetti riuscirono ad aggiungere un incredibile valore aggiunto di spettacolarità a intrattenimenti musicali già graditissimi al pubblico dell'epoca, con macchine e scenografie sempre nuove e sorprendenti, che il duca stesso si divertiva a “veder mutare” recandosi periodicamente nei teatri di Parma e Piacenza anche durante le prove.
Presto a questi magnifici spettacoli non vollero partecipare più solo i ristretti membri della corte, ma tutti gli aristocratici e i benestanti locali, disposti a pagare bigletti dai costi esorbitanti per accedere al Ducale.
Per i regnanti Farnese gli spettacoli non ebbero quindi più solo uno scopo celebrativo della dinastia, ma la funzione di forgiare il gusto e gli orientamenti ideologici della società (o almeno di quella parte che contava) e, non ultimo, quello di ricavare un utile.
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