Come si vestiva a lutto
Nel settecento per ridurre i consumi in molte città editti dello Stato tentano di ridurre la durata del lutto. Per i consorti, genitori e suoceri è fissata a sei mesi, per i figli, nipoti, generi e nuore, fratelli e sorelle a tre mesi, per gli altri parenti a un mese. Mentre per i figli al disotto dei diciotto anni il lutto è vietato. Gli uomini dovevano vestire di nero, striscia sul cappello e sciarpe nere per almeno sei settimane. E alle donne era consentito di avere solo due abiti a lutto stretto. Era vietato anche dipingere a nero le carrozze e le facciate delle chiese.
Le ore del giorno
Nell'Italia seicentesca il tempo era diviso diversamente da oggi e variava anche un poco di paese in paese. La giornata iniziava mezz’ora dopo il tramonto, quando suonava l’Ave Maria. Il mezzogiorno e la mezzanotte variavano a seconda della stagione e della latitudine. Quando la notte durava dieci ore e il giorno quattordici, si diceva che il sole si levava alle 10 e che era mezzogiorno alle 17, ovvero sette ore dopo, e mezzanotte dodici ore dopo (sette più cinque), secondo il nostro modo di contare alle 5 del mattino. Mezzogiorno e mezzanotte avrebbero dovuto spostarsi di qualche minuto ogni giorno. Ma per comodità la variazione veniva registrata soltanto di mezz’ora ogni quindici giorni, in progressione costante dal 10 febbraio al 15 maggio, e si stabilizzava in giugno e luglio, quando la mezzanotte era fissata alle 3 del mattino, mentre dal 1 agosto al 15 novembre il giorno diminuiva di una mezz’ora ogni quindici giorni e si stabilizzava in dicembre e gennaio, quando la mezzanotte cadeva alle 19, circa due ore soltanto dopo l’Ave Maria, che a Venezia il 31 dicembre veniva suonata alle 16.51.
Il tabarro
A Venezia gli aristocratici all’età di 25 anni indossavano una sorta di toga romana, foderata di pelliccia d’inverno e seta in estate a colori diversi a seconda del ruolo che ricoprivano. Verso la fine del 600 però i giovani hanno voglia di novità ed incominciano ad indossare il tabarro, un mantello nero a ruota intera e dal colletto basso. Inutile è la resistenza, il consiglio dei Dieci nel 1704 decreta addirittura la condanna a 5 anni di prigione e una multa di mille per i nobili che si vestono così ma la legge resta lettera morta, la moda fece il suo corso cambiando lo stile antico.
I negozi in città
La maggior parte dei generi alimentari erano venduti per strada, pane, patate cotte, polli e pesce fritto. Le botteghe artigiane invece attiravano i clienti con le insegne: cappelli rossi e berrette nere erano per i cappellai; forbici il sarto; un serpente il farmacista; un braccio sanguinate il salassatore; un turco con pipa il tabaccaio. Ma oltre alle insegne c’erano anche le scritte come quella di un barbiere di Roma: “Qui si castrano i cantori delle cappelle papali”
Devozione religiosa
La devozione religiosa tra seicento e settecento era altissima soprattutto per la formalità degli atti religiosi così come era prescritto ed imposto dal potere ecclesiastico. Varie testimonianze riportano che anche durante le rappresentazioni teatrali quando suonava l’ave Maria tutti si fermavano e si inginocchiavano verso oriente, compresi gli attori che magari in scena erano appena morti. Gli stranieri rimanevano perplessi perché a parte questa esteriorità poi nel concreto gli uomini erano gran peccatori. Finita la processione, che era un rito frequentissimo, molti andavano poi a mangiar in dolce compagnia e far bisboccia.
I barnabotti
Nella Repubblica veneta la gerarchia aristocratica divenne sempre più severa e rigidamente etichettata a seconda del titolo, dell’anzianità della stirpe e della ricchezza. Già ad inizio seicento le famiglie patrizie erano consolidate nel mantenimento del potere senza permettere evolozione delle cariche. Non tutti nobili però erano ricchi c'erano anche i nobili decaduti chiamati barnabotti perché in origine la maggior parte di questi aristocratici poveri erano alloggiati a spese dello Stato in contrada San Barnaba. Per lo più i barnabotti vendevano il diritto di voto al consiglio e si riducevano a vivere di gioco ed espedienti. I barnabotti venivano mantenuti dallo stato e quindi dalla aristocrazia in virtù del regime aristocratico.
I viaggi che fatica
Viaggiare era molto scomodo sia per le strade dissestate che per i mezzi di trasporto. In Italia soprattutto meridionale la situazione era assai drammatica ed il turista straniero che dopo anni di attesa poteva scendere a visitare finalmente il bel Paese ne restava assai deluso per l’arretratezza dello stile di vita. Viaggiare costava parecchio soprattutto per i turisti che venivano spennati. Nel 1714 un conte di passaggio, per rendersi indipendente, acquista a Piacenza due carrozze e relativi cavalli; i conducenti però sono talmente ubriachi che tra Parma e Modena le carrozze si rovesciano ben tre volte.
La mancia
I nobili erano attorniati da uno stuolo di valletti che facevano della furberia uno stile di vita, chiedevano mance a tutti postulando per ogni cosa. Voltaire stesso, in Italia, dovette pagare il valletto per esser ricevuto da chi era stato invitato. Montesquieu a Verona dovette pagare una buona mancia all’artigiano che gli aveva appena venduto le scarpe. Ma così è per chi vende libri o chi indica la strada. Addirittura a Roma venne chiesta la mancia per un volantino in cui vi era scritto gratis.
L'ospitalità italiana
Per quanto cerimoniosi fossero gli uomini del barocco l’ospitatlità era vissuta castamente. Le parole per gli ospiti erano strabordanti di complimenti, titoli e raffinatezze verbali ma per il desco si era ben accorti a far mantener la dieta i nobili italiani, ricchi o meno ricchi che siano, non offrono mai un pranzo. Ecco cosa dice un ospite straniero ricevuto a villa da una delle donne più ricche di Roma: “ Sono stato qualche volta alla conversazione in casa della procuratessa Foscarini, casa di sterminata ricchezza e donna graziosissima, peraltro; l’unica cosa che ci fu offerta, verso le tre, che corrispondono alle undici di sera in Francia, fu portato da venti camerieri, su un piatto d’argento smisurato, un grosso cocomero tagliato a fette, che chiamano col nome di anguria o melone d’acqua, cibo detestabile quant’altri mai. Lo accompagnano una pila di piatti d’argento; ognuno si butta su una fetta, vi beve sopra una tazzina di caffé, e se ne torna a mezzanotte a cenare a casa sua, con la testa fresca e la pancia vuota".