"Di tutti i principi e i duchi, si, proprio di tutti, io devo farmi nemico per amore dell'imperatore" Albrecht von Wallenstein
Nel 1608 un giovane ufficiale al servizio del re di Boemia si fece fare l'oroscopo da Keplero. Come molte persone del tempo, l'ufficiale riteneva che il carattere di una persona fosse determinato dalla posizione degli astri il giorno della nascita e che il destino fosse racchiuso nei segni zodiacali.
Albrecht von Wallenstein, questo il nome del giovane ufficiale, era nato alle 16.36 del 24 settembre 1583 sotto il segno della Bilancia. Secondo l'interpretazione di Keplero, il soggetto dell'oroscopo era "pronto, vivace, impaziete, curioso di ogni novità, insoddisfatto dei modi e dei comportamenti della gente e ansioso di battere strade nuove". Poco incline a rivelare i propri pensieri e le sue sensazioni, Wallenstein era un individuo taciturno affetto da una vena malinconica, con "una propensione all'alchimia, alla magia, agli incantesimi, ai rapporti con gli spiriti, indifferenza e disprezzo per le istituzioni e le convenzioni umane e per tutte le religioni, considerando sospetta e spregevole ogni proposta, venisse da Dio o dagli uomini".
Inoltre, diceva Keplero, Wallenstein sarebbe stato "spietato, privo di sentimenti, indifferente verso tutti, dedito soltanto a se stesso e ai propri desideri, duro con i sottoposti, avaro, avido, sleale e ingiusto nei suoi rapporti con gli altri, solitamente taciturno, spesso impetuoso e anche bellicoso e ardito". Infine Keplero offriva una speranza a questo ritratto poco lusinghiero: "La maggior parte di questi difetti scompariranno con la maturità; una natura così eccezionale sarà capace di grandi imprese".
Il giovane Wallenstein, impressionato dall'oroscopo, lo tenne sempre con sé per confrontare le predizioni con le vicende reali della propria vita.
La giovinezza
Nato ad Hermanice, in Boemia, nel 1583, da una nobile famiglia decaduta di fede protestante, Albrecht von Wallenstein si convertì cinicamente al cattolicesimo a 23 anni. Privo di serie convinzioni religiose, Wallenstein credeva solo negli astri. Per tutta la vità non fece che consultare astrologi, prendendo decisioni importanti solo dopo che le stelle erano state consultate.
Tre anni dopo la sua conversione al cattolicesimo, il suo confessore, un gesuita, combinò per lui un matrimonio con un'anziana vedova, proprietaria di diversi terreni in Moravia. Costei morì pochi anni dopo il matrimonio, consentendo a Wallenstein non solo di vivere agiatamente, ma anche di rendersi utile presso Ferdinando II di Boemia.
Nel 1617, Ferdinando II chiese aiuti per la sua guerra contro Venezia e Wallenstein reclutò e addestrò a proprie spese 260 corazzieri a cavallo e moschettieri.
Alla testa dei suoi corazzieri, Wallenstein si aprì un varco fra i nemici che assediavano una piazzaforte fedele a Ferdinando e i cui difensori erano sul punto di morire di fame o di arrendersi e, mente la fanteria manteneva la breccia aperta dalla cavalleria, riuscì a portare in salvo fuori della fortezza i feriti e i moribondi.
La piazzaforte era salva e la reputazione militare di Wallenstein assicurata e in ascesa.
La Guerra dei Trent'anni
Lo scoppio della guerra dei Trent'anni offrì a Wallenstein un'altra occasione di gloria. Il conflitto, iniziato con una ribellione dei sudditi protestanti di Ferdinando contro il sovrano cattolico, raggiunse il culmine quando, il 23 maggio 1618, a Praga, gettarono da una finestra del palazzo reale due governatori. Cadendo da una quindicina di metri nel fossato sottostante, si salvarono, ma l'affronto a Ferdinando non poteva passare inosservato.
