Tu ch’entri qua pon mente parte a parte
e dimmi poi se tante meraviglie sien fatte per inganno
o per arte
Da quanto sappiamo sin dove la storia (e spesso la leggenda) arrivano, il primo uomo che ebbe un giardino si premurò di ornarlo con oggetti estranei alla natura. Probabilmente, all’origine, fu l’intento di innalzare un monumento ad una deità per dedicarle ciò che sembrava un concentrato della sua opera: stele, idoli, o anche raffigurazioni complesse.
Il barocco segnò un’epoca di stravaganze senza fine e gli ornamenti dei giardini ne fecero le spese, soprattutto allorché esso degenerò nel rococò.
L’acqua era l’elemento principale, un ottimo ornamento per spettacolarizzare parchi e giardini. Simbolo della vita per eccellenza, l’acqua intreccia con la terra un magico connubio. Vediamo così sorgere nei giardini barocchi grotte oscure in cui il lieve mormorio dell’acqua s’intrecciava ad elementi meccanici come automi semoventi e parlanti.
Anche le piante avevano una loro simbologia, una sorta di alchimia verde legata all’astrologia. Del resto il giardino è da sempre una metafora, un linguaggio alchemico legato soprattutto al suo ideatore.
Ogni giardino era specchio delle idee e del pensiero del suo artefice, un’incessante ricerca dell’armonia e della verità.
Simbologie magico-religiose e percorsi rituali divennero l’elemento principe del giardino barocco. Sarebbe in effetti assurdo pensare che statue e ornamenti fossero posti a caso: l’epoca barocca accolse l’elemento mistico e filosofico del giardino rinascimentale, un retaggio che nei giardini pensili di Heidelberg progettati da Salomon de Caus per Federico V toccò il culmine.
L’Hortus Palatinus, "l’ottava meraviglia del mondo”
Non bisogna ragionare secondo sequenze lineari. L'acqua di queste fontane non lo fa. La natura non lo fa, la natura ignora il tempo. Il tempo è un'invenzione dell'Occidente. Umberto Eco
Nel 1614 Federio V elettore del Palatinato commissionò, in onore della sua giovane sposa Elisabetta Stuart, la costruzione di un giardino barocco, l’Hortus Palatinus, presso il castello di Heidelberg. Questo progetto straordinario e ambizioso fu realizzato grazie all’architetto e scenografo inglese Inigo Jones, che fu anche il primo a condurre una serie di indagini su Stonehenge, e all’ingegnere francese Salomon de Caus, una figura prodigiosa, da molti ritenuto l’ideatore del motore a vapore, che aveva fama di alchimista e rosacrociano. I giardini furono descritti come l’ottava meraviglia del mondo: situati su più livelli atti a formare una terrazza a forma di L intorno al castello di Heildeberg, erano un vero e proprio capolavoro di design, un labirinto di orticoltura, architettura e ingegneria meccanica.
Nel dipinto, i giardini del Palatinato, commissionati da Federico V all'architetto alchimista Salomon de Caus, ispirati ai principi ermetici della filosofia rosacruciana, vennero descritti come l'ottava meraviglia del mondo. Molte delle simbologie magico-religiose dei giardini palatini (caratteristiche del giardino barocco) vengono spiegate nel "Pendolo di Foucault" di Umberto Eco. Distrutti durante la Guerra dei Trent'anni e successivamente da Luigi XIV oggi ne rimangono solo pochissime testimonianze.
C’erano labirinti, grotte e statue, tra cui una statua animata di Memnone, destinati a produrre un suono meccanico appena arrivavano i raggi del sole; c’era un organo ad acqua su modello di Vitruvio, e fauna esotica importata dai paesi tropicali; i canti degli usignoli si univano a quelli inquietanti degli uccelli meccanici. Il percorso era rituale e il tutto imitava il macrocosmo: de Caus aveva progettato una grotta costruita a rocaille che non aveva solo una funzione decorativa ma alludeva senza dubbio all’Atalanta fugiens di Michael Maier in cui il corallo è la pietra filosofale. Ogni aspetto dell’Hortus Palatinus era legato al mistero alchemico e a sigilli e simbolismi legati agli astri. Una sorta di oasi ideale ispirata alle allegorie dell'Hypnerotomachia Polyphili di Francesco Colonna.
A Versailles simboli nascosti e un messaggio di propaganda
A Versailles Luigi XIV percorreva i suoi giardini seguendo un senso logico, un percorso iniziatico di cui statue e simboli nascosti costituivano la chiave di lettura. La chiave di volta era sicuramente il simbolo del sole, l’emblema che Luigi XIV aveva fatto suo; tutto a Versailles ricordava Apollo, dio del sole e dell’arte.
André Le Nôtre, che oltre ad essere il grande poeta dei giardini che tutti conosciamo era anche un grande studioso di esoterismo, lasciò a Versailles i sigilli di questo percorso iniziatico attraverso simboli nascosti che solo Luigi XIV conosceva, anche se il sovrano non lasciò nulla di scritto in proposito nelle sue famose guide.
L’architetto organizzò il giardino seguendo il percorso del sole e il suo mito in onore del re: vasche e sculture della mitologia greco romana rappresentavano diversi episodi della vita di Luigi XIV; la fontana di Latona, per esempio, ricorda uno degli episodi più significativi della gioventù del re: la Fronda.
Latona è in realtà Anna d’Austria. Rane e tartarughe sono il Parlamento, il popolo di Parigi e i nobili che rifiutarono la politica di Mazzarino. Tutto ciò rappresentava il trionfo del monarca che dalla Fronda apprese quanto fosse importante controllare la nobiltà.
Ma non solo: il parco di Versailles era soprattutto uno strumento di propaganda politica, un messaggio atto a chiarire come il “sole” non tramontasse mai e come il sovrano avesse il controllo su tutto, anche sulla natura e sui punti cardinali. Molte statue e molti elementi, infatti, sono posti in maniera invertita rispetto all’asse solare: il bacino di Apollo, posto di fronte alla reggia, rappresentava un sole che sorgeva ad ovest; quattro stagni disposti su entrambi i lati dell’asse solare rappresentavano le divinità greche delle stagioni: Flora la primavera, Cerere l’estate, Bacco l’autunno, Saturno l’inverno; i due stagni rappresentanti le stagioni più fredde si trovavano a sud, mentre gli altri due stagni, rappresentanti le stagioni più calde, a nord.
Il sorgere del sole e il nord e sud erano simbolicamente invertiti per chiarire che Luigi XIV poteva permettersi tutto, anche di controllare la natura.
In Italia – Villa Barbarigo
In Italia un rarissimo esempio di giardino simbolico del periodo barocco lo troviamo a Villa Barbarigo a Valsanzibio: il percorso è rituale e rappresenta la salvezza dell’uomo. Nel viale d’ingresso la statua di Diana, dea della luna e degli animali selvaggi ma soprattutto rappresentante la mutevolezza, ci accoglie. Proseguendo si raggiunge il labirinto in bosso, uno dei più grandi del Seicento, simboleggiante il percorso per ritrovare se stessi.
Dopo aver affrontato il labirinto si arriva all’isola dei Conigli, una garenna che simboleggia la condizione umana sempre prigioniera dello spazio e del tempo. Oltrepassata l’isola dei conigli si arriva alla statua del tempo rappresentante la condizione dell’anima. Da qui si giunge alla scalinata delle Lonze, le fiere dantesche che fanno da preambolo alla Rivelazione. Il giardino prosegue in un filare di cipressi che si uniscono al Monte Gallo in una sorte di "continuum" rappresentante la vita oltre la morte.