"Troppe note caro Mozart, troppe note...." "...solo quelle necessarie Vostra Maestà"
(Mozart all'imperatore Giuseppe II)
Nella storia della musica e della cultura europea, l'opera di Wolfgang Amadeus Mozart costituisce un evento unico, non solo per la sua vastità ma soprattutto per la sua universalità. Nacque a Salisburgo il 27 gennaio 1756 e ben presto rivelò sorprendenti doti musicali: a quattro anni già suonava il clavicembalo ed il violino e a cinque componeva brevi minuetti; il padre, valente violinista, cercò di sviluppare e sfruttare al massimo queste doti conducendo, fra l'altro, il figlio ad esibirsi, assieme alla figlia più grande, a Vienna davanti all'imperatrice Maria Teresa.
Nel 1763 e nel 1764 fu condotto, sempre dal padre e sempre insieme alla sorella, in un giro di concerti che ampliarono sì la sua fama ma che indebolirono la sua salute.
Dopo altri viaggi, nel 1767, diede inizio alla sua regolare attività di compositore, al servizio di quello stesso Arcivescovo di Salisburgo per il quale lavorava suo padre: Divertimenti, Messe e Sinfonie costituirono i principali generi richiesti.
Il grande desiderio di conoscere quanto di meglio allora veniva prodotto in campo musicale, determinò i tre viaggi in Italia che Mozart, sempre con il padre, compì negli anni dal 1769 al 1773: toccò varie città fra cui Bologna (dove superò brillantemente in un'ora una prova che, i migliori musicisti superavano in 3 o 4); Roma (dove ascoltò un Miserere di Gregorio Allegri e, sapendo di non poter avere in visione la partitura, lo trascrisse tranquillamente a memoria) e Napoli (dove per suonare dovette togliersi l'anello dal dito in quanto il pubblico partenopeo era convinto che lì risiedesse la sua strabiliante abilità).
La sinfonia K551 n.41 presto soprannominata "Jupiter" per il suo carattere grandioso spicca tra tutte le sinfonie di Mozart: il finale soprattutto è un vasto movimento nel quale il compositore unì, in un supremo colpo d'ala del suo genio, la struttura della forma sonata e quella del fugato, cioè quella di una fuga non rigorosa.
Nel 1772 morì l'Arcivescovo di Salisburgo che aveva protetto il giovane musicista: il successore, Arcivescovo Geronimo Colloredo, non comprese mai il genio del suo dipendente e gli fu sempre ostile. Mozart allora, mal sopportando questa situazione, incominciò a cercare un posto più soddisfacente: nel 1777 si licenziò e si mise in viaggio, questa volta con la madre. Passò per Monaco, Mannheim e Parigi, ma invano: non trovò posti vacanti e l'anno dopo dovette fare ritorno a casa umiliandosi a richiedere il posto che aveva lasciato.
Il successo ottenuto a Monaco, nel 1781, con l'opera Idomeneo re di Creta, lo indusse tuttavia a licenziarsi (e questa volta definitivamente) dall'Arcivescovo ed a sistemarsi a Vienna come libero professionista.
I primi anni viennesi furono felici: egli raggiunse un bel successo con il Singspiel Il ratto del serraglio, sposò Costanza Weber, che gli diede sei figli (due soli dei quali raggiunsero l'età adulta), diede numerosi concerti esibendosi come pianista e divenne l'astro del momento. Ma fu un successo poco duraturo e lentamente la simpatia del pubblico, sempre alla ricerca di cose nuove, declinò. Eppure proprio in quegli anni Mozart compose i suoi capolavori: Le nozze di Figaro, Don Giovanni, le sue tre ultime sinfonie K543, K550, K551.