Wallenstein finanziò un reggimento di cavalleria al servizio del re e, quando i sudditi moravi del Sacro Romano Imperatore Mattia, cugino di Ferdinando, si unirono ai ribelli, egli fu nominato colonnello dell'esercito austriaco. Inviato presso quelle popolazioni dalle cui terre egli aveva tratto le proprie fortune, Wallenstein si impadronì del tesoro di guerra della Moravia e lo consegnò all'imperatore a Vienna. Questo atto visto dai moravi come tradimento provocò il bando di Wallenstein, dalle terre di Moravia, a vita.
La cosa non preoccupò affatto Wallenstein: aveva imparato, che schierandosi in guerra dalla parte del vincitore, poteva ottenere, oltre che la gloria, anche la ricchezza. Egli era destinato a diventare il più grande profittatore di guerra di tutti i tempi ma non era così ingenuo da pensare che Ferdinando e Mattia gli avrebbero rimborsato il denaro che aveva speso per reclutare e addestrare le truppe poste al loro servizio. Ciò che si aspettava, e infine ottenne, erano titoli, terre e benefici.
Ascesa
Nella Battaglia della Montagna Bianca, presso Praga, le forze protestanti furono battute, l'8 novembre 1620.
Ferdinando che dopo la morte di Mattia era stato eletto suo successore, nominò Wallenstein governatore militare della Boemia e membro di un consorzio autorizzato a battere moneta in Boemia, Moravia e Austria. Con la nuova valuta, deprezzata prima alla metà e poi ad un terzo del suo valore originario, Wallenstein cominciò ad acquistare le proprietà immobiliari dei nobili protestanti giustiziati o esiliati.
Successivamente sposò la figlia del più intimo consigliere di corte dell'imperatore e fu nominato duca di Friedland. Era diventato l'uomo più ricco del regno.
Agli occhi dei contemporanei Wallenstein appariva malvagio e tirannico: proprio l'incarnazione dell'oroscopo fatto da Keplero. Era famoso per l'ordine: "Impiccate quella canaglia", impartito alla minima provocazione e subito eseguito da timorosi subalterni.
La sua irruenza era leggendaria: si raccontava che, una volta, trapassò con la spada un ufficiale venuto a recare un messaggio mentre egli stava parlando con il suo architetto.
La repressione della rivolta boema non aveva posto fine alla guerra, che entrò in una nuova fase nel 1625, quando Cristiano IV di Danimarca si mise alla testa della causa protestante.
Spalleggiato da Olanda, Francia e Inghilterra, il re sperava di scacciare la lega cattolica di Ferdinando dalla Germania Settentrionale.Wallenstein si offrì di arruolare e mantenere un esercito imperiale di 24.000 uomini in cambio della potestà di esigere tasse e tributi dalle terre conquistate.
Nei tre anni successivi Wallenstein passò di vittoria in vittoria, costringendo i duchi di Germania a sottomettersi a Ferdinando.
Invidie
I trionfi di Wallenstein non erano universalmente apprezzati in ambito cattolico. Massimiliano di Baviera, per esempio, invidiava e temeva l'indipendenza che Ferdinando aveva ottenuto grazie alle imprese del suo generale. Se le cose fossero andate avanti a quel modo, non ci sarebbe stato più spazio per Massimiliano nè per altri capi della lega cattolica.
Wallenstein volle mettere le carte in tavola dichiarando che se l'incarico di comandante delle truppe imperiali non gli fosse stato confermato e se non gli fosse stato consentito di tacitare l'opposizione con un esercito capace di intimidire l'intera Europa, si sarebbe dimesso dal servizio di Ferdinando.
Nonostante l'ira di Massimiliano e di altri esponenti cattolici, Wallenstein ottenne ciò che chiedeva e potè aumentare a 70.000 gli uomini del suo esercito. Gli fu anche consentito di imporre con un editto la restituzione alla Chiesa cattolica di tutte le proprietà che le erano state sequestrate nei Paesi protestanti, dichiarando fuori legge tutte le sette protestanti, salvo i luterani.
Il 22 maggio 1629 Cristiano firmava la pace di Lubecca, con cui si impegnava a non intervenire nelle questioni tedesche in cambio della restituzione dei territori danesi conquistati da Wallenstein e da altri comandanti cattolici.
Fra gli alletati di Cristiano, abbandonati al loro destino, vi erano i duchi del Meclemburgo, le cui terre furono concesse a Wallenstein. Egli ormai non si considerava più al servizio dell'imperatore e cominciava a perseguire una sua politica indipendente.
