Nobile poliedrico
Nacque nel 1560 ( o 1566) da una nobile famiglia signora dei feudi di Gesualdo (AV) e Venosa.
Sua madre, Geronima, era sorella di San Carlo Borromeo, cardinale protagonista della Controriforma.
Studia presso i gesuiti, che lo istruiscono in teologia, nelle lettere e nella musica, disciplina per la quale mostra subito una spiccata attitudine. Si distingue per la sua abilità al cembalo e all'arciliuto e dall'età di 19 anni comincia a comporre dei madrigali che, pur rifacendosi agli stilemi monteverdiani, mostrano uno stile originale ed orientato verso la sperimentazione.
Tuttavia ad un nobile che come lui appartiene ad una delle famiglie più ricche ed insigni dell' Italia secentesca non è permesso esercitare apertamente la professione di musico né pubblicare musica direttamente sotto il suo nome: Carlo rimane quindi in un ambito amatoriale, pur venendo conosciuto e stimato da tutti gli “addetti ai lavori” italiani.
A “caccia” di adulteri
All'età di 20 anni sposa sua cugina Maria D'Avalos: considerata la più bella e solare donna di Napoli, Maria ha davvero poco in comune con il malinconico Carlo, sempre preso nelle sue battute di caccia o a disquisire di musica tutto il giorno. Nonostante questo, i due hanno un figlio: Emanuele.
La giovane conosce il duca Fabrizio Carafa e se ne innamora: i due cominciano ad incontrarsi molto spesso, anche nella residenza di Gesualdo.
Carlo sospetta qualcosa ed il 16 ottobre 1590 organizza una finta battuta di caccia: dopo essersi allontanato con i suoi servitori, rientra poco dopo al castello sorprendendo Maria e Fabrizio insieme.
Immediatamente da' l'ordine ai suoi di sparare, uccidendo i due amanti.
Un nobile che coglieva la moglie nell'atto di tradimento era legalmente legittimato a vendicare l'offesa all'onore della famiglia eliminando gli adulteri, ma il tutto doveva avvenire secondo una procedura prestabilita e codificata, per mano del “tradito” e con un' arma non giudicata “impura” come invece erano considerate le armi da fuoco alla fine del XVI secolo.
La modalità del delitto creerà non poche beghe legali a Gesualdo, che fugge da Napoli riparando a Ferrara.
Musica e melanconia
A Ferrara Gesualdo sposa Eleonora d'Este ma al centro dei suoi interessi ora c'è solo la musica: porta con sé due interi libri di madrigali composti a Napoli ed altri ne scriverà lì, facendoli pubblicare sotto falso nome.
L' ambiente della città estense non lo soddisfa e, sempre più schivo e riservato, rientra da solo a Gesualdo.
Nonostante il vicerè spagnolo lo abbia assolto completamente dal delitto ed anche il figlio Emanuele lo abbia perdonato, Carlo entra nel suo castello nel 1596 e vi rimarrà segregato per 17 anni, fino alla morte nel 1613.
Di questo periodo sappiamo molto poco ma è di certo quello più prolifico a livello musicale e culturale: all'interno del castello istituisce un circolo frequentato dai più insigni intellettuali dell'epoca, tra cui Torquato Tasso e Giovan Battista Marino.
Madrigale Mercè, grido piangendo
Tra Monteverdi....e Stravinski
Gesualdo stupisce ancora oggi per l'assoluta originalità dello stile e per la modernità di certe soluzioni armoniche che arrivano quasi ad infrangere i rigidi canoni contrappuntistici del suo tempo.
Pur dedicando un'attenzione al testo e alla sua sottolineatura musicale tutte monteverdiane, un accentuato uso del cromatismo, della modulazione e di armonizzazioni particolarmente ardite lo hanno reso un esempio per molti musicisti del '900, primo su tutti Stravinski, autore di un'orchestrazione di molti suoi madrigali.
L'eccentrico nobiluomo si distinse tra i musicisti a lui contemporanei anche per le scelte tematiche: accanito detrattore dell'immaginario arcadico e della poetica petrarchesca molto in voga all'epoca, opera la scelta rivoluzionaria di mettere in musica testi di contemporanei come Tasso e Marino.
Responsoria per la liturgia della Settimana Santa, Feria V in Coena Domini
Gesualdo è fino in fondo un uomo del suo tempo quando, segregato in penitenza nel suo castello, compone i Responsoria per la liturgia della Settimana Santa, riformata secondo i dettami controriformisti del Concilio di Trento, ma al tempo stesso supera i rigidi canoni della polifonia protobarocca proiettandosi verso orizzonti armonici lontanissimi che talvolta arrivano persino a sfiorare sonorità Beethoveniane o Schoemberghiane.