Pare che sia stato proprio Emilio de’ Cavalieri a coniare l’espressione recitar cantando con cui è rimasta nota l’intuizione artistica degli intellettuali della Camerata dei Bardi di imitare col canto l’accento e l’intonazione drammatica delle parole recitate, destando “affetti” ed emozioni nel pubblico come nel teatro classico.
«Danzatore leggiadrissimo», coreografo, regista, organizzatore di spettacoli, perfetto «cortegiano» rinascimentale, Cavalieri era stato chiamato a Firenze da Ferdinando de’ Medici, in qualità di sovrintendente degli artisti che lavoravano a corte. In seguito a questa nomina, il conte Giovanni Maria Bardi, promotore del famoso cenacolo e rivale della famiglia Medici, aveva allontanato il Cavalieri, che ebbe subito a rivendicare la paternità del nuovo genere, attribuita invece a Jacopo Peri, protetto del conte Bardi. Non è un caso che la Rapresentatione venne data alle stampe proprio nei giorni in cui l’Euridice di Peri veniva rappresentata in occasione delle nozze tra Caterina Medici e Enrico IV. Si pone anche in contestazione con Rinuccini, librettista dell’Euridice, che nella dedica del libretto si professa inventore «di questo modo di rappresentare in musica», che invece «è inventato da me, che ciascheduno lo sa, et io mi trovo haverlo publicato. Hora chi vede la stampa del Ranocchino mi terrà per un bugiardo».
Caccini e Peri,nelle loro Euridici , furono di certo i primi a impiegare a fini drammatici uno stile che a Cavalieri era del tutto estraneo, mentre questi fu senz’altro il primo a scrivere e a mettere in scena rappresentazioni svolte completamente in musica, nelle quali suoni, danze, canti costituivano il fulcro dell’interesse drammatico.
La Rappresentatione di Anima et di Corpo si compone di tre atti preceduti da un prologo, recitato da due giovanetti, Avveduto e Prudenzio, personificazioni della moderazione e del timor di Dio.
Tutta l’opera narra il percorso di ascesa dell’anima verso la divinità attraverso i travagli del Corpo e le seduzioni del Mondo.
La prima scena del primo atto vede il Tempo, astratto personificato come tutti gli altri personaggi dell’opera, enumerare una serie di considerazioni sulla brevità e la caducità della vita umana.
Rappresentatione di anima et di corpo, atto I, scena I
Il tempo, il tempo fugge,
la vita si distrugge;
e già mi par sentire
l'ultima tromba, e dire:
uscite da la fossa
ceneri sparse ed ossa;
sorgete anime ancora,
prendete i corpi or ora;
venite a dir il vero,
se fu miglior pensiero
servire al mondo vano,
o al re del ciel soprano?
Sì che ciascun intenda,
apra gli occhi e comprenda,
che questa vita è un vento,
che vola in un momento;
oggi vien fore,
doman si more;
oggi n'appare,
oman dispare;
faccia dunque ognun prova,
mentre il tempo le giova,
lasciar quant'è nel mondo,
quantunque in sé giocondo;
ed opri con la mano, opri col core,
perché del ben oprar frutto è l'onore.