Palazzo Arese Borromeo deve l'origine a Giulio I che, ricevuto il titolo di Conte di Castel Lambro, sente la necessità di costruire un palazzo per il prestigio della famiglia. I lavori iniziano nel 1626 e proseguono per mano del figlio Bartolomeo III Arese che porta a compimento il progetto paterno.
Bartolomeo III è personaggio chiave della politica lombarda del Seicento, in quanto uomo di fiducia degli Asburgo la sua carriera fu rapida fino ai vertici dello stato: Capitano di giustizia nel 1636, questore del Magistrato ordinario nel 1638, senatore, membro del consiglio segreto, presidente del magistrato ordinario nel 1641, reggente onorario del Consiglio d’Italia dal 1649 e presidente del Senato dal 1660.
Nel 1634 Bartolomeo sposa Lucrezia Omodei da cui ebbe tre figli: Giulio II morto prematuramente nel 1665; Giulia che sposò il conte Renato II Borromeo e Margherita che sposò Fabio Visconti Borromeo. Il figlio di Giulia e Renato, Carlo IV adottò il cognome Borromeo Arese per la propria casata, ereditando dalla madre il palazzo di Cesano.
Le strutture di Palazzo Arese Borromeo
I progettisti sono sconosciuti e si fanno più nomi: Carlo Buzzi, Gerolamo Quadrio, Francesco Castelli, Giovanni Ambrogio Pessina, che sono quelli ricorrenti nelle committenze di Bartolomeo III anche a Milano.
Il palazzo si presenta con Piazza Esedra delimitata da due ali architettoniche con due pilastri a manicotti di pietra con obelisco sulla sommità mentre i muri intonacati presentano una cadenza alternata di lesene e nicchie con manicotti in granaglia, entrambi sormontati da pinnacoli a fiamma in pietra spugnosa mentre due fontane arricchiscono lo spazio.
La facciata del palazzo è semplice e totalmente intonacata di bianco, il portale in bugnato è molto bello e sovrastato da un balcone in ferro battuto con linee barocche. Il tetto si articola di più livelli e con la presenza della torre, a pianta ottagonale, da un effetto geometrico dinamico. Il Cortile d'Onore è caratterizzato da due portici quello ad est è detto degli imperatori per la presenza dei busti in arenaria ocra degli imperatori romani, racchiusi in eleganti nicchie decorate a stucco bianco. Nel complesso il palazzo esprime un barocco sobrio e simmetrico tipico dello stile lombardo.
I piani del Palazzo
Gli spazi sono divisi in aree con i locali di servizio ai lati dell’ingresso, nell’ala sud del cortile lo scalone degli stemmi e le scuderie, nell’ala nord vestiboli che immettono al grande scalone che porta al piano nobile. Sul lato est le sale di rappresentanza con affreschi nelle volte mentre sulle pareti era esposta la importante quadreria di palazzo. Gli affreschi al centro della volta sono contornati da eleganti cornici in stucco colorato, diverse per ogni sala con soggetti che trattano temi mitologici classici che vanno letti con puntuali riferimenti alle esigenze di Bartolomeo III di attestare e chiarire la propria posizione storico politica.
La Sala Aurora è centrale e altamente rappresentativa è attraversata dall’asse viario che ha elementi del portico al suo interno (nicchie con busti di imperatori romani) e vive della straordinaria luminosità del giardino, una luce naturalistica è infatti lo strumento pittorico utilizzato da Giovanni Stefano Doneda detto il Montalto, autore dell’affresco con Aurora e il carro solare di Apollo.
Verso sud le sale di Vulcano e della Monarchia, verso nord la sala dei Giganti, la galleria dei Centauri, la sala di Semele, la sala neoclassica (del 1822) che immette direttamente alle “sale alla mosaica", un piccolo quartiere caratterizzato da un rivestimento a mosaico di piccoli sassolini di fiume bianchi e neri con eleganti disegni barocchi e costituito da due sale.
La valenza di questo ambiente era sapienzale come sottolineato dalla tematica dei tre affreschi nella volta, nonché dalla raccolta, su mensole di marmo, di statuaria antica.
Il Piano Nobile del Palazzo
Al piano nobile gli affreschi ricoprono tutte le pareti, per la maggior parte da terra al soffitto che è a passasotto e costantemente decorato, attualmente ne contiamo quasi quaranta che si rifanno al preciso programma iconografico di Bartolomeo III che dispiega il proprio pensiero con stretta coerenza e con una ampiezza senza eguali.
