Moda e industria
Gli anni ’80 sono stati definiti l’epoca dei progressi tecnologici, della ricchezza diffusa e ostentata, dell’individualismo e dell’edonismo, e soprattutto della tirannia dell’immagine. Mai come in questo momento il sistema economico sollecita e inventa nuovi bisogni per l’individuo, proiettandolo in una dimensione illusoria in cui la felicità equivale al successo e al benessere economico. Le minute variazioni della moda si susseguono così velocemente da sembrare intercambiabili. Con il pret-à-porter l’aspetto industriale dei beni di consumo ha la meglio sulla creazione artigianale dell’alta moda. Alla base della miriade di variazioni individuali c’è un’uniformità e coerenza di fondo, dovuta alle necessità di previsione e pianificazione della produzione industriale. Il mercato detta le sue leggi e i consumatori non subiscono più passivamente i gusti degli stilisti, che guardano sempre più alla strada e al mondo del lavoro. Comunque, rimane salda nell’immaginario la convinzione che l’opera è un’emanazione dello stilista, del quale porta l’impronta individuale. Eppure viene a mancare l’identità fisica, il rapporto personale con lo stilista, del quale rimane il marchio.
Il dominio del marchio
Il consumo di marca è una delle manifestazioni più significative dell’opulenza degli anni ’80: non si valuta il prodotto, o il rapporto qualità/prezzo, ma si bada esclusivamente al prestigio del nome. Il fenomeno della falsificazione degli indumenti di marca conosce il suo apice proprio in questo periodo, e paradossalmente si basa sulla stessa logica del prodotto autentico, senza inganno per l’acquirente (che sa di acquistare un falso): se l’apparenza è più importante della sostanza, se la qualità non conta nulla e conta solo il marchio, tanto vale acquistare il falso che tra l’altro costa meno.
Il look
L’aspetto esteriore acquista un nome peculiare: look. In inglese la parola significa “sguardo” ma anche “apparenza”, “maschera”. Richiama un’idea di superficialità, ma anche di maschera sociale, travestimento: quello che decidiamo di presentare agli occhi del mondo, effimero e intercambiabile. Ogni cosa, purché sostenuta da un’intenzione, può essere look, e la spontaneità (da sempre ritenuta la caratteristica della vera eleganza) cede il posto al calcolo di ogni sfaccettatura dell’apparire. Poiché tutti sanno di comunicare, il look diventa una strategia per ingannare, per non far scoprire la vera identità, nascosta dalle molteplici fogge dell’apparenza.