Sappiamo di dover morire ma non ci crediamo. (Jacques Bénigne Bossuet)
Cenni biografici
Jacques Bénigne Bossuet nacque a Digione nel 1627, figlio di un avvocato al tribunale di Digione. Terminò i suoi studi nel collegio di Navarra a Parigi e fu ordinato prete nel 1652; subito dopo partì per Metz, con il titolo di arcidiacono e cominciò a predicare e a combattere il protestantesimo.
Nel 1659 tornò a Parigi e per una decina di anni si dedicò principalmente alla predicazione: predicò vari quaresimali e avventi, pronunciò le orazioni funebri di Anna d'Austria (1667), di Enrichetta di Francia (1669), di Enrichetta d'Inghilterra (1670) e, a coronare questa intensa attività, venne il titolo di episcopale di Condom (1669).
Nel 1670 fu nominato precettore del Delfino e nel 1671 venne eletto membro dell'Accademia di Francia. Profondamente impegnato nell'alta missione affidatagli di istruire l'erede al trono, Bossuet rinunciò nel 1672, alla carica di vescovo, dedicandosi interamente all'educazione del principe fino al 1680.
Nel 1681 fu nominato vescovo di Meaux e là rimase fino alla morte, consacrandosi al suo ministero e alla difesa di tutta la Chiesa di Francia. Nel 1682 prese parte alla redazione della "Dichiarazione dei quattro articoli" relativa alle libertà della Chiesa gallicana. Le sue polemiche con i protestanti ripresero; tra il 1690 e il 1693 fu in corrispondenza con Leibniz con il quale trattò il grave problema della riunione delle Chiese.
Dal 1694 al 1700, infine, la lotta contro il quietismo rattristò la sua vecchiaia anche per la controversia sorta con l'amico e discepolo Fénelon. Durante l'ultimo periodo della sua vita non cessò l'attività di predicatore: all'orazione funebre della regina Maria Teresa (1683), fece seguito quella di Michel Le Tellier (1686) e quella del principe di Condé (1687). I suoi ultimi sermoni sono del 1701. Morì a Parigi nel 1704.
Opere e pensiero
Bossuet fu difensore intrasigente della fede e le sue opere in difesa della religione cattolica ebbero vasta risonanza. Nel 1655 scrisse la Confutazione del catechismo del pastore Ferry, nel 1671 pubblicò la "Esposizione della fede cattolica", per la quale fu rimproverato di non mettere in luce tutti gli aspetti della fede, ma che determinò un vasto movimento di conversioni.
Progettò poi di pubblicare una nuova edizione dell'Esposizione con una prefazione in cui avrebbe messo in luce le contraddizioni delle Chiese protestanti. Il progetto, in parte modificato, si attuò con la "Storia delle variazioni delle Chiese protestanti" (1688) seguita dalle "Diffide ai protestanti" (1689-1691). Alla lotta contro il quietismo sono consacrati molti scritti tra i quali le "Istruzioni sugli stati di devozione" (1697) in risposta alla Spiegazione delle massime dei santi di Fénelon.
Scrisse le Massime e riflessioni sulla commedia, in cui attaccò violentemente il lassismo, e si battè contro quei teologi che mostravano un atteggiamento critico e indipendente. Fece interdire la Storia critica del Vecchio Testamento di Richard Simon (1678) e, alla fine della sua vita (1702-1703), denunciò le audacie di Richard Simon nella sua traduzione nel Nuovo Testamento.
Già verso il 1688-1670, Bossuet era stato attratto dal cartesianesimo: nel Trattato della conoscenza di Dio e di se stesso manifestò la sua ammirazione per il sistema cartesiano da cui sosteneva scaturisse la dimostrazione dell'esistenza di un Dio infinito e di un'anima spirituale: ma lo amareggiava constatare che il principio dell'evidenza cartesiana potesse servire a coloro che volevano combattere la tradizione in nome della ragione.
Come precettore del Delfino, Bossuet compose un Discorso sulla Storia universale (terminato nel 1679 e pubblicato due anni dopo) e la Politica desunta dalla Sacra Scrittura, che fu pubblicata postuma nel 1709. In quest'opera soprattutto sviluppò la sua tesi sulla sovranità ottenuta per diritto divino, sul carattere assoluto e trascendente dell'autorità.
La fama di Bossuet rimane legata soprattutto all'oratoria; il suo stile è grave e semplice nello stesso tempo, la sua eloquenza naturale lo avvicina ai grandi autori classici. Bossuet predicava sulla traccia di pochi appunti in cui fissava qualche figura e qualche forte immagine, e per questo i suoi sermoni conservano l'accento e il fascino della parola parlata.
Le più belle orazioni funebri riflettono l'idea che Bossuet si faceva del destino umano per cui le imprese più straordinarie, i successi più clamorosi si chiudono con la morte come ogni altra cosa umana. E la morte dei potenti della Terra deve essere meditata dai viventi come esempio insigne della giustizia e della bontà di Dio.