Filippo IV di Spagna non aveva la tetraggine del nonno e si godeva la vita. Era diventato re a 16 anni, e aveva trovato un primo ministro deciso e autoritario, il conte-duca di Olivares. Questi pensava a una grande politica di rafforzamento dello stato unitario e spremeva da ogni parte i denari occorrenti; quando questi non bastavano, alterava la moneta diminuendo la qualità della lega d’oro e d’argento e coniando grandi quantità di pezzi di rame. Perché dunque il re doveva darsi troppi pensieri? Meglio farsi ritrarre dai pittori di corte, fra cui il grande Velazquez, discorrere con gli artisti, andare a caccia e amare le donne. Aveva, del resto, un eccellente esercito che si batteva in Fiandra e in Italia, e aveva eccellenti generali, tra i quali due italiani, Ambrogio Spinola ed Ernesto Montecuccoli. Il modo di guerreggiare era un po’ antiquato, ma non c’era tempo per accorgersene.
I guai vennero dopo, non soltanto sui campi di battaglia, quando l’esercito fu battuto a Rocroi dalle armate francesi guidate dal Gran Condé e la flotta fu distrutta dagli Olandesi a Le Dune. I guai più seri vennero dalla stessa penisola iberica, quando la Catalogna si ribellò contro il centralismo di Madrid e le tasse insopportabili, il Portogallo si sollevò rivendicando la propria indi pendenza e a Napoli e in Sicilia scoppiarono rivolte popolari. L’Italia infatti era, per quasi metà della sua superficie, sotto il diretto dominio del re di Spagna (Ducato di Milano, Regni di Napoli e di Sicilia, Sardegna, Stato dei Presidi sulle coste toscane), il quale esercitava un’influenza pressante sugli altri Stati della penisola, perciò la guerra e il fiscalismo devastavano anche questo Paese.
Olivares dovette andarsene, e nel fare il bilancio della sua lunga carriera di primo ministro, dovette concludere che egli era l’uomo più odiato di Spagna e di tutti i domini, e che il predominio della sua patria in Europa era caduto, forse senza rimedio. Saliva invece la potenza della Francia.