Breve storia della villa e dei suoi proprietari
Nel corso dei secoli villa Braghieri è appartenuta a diversi proprietari. In origine si trattava di un fabbricato rurale che per volere del conte Daniele Chiapponi venne ingrandito e trasformato in un luogo di villeggiatura propriamente detto “Casino di campagna”. La prima fase dei lavori iniziò nel 1690, il conte Daniele desiderava realizzare una dimora estiva per la villeggiatura in linea con la moda del tempo.
Nel 1698 cominciò la seconda fase dei lavori ma a causa delle dimensioni la comunità bloccò la costruzione del “casino di campagna”. Il cantiere riprese soltanto grazie all’intervento diretto del duca Francesco Farnese. Rimangono, presso l’archivio di Stato di Piacenza, vari documenti riguardo gli accordi presi tra il Conte Daniele Chiapponi e Mastro Antonio Tomba, tra i quali un carteggio datato 22 maggio 1692. Questo testo conferma l‘unificazione della nuova architettura con i precedenti corpi di fabbrica della casa vecchia. I Tomba sono una famiglia piacentina di architetti. Rimangono importanti nomi tra cui Lotario e Andrea. Alla morte del conte Daniele, nel 1713, il cantiere venne gestito in prima persona dalla figlia Teodora, moglie di Annibale Adeodato Scotti di Castelbosco. Questa se ne occupò fino al 1760, anno in cui morì. Rimangono numerosi documenti, come testimonianza dei lavori edili svolti in date comprese tra il 1715 e il 1722.
Tra 1727 e 1760 rimane soltanto un documento anonimo e non datato, relativo a un progetto con tre disegni a penna mai realizzato. In data 1773, Carlo Scotti da Castelbosco affidò i lavori al romagnolo Cosimo Morelli. Il cantiere riprese a pieno ritmo molto probabilmente in seguito all‘annunciata ed imminente visita della villa da parte di Maria Amalia d'Asburgo Lorena, moglie di Ferdinando di Borbone e sorella di Maria Antonietta.
Nel 1790 i lavori di costruzione del “Casino di campagna“ volsero al termine. Nei primi anni del 1800 la villa appartenne a Pietro Albesani, presidente del tribunale d‘Imperia. Questi occupò la carica di podestà di Castel San Giovanni dal 1860 al 1874.
Nel 1870 la villa divenne proprietà della famiglia Gobbi Belcredi, una nobile casata locale. Nel 1905 passò di proprietà alla famiglia Braghieri, originaria di Sarmato. L’avvocato Carlo Braghieri arricchirà la villa con la sua collezione di minerali, apparecchi fotografici di cui era appassionato, e rari strumenti musicali.
Negli anni ‘30, per suo desiderio, si svolsero numerose feste danzanti. Fu abitata fino agli anni ‘50 e ora è di proprietà del comune di Castel San Giovanni.
Il ciclo pittorico di Villa Braghieri e i suoi restauri
La villa è composta da trentanove ambienti, di cui ventitrè riccamente decorati. Secondo l‘architetto Marcello Spigaroli, il ciclo pittorico, si può cronologicamente collocare tra 1780 e 1790. Il salone d‘Onore presenta notevoli punti di contatto con gli affreschi di villa Rocca a Cornegliano (San Giorgio Piacentino) ove opera Gian Battista Ercole nel 1789, periodo denominato Barocchetto. Le similitudini si possono osservare nelle cornici dipinte, nelle finte unghie, e nelle lunette con vasi bracieri. Anche le formelle a soggetto classico, datate 1781 e realizzate da Filippo Comerio per il castello di Rivalta, sono analoghe a quelle presenti sia nel salone d‘ Onore che nella biblioteca privata dell’ avvocato Carlo Braghieri. Le grottesche, invece, si possono ricollegare ad un tipico modello degli ultimi trent‘ anni del Settecento. Il salone è stato restaurato nell‘ anno 2007 dalla restauratrice Paola Maestroni di Lodi. Il suo lavoro, che ha coinvolto la camera da letto detta “dell‘ angelo”, la camera da letto invernale detta “della Svizzera”, la camera da letto “della caccia”, la sala da pranzo verde invernale, la sala della musica, la biblioteca privata dell‘ avvocato Carlo Braghieri e i due studioli adiacenti è cominciato dall‘ agosto 2003 a stretto contatto con l‘ operato dell‘ architetto Marcello Spigaroli che ha preso parte ai lavori nella villa dal 1981. Hanno partecipato alle dipendenze della signora Maestroni, in qualità di restauratrici, Barbara Toresini, Paola Bassi, Valeria Borghi, Claudia Minuta Elisa Brigati.
Particolare attenzione meritano i pregevoli stucchi con cornicette stile rocaille nella camera da letto detta “della caccia” al primo piano, nel salotto con pappagallo al piano terra e sempre al primo piano nel salotto rosso detto “della musica”. Si tratta di modelli francesi inviati da Vienna. Opere analoghe si possono osservare presso palazzo Scotti di Montalbo a Piacenza. Anche le creazioni realizzate da Giocondo Albertolli, professore nella reale accademia delle belle arti in Milano, mostrano punti di contatto, per esempio presso villa del Poggio imperiale a Firenze.
La decorazione sia ad affresco che a secco lascia intravedere, nel gusto e nell‘ esecuzione un inserimento delle opere nel filone Neoclassico lombardo e milanese, in particolare palazzo Reale e villa Reale.
Se ne deduce che gli artisti esecutori non erano locali ma chiamati da fuori per poter interpretare la moda del momento richiesta dal committente che sicuramente viaggiava; per esempio era informato sulla novità artistica dei parigini Papiers Peints Panoramiques, presenti all‘ interno della camera da letto detta “della Svizzera” al primo piano.
Questi linguaggi innovativi si hanno anche grazie a numerosi artisti di varia provenienza che operano a Piacenza. Tra 1720 e 1770 vi sono vari nomi di rilievo tra cui quadraturisti come Bartolomeo Rusca, Francesco e Giovan Battista Natali, Luigi Mussi, Sebastiano Galeotti e Federico Borrario. Questi che lavorano in ambito locale, traggono a loro volta spunto dal maestro fiammingo De Longe (1646 – 1709) che dopo una formazione romana lavorerà per trent‘ anni a Piacenza. De Longe conosce l‘ arte classicistica bolognese, romana e i nuovi e arditi risultati del filone propriamente decorativo del Barocco dal quale nascerà buona parte della pittura del 1700.