Opposizione
Nelle campagne contro la Danimarca, Wallenstein si era reso conto di quanta importanza avesse il commercio marittimo e una potenza navale. Si fece quindi nominare capo di una flotta imperiale operante nel Mare del Nord e nel Baltico. Egli sognava anche di fondare, dopo la guerra, una compagnia commerciale in grado di tener testa alle compagni inglesi e olandesi, ma dovette abbandonare il progetto dopo aver tentato senza successo l'assedio del porto baltico di Stralsund.
L'insuccesso galvanizzò i capi della lega cattolica: in un'assemblea elettorale a Regensburg, nell'estate del 1630, i principi chiesero che l'imperatore destituisse il generale; fra le motivazione: le dimensioni dell'esercito di Wallenstein; il suo sistema di approvvigionare l'esercito a spese delle regioni attraversate, fossero Protestanti, Cattolici o neutrali; le rappresaglie crudeli e arbitrarie; e infine il modo barbarico e poco cristiano di arricchirsi a scapito altrui.
Per conservare il trono imperiale, Ferdinando finì con il cedere ai principi e licenziò Wallenstein. Al suo posto nominò il conte von Tilly, ormai settantunenne, vincitore della battaglia della Montagna Bianca e comandante della lega cattolica guidata dall'invidioso Massimiliano di Baviera.
Wallenstein ricevette la notizia da due messaggeri dell'imperatore nella sua splendita tenda militare ma non esplose in eccessi di collera; tenne per se la fiducia che aveva negli astri che, a quanto pare, erano a suo favore. Era solo questione di attendere il momento propizio.
Contro la Svezia
La Guerra dei Trent'anni stava, nel frattempo, entrando in una terza fase. Il re di Svezia Gustavo Adolfo aveva assunto la guida della causa protestante. Il sovrano svedese, indignato con i cattolici che opprimevano i suoi amici protestanti, risentito per la sua proposta di mediazione respinta a Lubecca e allarmato dalle ambizioni dell'imperatore, strinse alleanza con l'elettore di Sassonia.
A Lipsia, gli svedesi e i sassoni, sconfissero l'esercito imperiale di Tilly e dopo la vittoria si separarono: gli svedesi si diressero verso il Reno e i sassoni verso la Boemia.
La corte di Ferdinando, a Vienna, fu presa dal panico.
Il ritorno di Wallenstein
Amareggiato per il trattamento subito, Wallenstein, intanto, meditava vendetta. Fu così che iniziò trattative segrete con Gustavo Adolfo, offrendosi di reclutare e addestrare un esercito a proprie spese, questa volta al servizio della causa protestante. In cambio chiedeva di essere nominato vicerè di ogni territorio tolto a Ferdinando e di essere appoggiato nella pretesa di essere incoronato re di Boemia. Il re di Svezia esitò: non si fidava di Wallenstein, che considerava un voltagabbana.
La notizia che Wallenstein stava per cambiar partito, arrivò alle orecchie di Ferdinando che, dopo la sconfitta di Lipsia, superando ogni scrupolo, richiamò il suo ex comandante. Wallenstein accettò a condizione di riavere tutti i poteri di comandante in capo, quanto a Tilly, fu sconfitto e ferito mortalmente nella battaglia di Lech nel 1632.
Ultime campagne
All'inizio Wallenstein raccolse di nuovo grandi successi, cacciando i sassoni dalla Boemia e respingendo gli svedesi verso nord.
Nel luglio 1632, Wallenstein dovette affrontare Gustavo Adolfo in un campo fortificato vicino Norimberga. Per settimane Wallenstein respinse facilmente gli attacchi svedesi ma senza mai attaccare. Gustavo Adolfo, svervato, si ritirò lasciando al comandante via libera verso la Sassonia, che venne occupata.
Il 16 novembre il re di Svezia impegnò Wallenstein in battaglia attaccando a Lutzen l'armata imperiale. Sia Gustavo Adolfo che il suo comandante perirono in battaglia ma Wallenstein non seppe trarne profitto e la giornata terminò con la disfatta delle forze cattoliche.