Dallo Scalone degli stemmi, in cui si evidenziano le parentele e le alleanze, si accede a una sequenza di stanze dai vari significati: Sala delle Rovine, due boscarecce, il salone dei”Fasti romani”, la sala del Castello, serie di sale che conducono direttamente all’Oratorio dell’Angelo Custode.
La Boscareccia che dà sulla piazza, opera di Giovanni Ghisolfi, è uno straordinario capolavoro della pittura del Seicento lombardo. La natura, sempre e costantemente frequentata dall’uomo, è raffigurata in una visione a 360 gradi in cui alberi ed archi naturali assumono il ruolo di pilastri e colonne, il tutto espresso con tonalità intense e nelle varianti dei bruni.
Di seguito abbiamo il Salone d’onore, l’ambiente più grandioso ora detto dei “Fasti romani” in quanto sulle grandi pareti sono raccontati per brevi cenni momenti significativi della storia romana, nonché due grandi scene con l’inizio della civiltà romana e il trionfo della Chiesa. Nel registro superiore sono raffigurati, personaggi dei diversi strati sociali: nobili, musici e contadini, che idealmente partecipano agli avvenimenti che si svolgono nel grande salone.
Tramite la Galleria delle Arti Liberali si accede agli appartamenti privati di Giulio II e del padre Bartolomeo III. La Galleria ospitava una collezione di statue marmoree a soggetto biblico-storico e mitologico. A metà galleria si apre la piccola cappella privata dedicata a S.Pietro Martire, realizzata alla morte prematura di Giulio II. Tutte le scene raffigurate sono contenute da splendide quadrature eseguite da Giovanni Ghisolfi e aiuti che esegue anche le serie dei paesaggi.
Oratorio dell'Angelo Custode
L’ordinanza di S.Carlo obbligava per ogni Cappella costruita in un palazzo ad avere un accesso pubblico, lungo la facciata verso nord abbiamo l’ingresso che immette in un atrio con piccolo porticato da cui si accede all’ Oratorio comune dell’Angelo Custode. La pianta dell’Oratorio a pavimento è rettangolare e in alzato si trasforma in ottagonale con l’inserimento negli angoli di quattro archi a tutto tondo, concludendosi nella volta ad ombrello con otto spicchi al cui centro un ovale racchiude l’affresco del Montalto con Cristo risorto e la Trinità. Sulla porta d’ingresso vi è una piccola tribuna che ospitava l’organo, e sopra questa la tribuna più grande e i coretti dai quali gli Arese prima e i Borromeo dopo assistevano alle cerimonie.
Nel presbiterio il bell’ altare, in marmi rosa e nero con cherubino nel timpano, conteneva la pala, dipinta sempre dal Montalto con la Vergine, Gesù bambino, l’Angelo Custode e S.Antonio da Padova (attualmente all’Isola Madre).
Il giardino di Palazzo Arese Borromeo
Il giardino si è sviluppato nel tempo passando da un gusto italiano a francese ed arricchendosi di elementi e piante conferendogli un gusto e uno stile meraviglioso, si estende su di un’area di poco inferiore ai 100.000 mq e costituisce uno dei polmoni verdi della città, posto com’è nel cuore del centro abitato. Il bosco di tigli, querce e tassi, lungo il confine est dell’area verde, si collega al portale del Giardino affacciato sul parcheggio esterno alle mura mentre il viale dei carpini e il filare di pioppi cipressini lungo il lato nord, costituiscono, col laghetto d’impronta naturalistica al centro degli ampi prati, i punti salienti di passeggio.
L'estetica del giardino è caratterizzata da un gusto classico-romano con la presenza di edicole e tempietti. tanto che il Leti dice che può “pareggiare con quello di Tivoli e Frascati nella campagna romana”. All’estremità sud est del parco si trova un Casino seicentesco con base a croce greca ad angoli smussati costituiti da quattro absidiole aperte sorrette da colonne tuscaniche architravate, è completato alla sommità da una cupoletta sferica, esternamente sorretta da tiburio e sormontata da una statua. All’interno affreschi seicenteschi presentano soggetti legati al tempo e alla natura ed un probabile riferimento alla cultura agreste di derivazione mitologica.
L’uccelliera è una pregevole costruzione di forma quadrata aperta verso il giardino da un portico a serliana e, su un altro lato, da un vasto lunettone. Era riservata all’alloggiamento di volatili, più probabilmente per diletto che per l’esercizio della caccia.