Dopo avere scritto altri lavori di altissimo livello, come Così fan tutte, Il flauto magico, Il Concerto per clarinetto e orchestra, Mozart, debilitato nel fisico, morì a Vienna a soli 35 anni, per una misteriosa malattia, il 5 dicembre 1791 lasciando incompiuto il suo Requiem K626. Il suo corpo fu gettato in una fossa comune ed è del tutto falso che sia stato avvelenato da Antonio Salieri.
La causa della sua morte resta problematica: scartata l'ipotesi dell'avvelenamento, rimane storicamente accertato che il musicista fu assalito da una violenta febbre che l'annientò in tre settimane. Da recenti studi si è affermato che Mozart morì probabilmente di una nefrite acuta conseguente ad una glomerulonefrite ad eziologia streptococcica.
Il Flauto magico, aria della Regina della Notte. Per il personaggio della Regina della notte Mozart recuperò tutto il bagaglio del pirotecnico virtuosismo vocale dell'epoca barocca, ma lo utilizzò in un modo personalissimo e del tutto nuovo nella storia del teatro d'opera. La regina appare in scena accompagnata dal tuono e dalla bufera, la sua voce è limpida, acuminata e gelida come un dardo di cristallo.
Verso il Romanticismo
Mozart riuscì ad assimilare il meglio delle diverse tradizioni musicali. Da Haydn prese la forma-sonata e le tecniche della strumentalizzazione, dagli italiani la cantabilità e il trattamento della voce, da Bach il rigore costruttivo e il contrappunto (che ritroviamo soprattutto nelle sue ultime opere). Questi elementi vennero riorganizzati e amalgamati l'uno con l'altro, così da dar luogo a una perfetta unità.
Si è detto che Mozart costituisce il punto d'arrivo della musica del Settecento, in cui confluiscono tutte le esperienze. A questa ricchezza e perfezione stilistica va aggiunta una fantasia musicale senza pari, che si rivela soprattutto nell'invenzione melodica. Non a caso Mozart superò la concezione settecentesca della musica come intrattenimento, condizionata dal gusto e dalle capacità di comprensione di un limitato ambiente culturale, per fare di essa un autonomo linguaggio rispondente unicamente alle sue intime esigenze espressive.
Anche sul piano sociale egli andò al di là della tradizionale figura del musicista artigiano-funzionario, al servizio di un'istituzione o di un privato.
Sarebbe comunque un errore pensare che la vita di Mozart si sia consumata nello splendore e negli agi: se è vero che da fanciullo egli ricevette grandi riconoscimenti come fenomeno musicale presso le maggiori corti europee, da adulto fu spesso incompreso nella sua arte e attento agli espedienti che gli permettessero un degno livello di sussistenza.
Gli onori e il successo erano indirizzati soprattutto al Mozart virtuoso, allo stumentista; come compositore era considerato troppo moderno per la sua epoca, colpevole di ricercare dissonanze e soluzioni timbriche avventate: Stendhal lo definì "un barbaro romantico". Il genio di Mozart era proiettato in un'altra dimensione, precorreva i tempi ma i viennesi non amavano quel tipo di musica poichè cercavano nell'arte una forma di intrattenimento, non una fonte di inquietudini.
Quanto al carattere della sua musica, essa esprime una gamma variata di sentimenti: ora la grazia e l'eleganza, ora una gioia luminosa, ora una malinconia struggente, ora, specie nelle ultime opere, una profonda e disperata tragicità.
La musica di Mozart, a differenza di quella di Haydn, è ricca di penombre, di passaggi, di intense vibrazioni: per questo, egli è anche anticipatore della musica romantica.
Il Requiem K 626 (1791) fu composto per un misterioso committente che preferì mantenere l'anonimato. In realtà, il committente era il conte Walsegg zu-Stuppach, il quale non intendeva solo commemorare la morte della moglie, ma voleva far passare il Requiem per suo. Mozart, la cui salute era già gravemente compromessa, vide nell'opera il presagio del compiersi del suo stesso destino. Dopo la sua morte l'opera fu completata dal suo allievo Sussmayr.