Nel momento più importante della sua carriera, Wallenstein era rimasto "vittima" della sua cieca fiducia nell'astrologia; gli astri, che prima della battaglia aveva consultato, avevano dato un respono sfavorevole ed egli era ridotto ad un tal grado di dipendenza dall'astrologia da diventare esitante e timoroso nei momenti decisivi.
La rovina
Dopo la sconfitta Wallenstein decise di trasformarsi in paciere tra i due contendenti: la Boemia e la Svezia. Per farlo aveva però bisogno di mantenere il controllo del suo esercito.
Stabilì quindi i suoi quartieri generali in Boemia e Moravia: contava ancora una volta di trarre dalle popolazioni locali gli approviggionamenti per le truppe. Questo era troppo per Ferdinando, che chiese al comandante di sciogliere la sua armata.
Wallenstein convocò gli ufficiali in consiglio di guerra e ne ottenne il conseso ad ignorare l'ordine dell'imperatore. Ferdinando non insistette ma si diede a cercare altre vie per sbarazzarsi di quel suo scomodo generale.
Per la maggior parte del 1633 Wallenstein rimase inattivo, mentre gli svedesi proseguivano nelle loro conquiste, culminate in novembre nell'occupazione della piazzaforte di Regensburg.
Nonostante le insistenze dell'imperatore, Wallenstein non volle, o non potè, allentare la pressione su Massimiliano di Baviera e si ritirò nuovamente a svernare in Boemia.
Per tutto l'anno lo scaltro generale aveva trattato segretamente con i nemici, fra i quali si erano aggiunti, nel frattempo, anche i francesi. Sempre più fiducioso nei responsi astrologici, aveva spesso fatto offerte contraddittorie alle parti a cui prometteva il suo appoggio.
L'ambiguità del comportamento di Wallenstein gli aveva fatto perdere credibilità e veniva guardato con sospetto da molti dei suoi stessi ufficiali.
Il 12 gennaio 1634 Wallenstein costrinse i suoi generali ad un impegno di fedeltà "fino a che egli fosse rimasto al servizio dell'imperatore", ma il documento che fu fatto loro firmare non conteneva tale clausola essenziale.
Quando un generale riferì a Ferdinando quella omissione, questi emanò segretamente un decreto che destituiva Wallenstein e nominava Matthias Gallas a succedergli.
Gallas fu autorizzato ad arrestare e, se necessario, ad uccidere il comandante supremo come traditore e con lui tutti gli ufficiali che gli fossero rimasti fedeli.
A metà febbraio il decreto fu reso pubblico: Wallenstein era accusato di tradimento, cospirazione e comportamento scorretto, e veniva pertanto privato delle terre e dei titoli.
Con tre generali rimastigli fedeli, Trcka, Ilow e Kinsky, Wallenstein lasciò il suo quartiere invernale di Plzen, nella Boemia occidentale, e si diresse verso il confine, forse con l'intento di unirsi agli svedesi.
Due giorni dopo raggiunse con i suoi generali, la città fortificata di Cheb, dove si ritenevano al sicuro.
La sera del 25 febbraio 1634 il comandante della città invitò i 4 fuggiaschi ad una cena al castello; i tre generali accettarono ma Wallenstein rimase nel suo alloggio, sfuggendo così ad una trappola. I tre furono infatti giustiziati per ordine di un ufficiale di Ferdinando.
Rimaneva Wallenstein...
La fine
Era sera tarda e infuriava una bufera di neve. Dopo una bevuta per farsi coraggio, un capitano inglese, Walter Devereux, con sei dragoni, prese d'assalto l'alloggio del comandante in capo.
Trovarono Wallenstein in piedi presso una finestra: scrutava il cielo, forse per interrogare le stelle. Quando Devereux avanzò puntando l'alabarda, Wallenstein implorò pietà ma ormai era troppo tardi: la punta dell'arma gli penetrò nel petto ed egli stramazzò esanime.
"Di tutti i principi e i duchi, si, proprio di tutti, io devo farmi nemico per amore dell'imperatore" aveva dichiarato Wallenstein qualche anno prima. Ma che l'imperatore stesso sarebbe divenuto suo nemico, non l'aveva previsto, o forse non era stato in grado di leggerlo nelle stelle.